Per chi non ha molta esperienza con la cucina può capitare di leggere delle ricette in cui sono riportate espressioni che non si conoscono, e che magari fanno riferimento a una specifica tecnica di cottura. Come noto, la cucina italiana ha alle spalle una lunga storia, con origini che vanno indietro fino al Medio Evo e addirittura alla Roma antica.
Come si cuoce la pasta salata
Gli spaghetti e in generale la pasta devono essere cotti in abbondante acqua salata. A differenza di quel che pensano alcuni cuochi con poca esperienza dietro ai fornelli, mettere il sale nell’acqua non è utile a evitare che gli spaghetti si incollino tra di loro; inoltre il sale non fa salire la temperatura di ebollizione in maniera sufficiente da cambiare in qualche modo le sorti del piatto. La funzione del sale è decisamente più semplice, e al tempo stesso fondamentale dal punto di vista della cottura. Nel momento in cui si dissolve nell’acqua, infatti, il sale condisce la pasta, che cuoce e si reidrata al tempo stesso. Se la pasta viene cotta in acqua salata, il gusto della pietanza migliora, e così non si corre il rischio di avere a che fare con un piatto insipido. Resta da capire quale sia la quantità di sale ideale da mettere nell’acqua della pasta. Second i cuochi italiani, il sapore dell’acqua della pasta dovrebbe essere uguale a quello dell’acqua del mare. Certo, prima bisognerebbe scoprire che sapore ha l’acqua del mare, e quindi può essere utile seguire un altro consiglio: un cucchiaio di sale per 16 tazze di acqua. E se vuoi scegliere il formato ideale, segui questo link per scoprire la migliore pasta italiana.
La cottura al dente
Soprattutto nel Lazio e nella zona di Roma è diffusa la consuetudine di cuocere la pasta al dente. Che cosa vuol dire? Che dentro la pasta è cotta, ma al morso è esternamente la pasta è soda. È come se si sentisse un lieve scricchiolio ogni volta che si addenta un boccone. Come noto, per ottenere la pasta al dente è sufficiente cuocere i fusilli, gli spaghetti, le farfalle o qualunque altro formato un paio di minuti in meno rispetto al tempo suggerito sulle indicazioni di cottura che sono riportate sulla confezione. Ipotizzando che per una confezione di penne la cottura suggerita sia di 11 minuti, conviene iniziare ad assaggiare la pasta dopo averla cotta per 8 minuti, in modo da trovare l’istante giusto in cui estrarla dall’acqua. Non è facile, perché bisogna riuscire a individuare il momento preciso in cui la pasta è tenera dentro e soda fuori, con una lieve croccantezza all’esterno. Nel momento in cui ci si accorge che la pasta è al dente, bisogna toglierla dal fuoco e dall’acqua.
La pasta al dente è meno salutare?
C’è chi è convinto che la pasta cotta al dente sia meno salutare, ma si tratta di una leggenda che vale la pena di smentire. Anzi, a dire il vero è il contrario: si può considerare la pasta al dente addirittura più sana dal momento che l’organismo ci mette più tempo per riuscire a digerirla, e vanta un indice glicemico inferiore. Se si riducono i tempi di cottura, l’amido è sì idratato, ma non al punto da essere rilasciato nell’acqua di cottura. La digestione graduale dell’amido serve a impedire che nel sangue ci sia un picco di zuccheri. Ridurre la pasta quasi a una poltiglia è una brutta abitudine piuttosto diffusa all’estero ma per fortuna non in Italia. La pasta eccessivamente cotta dà origine a un impasto quasi appiccicoso che ostacola la digestione.
La pasta alla gricia
Una delle ricette più buone per preparare la pasta è quella degli spaghetti alla gricia. Per realizzarla c’è bisogno del guanciale, che non è altro che guancia di maiale stagionata, del pepe nero e del pecorino romano. Il guanciale deve essere lasciato a rosolare in padella con fiamma media per cinque o sei minuti, senza olio di oliva e senza sale: bastano già il grasso e il sale presenti naturalmente. Dopo che la pasta è cotta, la si salta con il guanciale e poi si termina il tutto con il pepe e il pecorino.