Con l’aumento delle temperature nel nostro pianeta, due gradi in più rispetto a quelle attuali, gli scienziati prevedono entro il 2027 la comparsa di ben 15.000 nuovi virus, contro i 10.000 oggi in circolazione.
Secondo una ricerca della Georgetown University, la coabitazione forzata dai cambiamenti climatici tra specie animali provenienti da habitat diversi, aumenterebbe il rischio di contrarre malattie virali anche per l’uomo.
I salti di specie – Molte specie animali note per essere portatrici di virus, come ad esempio i pipistrelli, sulla spinta dei cambiamenti climatici potrebbero arrivare a occupare aree diverse da quelle in cui vivono abitualmente. La convivenza con altri animali aumenterebbe le probabilità che un virus si diffonda attraverso “salti di specie”, ossia muti a tal punto da essere capace di essere trasmesso da una specie animale all’altra, fino ad arrivare all’uomo.
Il clima come forza trainante nella trasmissione virale – È lo scenario pubblicato sulla rivista Nature, frutto della ricerca coordinata dal biologo Colin Carlson, dell’americana Georgetown University. È molto più stretto di quanto si immagini, quindi, il legame fra il cambiamento climatico e la comparsa di virus che potrebbero veicolare malattie mai viste.
Una minaccia anche per gli animali – I futuri virus potrebbero essere una minaccia per la salute animale, causando epidemie nocive per gli allevamenti. Punto di partenza della ricerca è stata l’analisi del modo in cui le aree geografiche attualmente popolate da 3.870 specie di mammiferi potrebbero cambiare in relazione a diversi scenari da qui al 2070. Applicando un modello relativo alla trasmissione di virus fra specie a un sottoinsieme di 3.139 animali, i ricercatori hanno elaborato la previsione sulle opportunità future di scambi di virus fra specie. Occasioni di simili mix biologici sono possibili ovunque nel mondo, ma sono particolarmente concentrate nelle aree densamente popolate dagli esseri umani, come l’Africa tropicale e il Sud-Est asiatico. Ancora una volta, rilevano gli autori della ricerca, i protagonisti di queste contaminazioni potrebbero essere i pipistrelli, che costituiscono il serbatoio naturale di virus potenzialmente capaci di diventare trasmissibili all’uomo.
Zone a rischio – Prevenire il dilagare di nuovi virus richiede fin da adesso una sorveglianza capillare delle zone in cui potrebbero trovarsi a convivere specie diverse. Per gli autori della ricerca è importante spingere fin da adesso capire quanto sia importante combinare la sorveglianza virologica con la valutazione dei cambiamenti nelle nuove aree occupate dalle specie a causa dei cambiamenti climatici. Questo, rilevano, è vero soprattutto nelle regioni tropicali, nelle quali attualmente ha origine la maggior parte delle malattie infettive che possono essere trasmesse dagli animali all’uomo.