Guardiamo il giardino del vicino e ci meravigliamo se è più verde del nostro.
Ma una domanda sul perchè ce la siamo mai posta e se si, abbiamo la lucidità e l’obiettività di ammettere e riconoscere anche nostre responsabilità ? E’ da apprezzare chi ha lavorato e lavora per migliorare le condizioni della nostra città, ma è innegabile che questa città, grazie ad una classe politica, che negli anni passati, tranne qualche eccezione, ha fatto poco o nulla per farla crescere e sviluppare, pensando spesso e volentieri solo a se stessa e ai propri amici. E’ altresì innegabile che per decenni molti posti di lavoro venivano spartiti a tavolino tra i partiti. Non si faccia finta di non sapere delle folle nelle segreterie politiche, dove da lì partivano telefonate, o si scrivevano lettere di “presentazione” da portare a chi doveva poi assumere,…”te lo mando è un ragazza/o sveglia/o”. Non facciamo i puritani, forse è nato in quel periodo, o si è rafforzato sicuramente, il detto “cu avi amici è franco di guai”. Guai infatti a non averne di amici, anche perchè a trovarne uno che ti portava dal “ci penso io” di turno lo si trovava sempre, bastava promettere fedeltà e che poi si sarebbe votato per l’amico o per l’amico dell’amico. Chiaro non tutto avveniva in questo modo e non tutti si asservivano o che tutti gli impiegati/dirigenti/funzionari che hanno raggiunto certe posizioni è stato solo grazie a raccomandazioni, molti hanno dovuto sudare e sgomitare, mentre altri, i “furbetti” hanno avuto “carriere facili”.
Ma, come avviene nella vita è tutta una questione di scelta, di modi di essere e di interpretare. C’era addirittura chi se ne vantava, ma costoro, hanno pagato il prezzo di non poter oggi parlare liberamente, essendosi “legati” a vita. C’è invece chi ha scelto di percorre strade normali, fatte di concorsi e colloqui, contando solo sulle sue capacità, sperando e confidando nella meritocrazia, uscendo spesso sconfitto da chi prendeva le “scorciatoie”. Ciò ha determinato anche il fatto, come conseguenza, di ritrovarci con persone “sbagliate” nei posti importanti, che, per incapacità o apatia, non riescono o non sanno proprio dare giusti imput.
Molti altri hanno avuto anche diverse occasioni per andar fuori, ma hanno scelto di rimanere e crearsi un futuro qui, ma è chi è rimasto, non parlo ovviamente di dipendenti pubblici o chi ha avuto “tramandato” il lavoro, ha incontrato ed incontra mille difficoltà per vedersi riconosciuti meriti e nel crearsi spazi lavorativi dignitosi ed il linea con le proprie capacità. Perchè oltre ad una maggior fatica, gli vengono spesso messi anche i bastoni tra le ruote da chi li vorrebbe asserviti.
Questo, sia chiaro, è avvenuto ed avviene sicuramente anche in tante altre realtà, ma da noi ha avuto ed ha un elemento negativo in più. Probabilmente, a differenza di altri, noi nisseni abbiamo avuto la “colpa” di esserci scelti e fidati di politici che hanno lasciato alla città ben poco e quel poco fatto non ha trovato prosecuzione in chi è venuto dopo, che non ha saputo o voluto portarlo avanti. Oggi, purtroppo, paghiamo le conseguenze del passato, non avendo una classe dirigente, ma anche politici o imprenditori, non tutti ovviamente, di un livello tale da far la differenza con altre realtà a noi vicine, che hanno reso il loro giardino più verde del nostro. Da noi si fanno troppi annunci che non trovano poi conferma nei fatti, si “litiga” per chi deve prendersi i meriti o per chi deve comandare, il tutto ancor prima che il fatto avvenga, mentre da altre parti, prima ci si coalizza e si fanno le cose e poi si “litiga” per chi deve comandare. Esempio classico, nonché storico, è la storia dell’Università a Caltanissetta e a Enna. Chi non la conosce, si informi e capirà tante cose e troverà risposte ai tanti perchè. Mentre c’è si informi anche su tanto altro e capirà anche il perchè di tanti atteggiamenti. Non prendiamocela soltanto con chi nei decenni passati ha saputo costruire, anche poco, ma prendiamocela soprattutto con chi non ha sviluppato e con noi stessi. Che questi avvenimenti ci servano da lezione per il futuro. Vedere la nostra città “spegnersi” fa molto male, male a chi ci vive e lavora e soprattutto a chi ha figli che vede partire e per non tornare mai più. Ad Maiora