Noi cercammo in tutti i modi di sconsigliare quella visita. Ma non ci fu nulla da fare. Volle andarci"
“Ricordo perfettamente quei momenti convulsi, quando, pochi giorni dopo la strage di Capaci, chiamò in Questura la Prefettura dicendo che avevano fatto sapere dal Ministero degli Esteri che la Regina Elisabetta voleva recarsi personalmente sul luogo della strage.
Noi cercammo in tutti i modi di sconsigliare quella visita. Ma non ci fu nulla da fare. Volle andarci”. A raccontare all’Adnkronos questo aneddoto è Gioacchino Genchi, ex vicequestore aggiunto, oggi avvocato, che il 28 maggio del 1992 organizzò, con la Prefettura, la visita della Regina Elisabetta sul luogo della strage di Capaci.
La Regina Elisabetta II e il duca Filippo d’Edimburgo quel giorno resero omaggio alle vittime della strage mafiosa del 23 maggio 1992 fermandosi per alcuni minuti sul luogo dell’eccidio nel tragitto compiuto fra lo scalo aereo di Punta Raisi e il porto di Palermo.
Per espresso volere dei reali d’Inghilterra il lungo corteo, composto da una cinquantina di automobili, si fermò per poco meno di dieci minuti al quarto chilometro dell’autostrada. Elisabetta ed il principe consorte si soffermarono per qualche istante in raccoglimento, poi il duca Filippo pose alcune domande chiedendo dei chiarimenti al prefetto di allora Mario Jovine, quindi, senza rilasciare alcuna dichiarazione, i reali d’Inghilterra risalirono in macchina e andarono a Palermo.
“Il corteo quel giorno transitò sopra il ponte provvisorio costruito dai genieri dell’esercito, che consentiva al traffico automobilistico di oltrepassare il tratto di autostrada gravemente danneggiato e che presentava la voragine causata dall’esplosione”, racconta Gioacchino Genchi all’Adnkronos. Ma i giorni che precedettero quella visita furono difficili.
Come ricorda lo stesso ex poliziotto. “Noi avevamo sconsigliato quella visita sul luogo della strage per vari motivi – ricorda Genchi – Intanto, perché i luoghi non erano accessibili, in particolare per una sovrana, una donna che era solita camminare con le scarpe coi tacchi. E lì era tutto distrutto, devastato dall’esplosione. E poi, avevamo in corso degli accertamenti su tutta l’area del cratere per il repertamento di tutti gli elementi che poi sono risultati utili alle indagini. Come gli esami degli alberi tagliati, le cicche di sigarette, il famoso bigliettino con l’appunto del cellulare dei servizi segreti da portare in assistenza. E altri elementi su cui poi si sono fondate le indagini e i processi, processi ancora in corso a Caltanissetta”.
All’epoca Genchi era uno stretto collaboratore del questore Arnaldo La Barbera.