In Ucraina si continua a combattere. È una guerra e si sta presentando con tutte le sue crudeli connotazioni: mancanza di sensibilità per i civili a prescindere che siano adulti, anziani o minori, carenza di farmaci o di adeguate forniture di acqua o di cibo, bombardamenti diffusi.
C’era stato chi aveva sperato di poter restare a casa, che tutto sarebbe finito presto. Un’illusione purtroppo al momento vana e le settimane di guerra continuano a susseguirsi. È difficile anche percorrere i corridoi umanitari per arrivare al confine e poter dire di avere, almeno, salva la vita. Il bene più prezioso.
C’è chi questa opportunità lo ha avuta da subito e chi, invece, ha atteso diverse settimane prima di potersi allontanare, per un tempo indefinito e indefinibile, dalla Madre Patria.
L’Europa e in particolare l’Italia sta rispondendo con grande empatia al dramma di un’intera Nazione e dei suoi figli. Beni di prima necessità e risorse economiche arrivano al confine e vengono gestite dalle associazioni umanitarie distribuendole a chi, in quel momento, ne ha più di bisogno. Altre associazioni, invece, stanno gestendo il trasferimento per altri Stati e città dove, ad attenderli, ci sono delle famiglie che stanno aprendo le loro case proprio per loro, per chi riuscirà ad arrivare.
A Caltanissetta sono diverse le realtà che si stanno attivando per questa accoglienza umanitaria tra cui il GRAF, Gruppo di Accoglienza Familiare che vive non solo grazie al gruppo del comitato organizzatore ma, principalmente, alle famiglie che offrono la propria disponibilità. Una quantità che, pur essendo discretamente elevata, non è ancora sufficiente per rispondere a tutte le richieste di aiuto. In questi giorni è arrivata una madre con un bambino di poco più di un anno e un’altra sta per arrivare con il suo neonato al seguito. Giorni fa è arrivata una nonna con il nipotino e, prima ancora, un anziano completamente solo e senza familiari. Chiedono solo un rifugio sicuro nel quale i loro figli non siano svegliati dal rumore delle bombe, non rimangano rinchiusi nei bunker sotterranei e possano vivere la parvenza di una vita il più possibile serena.
A raccontarci la loro esperienza di accoglienza sono Marta Spagnuolo e Davide Cammarata con i loro figli Pierpaolo e Cecilia di 15 e 16 anni.
La prima cosa che emerge da questo lungo e appassionato racconto è il sentimento di empatia, di solidarietà, di necessità di condividere l’esperienza per cercare di attutire il trauma, il dramma dal quale bisogna sempre trarre fuori il lato positivo, anche se questo è difficile da vedere o sproporzionato soprattutto se visto in riferimento alle incertezze sul futuro e delle vicende del passato.
Vivere, in questo luogo e in questo momento, prendendo spunto da ogni esperienza di vita. E, per comprendere il concetto, si potrebbe usare la versione originale della locuzione latina del “Hic et Nunc” usando proprio quella lingua che Nikita, il giovane 17enne accolto dalla famiglia insieme alla madre Elena, inizierà a studiare all’istituto superiore “Luigi Russo” di Caltanissetta dove è stato appena iscritto.
Elena e Nikita fino a qualche settimana fa vivevano a Kiev, la città nella quale lavoravano, studiavano, trascorrevano il tempo con i loro familiari e amici. Arrivata l’armata russa il Sindaco ha invitato i cittadini a lasciare le abitazioni private perché non erano più luoghi sicuri. Da quel momento, riempito un trolley con i loro beni primari necessari, è iniziata una vera odissea vivendo prima nelle gallerie della metropolitana e dopo qualche giorno, per dare maggiore spazio e comodità alle famiglie con figli piccoli, nel parcheggio sotterraneo adiacente. Elena ha dovuto fare una scelta per lei molto difficile: fuggire via o restare. Una scelta che per un cittadino, un patriota, un figlio non è così semplice da compiere. Andare via significava lasciare i connazionali a combattere per resistere, difendere quella terra e quella città che è anche la sua, significava lasciare i suoi genitori anziani che si sono rifiutati di lasciare la città ma significava anche tutelare la vita del figlio.
Alla paura dell’ignoto, del senso di colpa per la fuga ha prevalso l’istinto materno così Elena, Nikita e il loro cagnolino Yorkshire, Irvin, si sono avviati verso i confini nazionali. Ai centri di accoglienza internazionali è stata offerta loro l’opportunità di essere accolti da una famiglia nissena tramite la mediazione del GRAF, il Gruppo di Accoglienza Familiare e, così, il viaggio è proseguito fino al cuore della Sicilia.
Un viaggio per un “appuntamento al buio” con una famiglia della quale conosceva soltanto la disponibilità ad accogliere.
“L’incontro alla stazione di Caltanissetta è stato veramente commovente – ha raccontato Marta Spagnuolo – perché già da subito avevamo capito di dover fare anche noi la nostra parte per supportare questo popolo ma non ci eravamo resi conto di quanto ci avrebbe trasportato emotivamente. Quando è scoppiata la guerra, con mio marito e i miei figli ci siamo chiesti come avremmo vissuto noi al loro posto e la conclusione è stata la speranza nel prossimo, la possibilità che qualcuno, alla cieca, ci accogliesse e ci sostenesse. In questo momento, siamo <<noi>> la speranza per gli altri. Abbiamo cercato associazioni internazionali alle quali dare la disponibilità e poi abbiamo scoperto dell’esistenza del GRAF. Abbiamo contattato i referenti nisseni, compilato il modulo (nel quale indicare quante persone poter accogliere e per quanto tempo) e poi aspettato una telefonata. L’emozione di poter essere d’aiuto per una famiglia è stata ancora più intensa quando abbiamo scoperto che sarebbe arrivato un coetaneo dei miei figli e non un bambino piccolo. Per loro poterlo aiutare a integrarsi sarebbe stato molto più semplice.
