Oggi, lunedì 30 maggio 2022, il personale della scuola e gli insegnanti hanno aderito a uno sciopero generale. Alcune sigle sindacali si sono ritrovate davanti la Prefettura di Caltanissetta per spiegare le ragioni di questa scelta.
Ecco tre motivi per i quali, chi lavora nella Scuola pubblica italiana, sente il bisogno di esercitare il diritto allo sciopero. In difesa della “Scuola della Costituzione”.
1) Il D.L. 36/2022 stabilisce un taglio degli organici (ovvero meno insegnanti, ergo “classi pollaio” come regola) per finanziare una “scuola di alta formazione” con cui verranno selezionati gli insegnanti meritevoli di accedere a carriere che prevedono dei sostanziali scatti salariali. Gli insegnanti che l’arbitrario occhio del Ministero farà accedere a questo percorso Premium fanno parte di quello che il gergo neoliberista definisce “middle management”: collaboratori della dirigenza e responsabili di vari incarichi aggiuntivi i quali avranno sempre meno tempo per studiare e fare una didattica di qualità e sempre più per lanciarsi su corpo a corpo burocratici con i progetti e le astratte novità che piovono dall’alto. In sintesi, la scuola di alta formazione formerà insegnanti che non insegnano.
2) I percorsi di reclutamento previsti dal D.L. sono degli incubi kafkiani al termine dei quali chi guadagna sono solo le casse delle Università (soprattutto quelle private e in streaming). Il progetto è chiaro: creare un percorso a ostacoli per i giovani che scelgono l’insegnamento e ritardare ad libitum i pensionamenti del personale in servizio. Il paradosso è che nei prossimi anni continueranno ad essere banditi concorsi su concorsi.
3) Potrei scrivere che gli insegnanti italiani godono dei salari più bassi della Pubblica Amministrazione e che gli aumenti previsti (50 euro netti al mese) non sono nemmeno paragonabili a quelli proposti ad un qualsiasi usciere del “Ministero del sarchiapone” (170 euro). Ma non farò della facile demagogia sullo scontento dei miei colleghi, faccio una riflessione: quale tipo di Paese taglia di mezzo punto percentuale del PIL la spesa corrente sull’istruzione e, contemporaneamente, aumenta di due punti percentuali quella sulla spesa militare. Forse un Paese di uomini anziani che non sa immaginare il futuro?