Resilienza, pensiero positivo, ottimismo, efficienza e perfezione: per avere successo nella vita, la società ci invita a un approccio positivo ea una immagine di sé sempre perfetta e infallibile costanti. Ma costringersi a pensare sempre positivo è una cosa sana o genera stress? Ne parla Francesca Zucchetta, psicologa-psicoterapeuta del Centro di Medicina della riproduzione Biogenesi degli Istituti Clinici Zucchi di Monza, del Gruppo San Donato, esperta in tematiche di infertilità di coppia e Procreazione Medicalmente Assistita. Così in una nota il Centro.
” La società attuale è sempre più connotata da un ideale di efficienza e perfezione- si legge ancora- nella si fa strada la fiducia che mostrare sé stessi quale quale una forma e sempre sotto luce di positività e ottimismo giocare a nostro favore. Ma questa spinta alla ricerca spasmodica di perfezione generi, molto spesso, una sensazione di stress, inadeguatezza e fallimento. Diversi studi stanno rilevando un aumento significativo dei disturbi d’ansia e di depressione, proprio a causa del confronto con immagini ‘perfette’ di altre persone, conoscenti e no, in particolare sui social network. Luoghi meravigliosi, divertimento, corpi statuari, pance da gravidanze esposte in corpi perfetti, che generano tensione e frustrazione.
Come se si ignorasse il fatto che le immagini sono delle istantanee di un breve frangente di vita o, peggio, sono immagini ritoccate. Come se i limiti erano delle sconfitte personali e confini che ci possono essere umani, che non dei nostri unici e profondamente umani. I limiti infatti sono molto importanti: ci danno la consapevolezza di chi siamo e un po’ più di capacità di capire e accettare che non possiamo avere potere su tutto”. “In questo scenario di continua tensione alla perfezione e alla positività in ogni ambito: lavoro, personale, relazionale e la difficoltà nel concretizzare un desiderio importante per il singolo, ma anche per la famiglia e la società che ci osserva, come quello della genitorialità, può creare situazioni di disagio e di stress sia all’interno della coppia sia a livello personale, in ciascuno dei partner”, spiega Zucchetta, esperta di infertilità di coppia e procreazione medica.
Oltre alla gestione del desiderio personale, infatti, la coppia si confronta con tutti gli aspetti culturali e sociali. Innanzitutto legati alla scarsa in merito alle reali probabilità che si realizzi una gravidanza. La maggior parte delle persone tende a vivere la ricerca di un figlio con aspettative certe e tempi brevi. Soffre quindi il confronto con le persone che annunciano le loro gravidanze e che omettono, quasi sempre, come si sono realizzate: spesso con fatica e talvolta con aiuti medicalizzati oppure no. La coppia deve inoltre rispondere alle frequenti domande inopportune sull’assenza di figli, che grandemente il senso di frustrazione e di colpa e le riflessioni esistenziali sul senso di tale fallimento.
Ricordiamo infatti che chiedere a una coppia come mai ha figli, come fosse necessario, è come dare per scontato che è solo perché non li cerca o non li vuole”. “Sono inoltre sempre più frequenti i casi di donne del mondo dello spettacolo che accusa la stessa stampa di osservarle, cercando in modo ossessivo nel loro fisico i segnali di una gravidanza, come se il diventare madre fosse l’unico modo di realizzarsi per una donna. Lo stesso tipo di stress, legato a una mancata maternità, viene vissuto anche dalle donne ‘comuni’ e lo stress, purtroppo, condiziona in modo importante la fertilità.