Già guardandoci negli occhi alla stazione è andato via il primo velo di imbarazzo, per noi è come se fossero arrivati una sorella e un nipote. Non abbiamo mai pensato di trattarli come <<ospiti>> ma come persone di famiglia. Abbiamo consegnato loro le chiavi di casa e detto loro di poter occupare tranquillamente gli spazi comuni in uno spirito di coabitazione e convivenza. Anche quando andiamo a fare la spesa loro hanno un carrello dove poter aggiungere gli ingredienti che preferiscono”.
In questo momento di distacco da tutto ciò che è familiare anche il cibo diventa un elemento di contatto con la propria cultura, con la sensazione di poter andare avanti senza spezzare tutti i legami con il passato. Non si tratta di un capriccio ma di un bisogno di tutelare la propria identità.
Non mancano certo i momenti di sconforto, i dubbi per tutto ciò che era e che sarà ma le famiglie ospitanti, anche confrontandosi tra loro e con lo psicologo del GRAF, stanno cercando di rassicurare gli ucraini arrivati spiegando loro che, al momento, questa che hanno fatto è la scelta migliore e che non esiste un’opzione che non abbia alcun risvolto negativo. Nel piatto della bilancia bisogna sempre soppesare i “pro” e i “contro” e, per ciascun cittadino, questa valutazione è differente.
Impossibile programmare il “domani”, l’unica cosa da fare è vivere “l’oggi” e, anche in questo caso, non tutti riescono a farlo nello stesso modo. C’è chi come Elena, dirigente di un’azienda di import/export, è riuscita a mantenere il proprio lavoro e lo svolge in smartworking. C’è chi sta sempre con il telefono in mano nel timore e nella speranza di ricevere notizie dai propri affetti, chi ha perso la propria attività o mansione ma deve continuare a sorridere davanti ai propri bambini che hanno iniziato la scuola o un’attività sportiva qui a Caltanissetta.
“Mi emoziona vedere Elena ogni mattina collegata al pc cercando di contribuire, a suo modo, alla resistenza di un paese che non vuole soccombere all’aggressore” ha proseguito Marta. I colleghi di Elena, quelli che la mattina vedeva in ufficio, adesso sono sparsi per tutta l’Europa e qualcuno è rimasto in Ucraina. Per loro mantenere in piedi l’attività significa credere che un <<domani>> è possibile. E quando arriverà dovranno togliere via le macerie dei bombardamenti e ritrovare un tessuto economico che, per quanto debole, è pronto per ricominciare.
Nel frattempo si lavora per l’integrazione nel nuovo paese. Il CPIA ha avviato dei corsi di italiano specifici per i profughi ucraini e i ragazzi si stanno inserendo nelle scuole. “Ringraziamo la dirigente Maria Rita Basta e il vicario Michele Calà per la sensibilità manifestata in tutto ciò che ha riguardato l’inserimento e l’accoglienza di Nikita al terzo anno della scuola Luigi Russo – ha proseguito la famiglia Cammarata -. Noi abbiamo aperto le porte di casa ma non avremmo potuto vedere uno sguardo sereno nei loro occhi senza il sostegno di tutti i nostri parenti, amici, conoscenti, gruppo scout e, in generale, della comunità nissena”.
Un sostegno morale, come ad esempio l’organizzazione di una festa di compleanno per Nikita che ha compiuto 17 anni il giorno dopo il suo arrivo, e uno materiale, come quello per i libri messi a disposizione per la scuola di Nikita dal dott. Paolo Vetri o tante altre persone che, avendo attività commerciali, hanno supportato la famiglia ospitante nell’acquisto di biancheria, indumenti e materiale di cartoleria. Piccole ma importanti attenzioni per far sentire Caltanissetta anche la loro casa.
In questo momento, in definitiva, ci sono due strade da poter percorrere: la prima è quella del dolore e della disperazione di un destino che ci ha travolti. La seconda è quella che ci impone di trasformare il dramma in opportunità arricchente. Ovviamente la priorità e il desiderio generale è che finisca subito la guerra. Nel frattempo, però, condividere un percorso di vita con una famiglia di cultura diversa è un’esperienza incommensurabile di cui far tesoro mettendo i colori in un mondo in bianco e nero.
“Credo che quella che stiamo vivendo tutti noi sia un’importante lezione di educazione civica – hanno concluso Marta e Davide – queste sono le competenze sociali e civiche che la scuola e l’intera società è riuscita a trasmettere ai nostri figli e a tutte le persone che non stanno rifiutando un aiuto psicologico e materiale”.
Quel che resterà da questa esperienza sarà un’unica famiglia che, a prescindere da quello che avverrà in futuro, sarà per sempre emotivamente unita da uno stesso destino. “E’ importante essere consapevoli del passo che si sta per compiere accogliendo una sola persona o un intero nucleo familiare – ha concluso Marta -. Ci sono momenti difficili che bisogna affrontare ma che possono e devono essere superati. E quel che resta è solo amore e fratellanza. Noi abbiamo cercato di vivere così questo momento e, adesso, sentiamo di avere una casa a Kiev e un’altra famiglia così come Elena e Nikita, adesso, ne hanno una qui a Caltanissetta”.
Per poter manifestare il proprio interesse ad accogliere profughi o altra forma di supporto e sostegno è possibile contattare il GRAF presso gli uffici dell’Ascom Sicilia Caltanissetta via L. Da Vinci Caltanissetta o telefonare al 3737175526.
Guarda: Caltanissetta, l’emozionante racconto dei profughi di guerra arrivati dall’Ucraina