Tra pandemia e guerra sta uscendo “er meglio der meglio de noantri”.
Non ho mai provato simpatia per gli indifferenti, specialmente quando l’indifferenza è a corrente alternata, un po’ come le luci dell’albero di Natale. Ognuno di noi ha le proprie idee, i propri principi, le proprie simpatie, le proprie preferenze, in campo sociale, politico, sportivo, culturale, musicale, religioso.
Bisogna, per vivere bene, senza sentirsi soffocare dall’ambiente circostante, avere il coraggio di esprimersi liberamente e soprattutto difendere idee e principi, liberi da qualsivoglia condizionamento. Invece capita sempre più spesso che, dipende dagli argomenti in campo, molta gente taccia le proprie idee, pur di non contraddire qualcuno o, cosa peggiore, per paura, di ‘andare’ contro, magari perchè è un personaggio importante, o semplicemente il celeberrimo amico che domani potrebbe “tornare utile”. Questo è un vivere da tornacontisti, pusillanimi e codardi.
La nostra città purtroppo non è esente da questa mentalità. Anni ed anni fa il problema era meno apparente, ma c’era, con l’avvento dei social, tanto criticati e da tanti osteggiati, il fenomeno si è reso visibile agli occhi di tutti. Basta leggere quello che si scrive o non … si scrive sul tipo di tematica affrintata. Il “cuor di leone” è vivo sulle tematiche lontane da noi, dove il riferimento e la persona sono lontane e quindi mai e poi mai saprà quello che abbiamo detto: allora libero sfogo alle invettive. Si è anche disposti a scendere in piazza e manifestare.
Ma perchè questa veemenza, questo impegno, questa solidarietà scema appena dobbiamo rivendicare i nostri diritti a livello locale ? La risposta la troviamo facilmente, basta leggere i commenti sui post pubblicati sui social, da “privati”, da “pagine” o da testate giornalistiche. Su taluni argomenti i commenti non mancano, su quelli caldi e locali invece nessun commento, per non dire poi che spesso molte notizie non vengono neanche pubblicate, meglio evitare.
Sarei ripetitivo se ripetessi i soliti “pari mali”, “un si sapi mai, “amara u bisugnu”, “cu avi amici è francu di guai”, etc. etc.. E pensare che le tematiche in città per scendere in piazza e protestare non mancano di certo.
L’elenco sarebbe lungo: i disagi in Ospedale, le continue interruzione della distribuzione idrica, lo stato degli impianti sportivi, delle strade, delle ville, dell’aver pagato 10 Milioni per il debito ATO, ed aspettare ancora che il sindaco, come da lui promesso a dicembre 2021, l’arcinota relazione alla città. Per non parlare poi, notizie di questi giorni, del continuo e costante rafforzamento su tutti i fronti di Enna, che la renderanno sempre più “appetibile” a discapito di Caltanissetta, servizi ospedalieri, universitari, per citare le più emblematiche, e tutti noi, politica compresa, stiamo a guardare.
Se solo si avesse il coraggio di manifestare, il centro storico tornerebbe ad essere affollato giornalmente e probabilmente qualcosa si otterrebbe. Una cosa è certa, torneremo a lamentarci dei disagi ospedalieri appena qualche cittadino avrà il coraggio di denunciare singole esperienze, per poi tacere quando qualcuno ci dirà che va “tutto bene”. Torneremo a lamentarci dell’acqua appena mancherà, per poi tacere appena sgorga dai rubinetti.
Torneremo a lamentarci della piscina, per poi tacere appena qualcuno ci dirà che verrà riaperta “il prima possibile”. Torneremo a lamentarci della desertificazione del centro e dell’Università, per poi tacere appena qualcuno ci illustrerà mega progetti. Torneremo a lamentarci di ville, delle strade per poi tacere quando qualcuno ci dirà che a breve verrà tutto risolto.
Torneremo a lamentarci ma torneremo a tacere…ed intanto poco o nulla cambierà, sperando che non debba cambiare in… peggio.
Purtroppo di questi problemi ne parla solo chi li prova o li ha provati sulla propria pelle, ma il grido e la voglia di combattere si affievolisce dietro il vuoto ed il velo di “omertà” che gli si crea attorno.
A tutti gli “indifferenti” consiglio questa breve lettura di Antonio Gramsci: che condivido in toto: “Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. L’indifferenza è il peso morto della storia. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. È la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che strozza l’intelligenza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia promulgare le leggi che solo la rivolta potrà abrogare, lascia salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. Tra l’assenteismo e l’indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa; e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia altro che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo?
Odio gli indifferenti anche per questo: perché mi dà fastidio il loro piagnisteo da eterni innocenti. Chiedo conto a ognuno di loro del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime.
Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti”.
Nessuno chiede ai cittadini di essere dei veri e propri partigiani, nel senso più puro della parola, ma almeno avere il coraggio di lottare per far valere i propri diritti, senza il timore di dispiacere qualcuno. Ciò è innanzitutto rispetto per se stessi, per i propri figli e familiari, per la società in cui viviamo: la società siamo ‘noi’.
Ad Maiora”