Inghiottiti dalla sabbie mobili del voto. I palazzi della politica assistono con un pizzico di cinismo alla muta processione dei grandi esclusi che dicono addio al Parlamento. Tra i novelli ex deputati e senatori figurano Luigi Di Maio (battuto dal candidato pentastellato Sergio Costa), Emma Bonino, Vittorio Sgarbi, la ministra ancora per qualche settimana Mara Carfagna, Emanuele Fiano (battuto nettamente da Isabella Rauti a Milano), e gli ex grillini di Governo Vincenzo Spadafora e Lucia Azzolina.
A meno di un recupero sarebbe fuori anche l’ex ministro dell’Economia Giulio Tremonti, sconfitto a Milano da Benedetto Della Vedova. Pronta invece nell’eterna Roma del potere, la ribalta istituzionale e parlamentare per i vincitori. Lo slancio del consenso politico di Giorgia Meloni, prima ancora che elettoralmente, supera anche l’interrogativo di Pier Paolo Pasolini che filosofeggiava chiedendosi “Qual è la vera vittoria: quella che fa battere le mani o battere i cuori?”.
L’applauso all’impresa da tutti definita storica della Presidente di Fratelli d’Italia riassume l’emozione culturale della destra conservatrice e dei moderati, ed insieme il disagio protestatario di quella parte profonda del Paese penalizzata, se non son addirittura tagliata fuori dallo sviluppo economico, dal welfare e dalla sostanziale parità d’accesso all’istruzione, alla sanità, ai trasporti.
L’Italia delle periferie marginalizzate e della provincia dimenticata che finiscono sotto gli impietosi riflettori dei media soltanto per la cronaca nera o per i disastri ambientali e metereologici. L’altra faccia insomma degli oltre 35% degli elettori che non sono andati a votare. Lo spartiacque del the day after del 25 settembre è rappresentato dal fiume di parole dei perdenti e dalla sobrietà dei vincitori. “La complessa situazione del Paese richiede la collaborazione di tutti”, si limita a dichiarare Giorgia Meloni, sospinta dal voto già alla soglia di Palazzo Chigi. “Tutti ci davano in picchiata e la rimonta è stata significativa: siamo la terza forza politica e quindi abbiamo una grande responsabilità”, ha affermato il leader dei 5 Stelle promosso sul campo, Giuseppe Conte. Autoanalisi della sconfitta differenziata invece per Enrico Letta e per Matteo Salvini. Per il segretario Pd “è un giorno triste per l’Italia” ha affermato prima di accusare i 5 Stelle di “tradimento dell’alleanza” e di aver provocato con il ritiro della fiducia a Draghi la caduta del governo che ha spalancato le porte alla destra populista. Poi l’annuncio che non si ripresenterà candidato alla segreteria nel prossimo imminente congresso del Partito Democratico: “Serve un Congresso di profonda riflessione sul concetto di un nuovo Pd che sia all’altezza di questa sfida epocale di fronte a una destra che più destra non c’è mai stata”.
Un passo indietro che fa capire cquanto il Nazareno sia in fibrillazione per individuare un nuovo leader. Nessun passo di lato invece per Matteo Salvini: “Fondamentale una fase di riorganizzazione della Lega, puntando su sindaci e amministratori”, dice. Dimissioni? “Non ho mai avuto così tanta determinazione e voglia di lavorare”. Così il leader della Lega, in conferenza stampa in via Bellerio a Milano, ha replicato ad una domanda sulla richiesta di dimissioni arrivata a caldo dal deputato Paolo Grimoldi. “Il mio mandato – ha aggiunto – è in mano ai militanti, non in mano a due ex consiglieri regionali e un ex deputato. Non è un’autoassoluzione, mi prendo io tutte le responsabilità, mi faccio carico degli errori. Il mio destino è in mano al partito. Tutti sono utili e nessuno é indispensabile”, ha concluso. Nel crogiuolo ancora incandescente dei collegi, di chi viene confermato o dice addio al Parlamento, i retroscena sono molteplici. La mappa dei collegi uninominali che sta emergendo dal voto di domenica evidenzia un bilancio netto: 60 collegi su 74 al centrodestra al Senato, e 122 su 147 alla Camera. In totale, stando ai calcoli ufficiosi sui riparti delle quote proporzionali, ciò determina che il centrodestra conquista 235 seggi su 400 alla Camera e 115 su 200 al Senato. Seguono: Centrosinistra 79 seggi a Montecitorio e 41 a Palazzo Madama, M5S con 51 deputati e 28 senatori, Azione/Italia Viva con 21 eletti alla Camera e 9 al Senato e poi Sudtiroler Volkspartei con 3 deputati e 2 senatori.
Fra i big spicca il successo della first lady di Forza Italia, Marta Fascina nel collegio uninominale di Marsala, ma anche la mancata elezione di Matteo Salvini capolista al Senato in Calabria. Rientra a vele spiegate in Parlamento invece Silvio Berlusconi che ha vinto il collegio uninominale a Monza. Eletti o riconfermati tutti i vertici del Centrodestra. Per i duelli diretti, in Sicilia la riconfermata Stefania Craxi, presidente uscente della commissione esteri del Senato, vince la ‘disfida’ dei Craxi prevalendo sul fratello Bobo, candidato a Palermo dal Pd e che non è stato eletto.