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Resa dei conti nel M5s, la strada per un Draghi-bis resta in salita

Il sentiero per il Draghi Bis, con o senza Cinque Stelle, si fa sempre più stretto. E questo nonostante il pressing, interno e internazionale, perché il premier rimanga al suo posto. Draghi riflette e renderà nota la sua scelta mercoledì, davanti al Parlamento. Un appuntamento che lo stesso premier ha voluto come condizione di un suo passo indietro sulle dimissioni. Un momento di chiarezza che renda plastica l’immagine della maggioranza su cui Draghi può contare, al di là dei distinguo e degli ultimatum delle ultime settimane.

Lo strappo sul Dl Aiuti, infatti, ha fatto venir meno il sostegno del M5s sul provvedimento, ma non i numeri in Parlamento. Non ancora, almeno. Tuttavia, la scelta di Conte potrebbe rappresentare un pericoloso precedente. Dopo il presidente M5s, altre forze potrebbero utilizzare lo stesso schema per rivendicare provvedimenti di bandiera o sfilarsi da quelli meno popolari fra l’elettorato. Un gioco al quale il premier non vuole prestarsi.

I movimenti registrati tra le forze politiche nelle ore immediatamente successive alle dimissioni, tuttavia, sembrano allontanare Draghi da Palazzo Chigi. Il Movimento 5 Stelle è dilaniato tra quanti vogliono continuare con l’esperienza di governo e quanti chiedono una cesura netta.

Tra i primi, ci sono i tre ministri M5s che hanno respinto l’ipotesi di dimettersi per evitare di avvelenare i pozzi in maniera irrimediabile. Tra i secondi ci sono i parlamentari fedeli al presidente Cinque Stelle, sempre più insofferenti all’interno della composita ed eterogenea compagine di governo e convinti, anche per le pressioni che arrivano dai territori, che all’opposizione si potrebbe tornare alle parole d’ordine fondative del movimento e recuperare così parte del consenso perduto. Lo afferma, tra l’altro, uno degli intellettuali più vicini a Giuseppe Conte, il sociologo Domenico De Masi.

Da quando è nato il governo Draghi, il M5s è crollato nei dconsensial 33 al 13%, sottolinea De Masi in una intervista nella quale aggiunge: “Se ora” Conte “esce dal governo e fa rientrare Di Battista, guadagna anche 2-3 punti”. La cesura fra queste due istanze è evidenziata anche dalla scelta di Davide Crippa, capogruppo M5s alla Camera, di convocare per oggi pomeriggio l’assemblea dei deputati pentastellati, bypassando lo stesso presidente Conte che, quasi a voler rispondere alla sfida, ha riconvocato il Consiglio Nazionale.

“È il presidente Draghi che si presenta in Parlamento”, sono state le parole di Conte al termine della riunione nella tarda serata di ieri a chi gli chiedeva se una decisione sulla fiducia fosse stata presa.

Alto mare, dunque. Intanto i dem cercano di mediare, i contatti fra alti dirigenti Pd e gli altri partiti sono costanti. Si cerca di tenere faticosamente in piedi la maggioranza che ha sostenuto il governo fin qui, incontrando però il muro di Lega e Forza Italia per le quali i Cinque Stelle non sono più affidabili. Tradotto: Draghi Bis senza Conte e i suoi.

Sono questi i segnali che riportano l’attenzione al Colle più alto. L’ipotesi di un voto in autunno si fa, infatti, più concreta. “Noi stiamo facendo un appello alla responsabilità che vale anche per Draghi, affinché resti. Non so come andrà a finire, so per certo che dobbiamo prepararci alle elezioni. Un altro governo totalmente inedito è inaccettabile. Se Draghi non vuole restare, si va a votare”, dice Matteo Renzi.

“Se i partiti nei prossimi giorni continueranno a esibire bandierine o veti non credo che ci sarà più un governo la prossima settimana”, avverte Luigi Di Maio: “Quindi è molto importante un atto di serietà e responsabilità, altrimenti ci sarà una campagna elettorale nell’autunno caldo”. E anche dal Nazareno si sottolinea che “il Pd è impegnato a costruire un percorso che permetta a Draghi di vedere le condizioni di una agibilità politica” per andare avanti con il governo, “ma il partito, nel caso si vada ad elezioni, è comunque preparato”.

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