(di Salvatore Vaccaro) Il 29 settembre, eccoci, quello del nostro Santo di Caltanissetta. E sono tanti festosi i suoi cittadini che lo proclamano e lo gridano “Viva ‘n Principi San Micheli Arcangiuli…”. La statua, che risale più di 400 anni fa, esce dalla nostra Cattedrale per portarlo in processione dai devoti insieme ai tanti bambini, quelli così vestiti dei loro costumi dal Santo. Il “patrono“, qui, come dappertutto, lo raffigura con una corazza ed un elmo, per ricordarci quello che egli sconfigge il maligno del demonio, simboleggiandogli la vittoria del bene di fronte al male. Ma questi “Arcangiuli” di Caltanissetta, come alcuni in Sicilia e pure in altri città d’Italia, in Francia, in Inghilterra e in altre parti del mondo, nascevano 1500 anni fa, cioè nel 500/600 dopo Cristo. Lo possiamo vedere anche il grandioso e imponente San Michele Arcangelo nel paese del Monte Sant’Angelo di Foggia nella regione Puglia, in quella grotta del Santuario gargano, e come al Castel Sant’Angelo di Roma, all’incantevole di Mont Saint-Michel della Normandia in Francia ed a quello di Saint Micheal’s Mount in Cornovaglia dell’Inghilterra. E sicuramente, quando a Mussomeli non era ancora esistito il nostro paese, attorno all’800/900, nasce il primo nome arabo del “Menzil-al-Amir“, che diventerà lo stesso come quell’altro di Misilmeri (Palermo), cambiandosi il loro nome dopo circa gli ultimi cinquecento anni. Dopo il San Michele, di oltre mille anni fa, non è rimasto più niente. Resta solo il nome piano piano di l’Arcanguli, e poi dopo tantissimi anni, arrivano quei “Cangiuli Cangiuli“, nel nome di quegli uomini che hanno cercato di non dimenticarli, ma perdersi lontano in quel nome così remoto del tempo. In quei secoli, – almeno, sembra possibile -, ci fu solo una antica chiesetta di San Micheli Arcangiuli, o “li Cangiuli”, sulla montagna rocciosa, che è, come dire, un enorme di un triangolo, con la piccola punta in alto e molto più ampio in basso, intravedendosi un pezzo di quella grotta elevata a metà. E quella rupe a punta substrata, risalente dai megalitici, almeno quattro/tremila anni fa, mi fa sempre pensare anche a questa “Hallgrìmskirkja”, che è una sorprendente e splendida di quella Chiesa di Reykjavìk nella capitale di Islanda. Come tante altre spelonche di migliaia di anni e, pure, delle tombe dei paleocristiani di stile bizantino, nella parte del nord. Sono anche nella piccola cima verso il sud, guardando ora quella strada che da Mussomeli, a 2 chilometri, in direzione per Sutera, ci sono ancora quegli ingrottamenti nelle impronte dei megalitici e, dopo, i tholos millenari dei greci fino al VII/V a.C. Gli arabi cercarono solo il nome di quella “‘a Quadìa“, come dire un primo villaggio di quel periodo. Forse si volevano togliere un nome di l’Arcangiuli? Chissà! Ma alla fine era rimasto solo un pezzo “di nuantri di li Cangiuli” e nei secoli sono andati via isolati e perduti. Come lontano è sparito anche il nome “preistorico” e misterioso di “Lapardedda“, di cui non si sa cosa si significasse. Anche quello di ‘a Quadìa sotto Cangiuli è stato, ormai, cancellato. Moltissimi non lo chiamano più e, dal 1800, si è spesso inserito il nuovo nome della “Caldea”, che sembra, quasi paradossale, come quello di Babilonia, per non parlare della Siria, o quella di Iraq e di altri dell’Asia Minore. A Mussomeli, da quel nome antichissimo, quel “San Micheli Cangiuli” si è perso più di mille anni fa. Dal 1650, invece, c’è stata almeno una nuova Madonna delle “Vanelle“, anche nella nostra terza settimana di maggio. La nostra festa è sempre stata al primo posto. E pochissimi lo conoscono bene quello del San Michele, che è lì accanto. Molti lo conoscono quello di Caltanissetta, ma non sono proprio sicuri dentro il nostro paese. O forse non esistono più. (Salvatore Vaccaro 29 settembre)
Mar, 24/12/2024 - 13:38