Cliniche a basso costo, promozioni commerciali aggressive e massiccia esposizione a modelli di bellezza non reale, se non proprio surreale, soprattutto attraverso i social network, “stanno dando luogo a una percezione superficiale delle implicazioni di queste operazioni”, scrive El Paìs a proposito della chirurgia estetica che, secondo il quotidiano di Madrid, viene “banalizzata”, perché “ci sono persone che credono di andare dal parrucchiere e non capiscono invece che potrebbero esserci poi delle complicazioni”. Vere complicazioni.
Come è capitato a Míriam Parralo, 28 anni, aveva sempre rimandato la sua operazione al suo posteriore per il quale nutriva un certo compesso. Però, dopo anni di risparmi, poco prima dell’inizio della pandemia, ha messo insieme gli 8.000 euro che le sono serviti per un intervento estetico con il quale ha fatto impiantare all’equipe medica del grasso intorno ai glutei per guadagnare quel volume che non ha in maniera naturale. Ma l’operazione è andata male, al punto tale che ora è completamente deforme, perché al posto del grasso è stata convinta a farsi mettere delle protesi sintetiche, una delle quali però si muove.
Quali sono le operazioni più richieste
Aumento del seno, rinoplastica, botox, liposuzione sono le operazioni più comuni e gettonate. Sul mercato mondiale della chirurgia estetica, la liposcultura vale complessivamente 2, miliardi di dollari, i riempitivi iniettabili 2,7, le protesi al seno, 1,3, il botox 2,1 miliardi. Il punto, però, è che “in molte cliniche a basso costo, chi informa i pazienti, o meglio i clienti – circa l’85% di loro sono donne – sono venditori, spesso senza formazione sanitaria, e chi si sottopone all’operazione non ha che un breve incontro con il chirurgo”, un approccio per lo più sommario. Insomma, il paziente non è né protetto né garantito. E va, più spesso, allo sbaraglio.
“Non avrei mai pensato che la mia professione potesse essere così banalizzata, che potesse diventare un vero affare che interessa le aziende che guardano solo al denaro e al profitto invece del benessere del paziente“, si lamenta con El Paìs Moisés Martín, chirurgo plastico con oltre 30 anni di esperienza e membro del Secpr e dell’Associazione Spagnola di Chirurgia Estetica e Plastica (Aecep).
Ma è inevitabile che gli incidenti in sala operatoria crescano a causa del proliferare di cliniche a basso costo, ”dove spesso operano professionisti medici che non hanno una specializzazione in chirurgia plastica, e dell’enorme crescita del numero di interventi”, osserva il quotidiano.
Ma il fenomeno della chirurgia e della ricostruzione estetica è una tendenza, tant’è che in Spagna, nell’arco di un decennio, gli interventi chirurgici sono quasi raddoppiati, da 119.637 nel 2010 a 221.935 nel 2019, secondo i dati della Società Internazionale di Chirurgia Plastica ed Estetica (Isaps). E saliti fino a 397.512 interventi in Spagna nel 2020. Tuttavia, il presidente del Secpr, Società di Chirurgia Plastica Ricostruttiva, calcola — “ufficiosamente” — che il 98% delle operazioni va bene e il 2% presenta qualche complicazione.
Nell’ultimo rapporto Isaps, che analizza il 2020, i dati sono diminuiti a causa della pandemia (165.906), ma si stima che tornerà ai livelli precedenti e continuerà a crescere nei prossimi anni. Con queste cifre, la Spagna è stato l’undicesimo Paese con il maggior numero di procedure durante l’anno della pandemia; i primi tre posti sono stati occupati da Stati Uniti, Brasile e Germania, e dietro la Spagna c’erano Grecia, Colombia e Thailandia.
Anche negli Stati Uniti gli americani ricorrono invece sempre più spesso a ritocchi chirurgici. Lo rivelano i dati dell’American Society of Plastic Surgeons, secondo cui quasi 18 milioni di persone (oltre 17,7 milioni) nel 2018 si sono sottoposte a procedure invasive e non invasive. Una cifra pari al 25% in più rispetto al 2017. Gli interventi più richiesti sono aumento del seno, liposuzione (+4 e +5% rispettivamente sul 2017). Leggera diminuzione invece delle procedure facciali.
In Cina, infine, sempre più uomini ricorrono alla chirurgia estetica e secondo il Rapporto Gengmei i clienti di sesso maschile sono circa il 15”. Mentre in Thailandia l’11 novembre 2020, in occasione del “Singles’ Day” sono stati pubblicizzati interventi a nasi e palpebre con offerte a prezzi stracciati”.
E per l’Italia i dati cosa dicono?
Secondo una ricerca Eurispes sulla chirurgia estetica che risale al marzo del 2018, 17 donne italiane su 100 hanno modificato il loro corpo ricorrendo al bisturi; di queste, due su cento lo hanno fatto più di una volta. E sono soprattutto le giovanissime fra i 18 e i 24 anni a cedere al “ritocchino”: più di una ragazza su cinque (21,4%). Sono soprattutto le italiane del Nord (Nord-Est 26,7% e Nord-Ovest 19,5%) a farlo.
Quelle del Sud rimangono nel 95,2% dei casi più fedeli al loro aspetto naturale. Sette donne su dieci si sono presentate dal chirurgo perché insoddisfatte della loro immagine naturale: in particolare, il 40,4% ha spiegato di aver voluto “migliorare il proprio aspetto”, il 28,7% di aver sentito la necessità di “correggere un difetto”. Poco meno di una su dieci (9,6) ha confessato di aver voluto “ridurre i segni dell’età” e il 21,3% si è invece sottoposta ad un intervento in seguito a incidente o malattia.
Mentre invece – stando sempre alle statistiche Eurispes per Italia – una donna su 4 ha speso di più per la bellezza che per altro, investendo nella cura, tra estetista, parrucchiere, profumeria. A spendere di meno e a dover affrontare maggior difficoltà economiche sono invece le donne che lavorano con partita Iva: solo il 16% infatti si è concesso questo tipo di investimento, rispetto al 35,3% di chi ha un contratto a tempo determinato e al 34,3% delle donne che hanno un contratto di lavoro atipico.
Una proposta politica per il settore
Ma tornando alla situazione spagnola, gli addetti si difendono così: “È come l’aereo: ci sono centinaia di migliaia di voli a settimana e non succede nulla, ma si verificano pure incidenti“. Ovvero, è la statistica, bellezza! Può succedere. Commenta il chirurgo Diego Tomás, che invita chiunque si sottoponga a un intervento a riflettere sul perché può essere così economico: “Si risparmia sui materiali, sugli stipendi, sulle strutture, non si lascia il tempo ottimale di ricovero dopo l’intervento, si mette un solo anestesista a occuparsi di due interventi contemporaneamente o se ne eseguono diversi insieme, cosa che aumenta il rischio di complicazioni”.
L’operazione più frequente, la protesi mammaria, si trova nelle offerte di alcune cliniche a partire da circa 2.000 euro, una procedura che solitamente si aggira intorno ai 5.000 e può arrivare a oltre 8.000 nei centri più costosi.
Su questo tema in Spagna il dibattito è talmente acceso, che dopo l’estate il Psoe, il Partito socialista operaio spagnolo, ha deciso di presentare al Congresso una proposta non legislativa che metta ordine nella chirurgia estetica. Tre i punti: che un medico qualificato esegua sempre gli interventi, un regolamento della pubblicità e un altro del consenso informato che includa la specialità del medico che opera.