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Caltanissetta, Padre Vincenzo Di Rocco celebra 50 anni di sacerdozio: una vita nell’umiltà del servizio

Sergio Cirlinci

Caltanissetta, Padre Vincenzo Di Rocco celebra 50 anni di sacerdozio: una vita nell’umiltà del servizio

Sab, 26/03/2022 - 20:31

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La Comunità di San Michele oggi è in festa per i 50 anni di sacerdozio di Padre Vincenzo Di Rocco. Il Presbitero, arrivato a Caltanissetta nel lontano 1977 per svolgere il ruolo di Parroco e che, nel tempo, è tornato più volte nella chiesa affidata all’Ordine dei Frati Minori, giorno dopo giorno ha imparato a farsi conoscere e apprezzare dai parrocchiani e da chi lo ha incrociato nel suo cammino. E nella celebrazione liturgica presieduta dal Vescovo di Caltanissetta Mons. Mario Russotto, tutta la comunità ha voluto condividere questo momento di festa.

Silenzioso e riflessivo, nella sua vita Padre Vincenzo ha sempre avuto la capacità di ascoltare chi si avvicinava a lui e di restituirgli un messaggio o una parola di conforto e di sostegno attraverso i passi della parola di Dio.

Una persona umile e mite che non ama essere protagonista della scena ma, come un buon pastore, al bisogno si rimbocca le maniche e avanza senza tirarsi mai indietro quando Dio gli affida la guida di un gregge.

Ascoltandolo parlare dei molti episodi che hanno caratterizzato i suoi 75 anni di vita sembra che alcuni eventi siano frutto di “un caso” fortuito ma, come lui stesso ammette, non esiste alcuna casuale fatalità poichè c’è sempre un percorso già pensato dall’alto. Basta solo affidarsi a Dio e seguire quella strada.

Come è successo, ad esempio, con la sua vocazione e scelta di diventare frate. Anche in quel frangente non c’è un momento in cui ha capito di dover prendere i voti ma solo un lineare susseguirsi di eventi. “Quando avevo solo 7-8 anni, il guardiano della chiesa nella quale frequentavo il catechismo mi ha chiamato per chiedermi se, completando la scuola elementare, avessi voglia di entrare in seminario. Ero piccolo e, per non offendere la persona che avevo di fronte, ho risposto che mi sarebbe piaciuto ma solo fino a quando avrei compiuto 20 anni, tempo in cui, secondo il mio ideale, era il momento giusto per sposarmi”.

Vincenzo, del resto, ha una famiglia numerosa alle spalle essendo il quinto dei sei figli di Gioacchino Di Rocco e Maria Tavella e quell’immaginario gli sembrava, al momento, l’unico possibile. Inoltre per frequentare il Seminario si sarebbe dovuto trasferire a Caltanissetta e spostarsi da Canicattì, città nella quale era nato e viveva. “Con mio stupore mia madre non si oppose; disse addirittura, che dovevo essere solo io a decidere e, quasi per un dispetto, accettai di entrare in seminario”.

Servendo messa, imparando tutte le formule in latino e studiando per l’esame di ammissione, l’interesse di Vincenzo ha iniziato a germogliare e quella vita in seminario è diventata la sua vocazione. Decise di non tornare nella sua “vecchia vita”, proseguire gli studi di teologia, la formazione spirituale a Partinico, Caccamo e Messina e, alla fine, diventare sacerdote. “A quel tempo non sapevo ancora che, al momento del parto, io e mia madre rischiammo di morire. Davanti a lei, nella camera da letto, c’era un quadro di Padre Gioacchino e lei promise che, se fossimo rimasti in vita, avrebbe cercato di incoraggiare in me il desiderio di una vita consacrata. E così è stato. Anche per questo, per me, ciò che accade nella vita non è mai semplicemente un caso”.

