Salute

Il caffè a Milano: una tradizione che parte dalla torrefazione

Michele Spena

Il caffè a Milano: una tradizione che parte dalla torrefazione

Mar, 27/09/2022 - 00:23

Condividi su:

Non si può parlare di caffè senza nominare Milano. La Lombardia, infatti, è tra le regioni che esportano la maggiore quantità di caffè. Inoltre, su questo territorio, si possono contare molteplici aziende che trasformano i chicchi di migliore qualità in ottimo caffè aromatico e dal gusto intenso attraverso la torrefazione, un processo di cruciale importanza per poter degustare un ottimo caffè.

L’espresso del bar è nato a Milano

In genere quando si pensa a una tazza di caffè si pensa immediatamente a Napoli, tuttavia, non tutti sanno che l’espresso amato e gustato in tutti i bar di Italia è nato proprio nel capoluogo lombardo. Ancora oggi è possibile degustare sapori unici grazie ad aziende che da anni sono specializzate in questo settore, come ad esempio Torrefazione Haiti Milano, che da molti decenni si specializza nell’ottenere delle tostature e delle miscele dal gusto indimenticabile.
Storicamente, fu Achille Gaggia che nel bar di famiglia brevettò il sistema “lampo”, per estrarre il caffè utilizzando l’acqua calda invece del vapore. Questo metodo permise di ottenere un caffè cremoso. Il secondo brevetto di Gaggia, registrato nel 1947, fu la macchina da caffè con sistema dotato di pistone a leva. Dopo aver venduto la sua invenzione ai migliori bar del territorio, iniziò a sperimentare diverse soluzioni per consentire agli italiani di gustare a casa un espresso come al bar. Nel 1977, Gaggia lanciò sul mercato la prima macchinetta capace di riprodurre a casa il caffè del bar, la famosa “Baby Gaggia”, dal design compatto e innovativo per l’epoca. Da allora sono passati molti anni, ma Milano continua a essere un punto fermo per gli amanti del caffè espresso, a cominciare, come accennato, dalle innovazioni nel campo della torrefazione.

Il processo di torrefazione

Prima di ottenere il caffè in tazzina che tutti conosciamo c’è il chicco, il quale, come anticipato, deve subire un processo di trattamento piuttosto particolare. I chicchi devono essere lavorati attraverso appositi macchinari, come quelli di torrefazione appunto, la quale si articola in diverse fasi fondamentali. La prima fase è detta fase endotermica, e consiste nella disidratazione dei chicchi, che fa loro perdere intorno al 7% del loro peso complessivo, questo avviene perché perdono l’umidità presente al loro interno. La seconda fase, del primo cracking, fa esplodere le cellule dei chicchi e li rende piuttosto friabili. Inoltre, i chicchi assumono il loro tipico colore bruno; in natura, infatti, non sono così. La fase finale della tostatura consente il secondo cracking dei chicchi, grazie al riscaldamento in assenza di ossigeno. I chicchi diventano marroni, e si ricoprono di uno strato oleoso. Al termine di questa fase, i chicchi vengono raffreddati immediatamente al fine di non disperdere gli aromi, e ciò può avvenire utilizzando diverse tecniche. Più di frequente, si utilizza il raffreddamento ad aria forzata con un flusso di aria fredda, oppure ad acqua. I due metodi possono essere anche combinati tra loro: prima viene immessa dell’acqua in un tamburo di cottura, e successivamente si versano i chicchi nella vasca di raffreddamento ad aria.