Era il 26 marzo 1972 quando a Palermo, nella chiesa dei Cappuccini, Vincenzo Di Rocco è diventato Padre Vincenzo dicendo “Eccomi” con voce ferma e con un passo in avanti verso l’altare. Un gesto che non era solo per affermare che “era lì presente in quel momento” ma per riecheggiare le parole del profeta accettando di diventare, per intercessione di Dio, un frate minore cappuccino, una guida capace di consolatore, discernere, ascoltare, predicare, santificare. Ma per diventare una vera guida doveva prima sperimentare su di sé l’amore di Dio ed è proprio questo che ha cercato di vivere negli anni di noviziato.

La sua vita, da buon francescano, è sempre stata itinerante spostandosi dove il suo supporto poteva essere ritenuto utile.

“La mia prima esperienza è stata in una casa di riposo, un’ex infermeria a Palermo alla quale seguì quella all’ospedale Ingrassia e poi arrivai a Caltanissetta come parroco”. Nella chiesa di San Michele Padre Vincenzo è tornato nel 1986 per un paio di anni e poi nel 2010, prima in veste di viceparroco per sei anni e poi come parroco per altri tre.

La sua fermezza nel desiderio di onorare al meglio la missione che gli è stata affidata non ha mai vacillato anche quando ha portato la parola di Dio in luoghi nei quali non era richiesta o talvolta anche rifiutata.

“Nella metà degli anni ’80 sono stato cappellano al Policlinico di Palermo. Mi trovavo di fronte persone scoraggiate, talvolta senza più speranza”. Padre Vincenzo ha raccontato che in questi ambienti è veramente difficile approcciarsi alle persone perché, a differenza dei parrocchiani di cui il parroco conosce il nome o la storia, non si conosce assolutamente nulla delle persone che si incontrano. “Un giorno un medico mi disse che negli ospedali i preti sono soltanto un peso inutile ma il collega, invece, lo ha immediatamente contraddetto spiegando che il nostro ruolo è veramente importante poiché se sbaglia un medico il paziente finisce al cimitero mentre se l’errore lo commette un prete l’anima di quella persona finisce all’inferno”.

Sempre pronto al servizio degli altri, nel 1968, dopo il terremoto a Salemi, insieme a un confratello raccoglieva su un pulmino i beni di prima necessità e partiva per sostenere le persone disagiate. “Quando sono tornato quasi 20 anni dopo lì, come presbitero, ho trovato le stesse persone che ancora vivevano nelle baracche perché i finanziamenti per la ricostruzione avevano tardato ad arrivare. In quel momento ho cercato di far capire alle persone che l’unica strada da seguire è la speranza, la fede e la carità. Questo è il nostro compito e lo dobbiamo onorare. Dobbiamo mettere Dio davanti a tutto. Il resto è solo un contorno sfocato”.

È difficile capire quale esperienza, tra le tante vissute, ha segnato di più la sua vita, tanti i luoghi in cui ha vissuto e tante le persone. Padre Vincenzo si sofferma un attimo prima di rispondere e poi, con uno sguardo compassionevole spiega che è stato al fianco degli ammalati e condividendo il loro dolore che ha vissuto i momenti “più difficili ma anche più costruttivi nei quali ha sperimentato la bellezza di Dio. Un malato si aspetta di tutto da chi gli sta di fronte. Confida nel medico per una cura del corpo e nel presbitero per la redenzione dell’anima. Quando riesci a dare conforto e restituire la speranza a chi crede di averla ormai persa definitivamente capisci che Dio è al tuo fianco e sta intercedendo attraverso di te. Stringendo le mani degli ammalati ho capito di essere stato consacrato da Dio. Ho abbandonato la mia natura uomo di mondo per diventare un uomo vero, uno strumento al servizio di Dio”.

Da circa un anno Padre Vincenzo si trova a Loreto. Nel santuario accoglie tanti pellegrini, ascolta le suppliche che rivolgono alla Madonna e le preghiere di intercessione. “Ricordare ai fedeli che c’è anche per loro la luce di Dio e aiutarli a vederla nelle loro vite. Per me è questa la vera bellezza del sacerdozio, lavorare come bracciante nella vigna del Signore”.

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