”Siamo qui… a quota 70. Al 70esimo piano ‘spericolato”’. Lo scrive VASCO Rossi nel giorno del suo compleanno su Instagram, dove ha postato un’animazione in cui è protagonista nonché cronista della sua stessa ormai lunga carriera. Sulle note di ‘Vita spericolata’, si vede il rocker che chiama un ascensore che si apre sulle tappe professionali più salienti: al 14esimo piano appare un VASCO adolescente mentre suona una chitarra, al 23esimo corrisponde l’età della fondazione di Punto Radio, al 30esimo lo troviamo a Sanremo, poi il 41, 52, e 64esimo piano lo ritraggono ai grandi concerti negli stadi, fino al 70esimo, quando dall’ascensore spunta una torta con la scritta ‘VASCO. Siamo qui’ sovrastata da due candeline con il numero 70.
Oggi, Vasco Rossi (nato il 7 febbraio del 1952) compie 70 anni. Il rocker di Zocca che ha segnato gli ultimi 40 anni della musica italiana arriva a questo importante giro di boa in un affollarsi di ricorrenze: il 29 gennaio ha celebrato i 40 anni dalla sua prima apparizione al Festival di Sanremo, con “Vado al massimo”, mentre sono passati 45 anni dal suo esordio discografico, “Jenny”, poi diventata “Jenny è pazza” e “Silvia”, pubblicate su un 45 giri prodotto da un editore che fino ad allora aveva curato produzione e distribuzione solo di liscio.
Vasco raggiunge i 70 anni ma la sua anima rock non è per nulla invecchiata. Come lo ha dimostrato il suo ultimo album, “Siamo qui”. E intanto continua a essere un modello per le nuove generazioni. Basti pensare che Rkomi, emergente il cui album “Taxi Driver” è stato il più venduto nel 2021, al Festival di Sanremo nella serata delle cover ha proposto un medley composto da tre vecchi classici di Vasco, mentre altri della scena indie, a partire da Gazzelle, hanno incorporato nella propria musica molto della lezione del Komandante.
Vasco Rossi è stato e continua a essere un fenomeno unico nella storia della musica italiana, non solo per le proporzioni del suo successo che da anni sono senza paragoni nel nostro Paese. Ma lo è anche per quella totale immedesimazione del pubblico con le storie delle sue canzoni: basta vedere i suoi concerti per capire come il culto del Komandante si tramandi da una generazione all’altra, in un passaggio di conoscenze che a un pubblico fa pensare a un popolo che gli consegna da anni le chiavi della sua emotività. Vasco lo ha sempre raccontato: musicalmente è un cantautore, come dimostra la struttura di molte delle sue canzoni più belle che rispettano la regola secondo cui un brano, quando è bello, funziona bene anche solo chitarra acustica e voce.
La differenza è che lui ha saputo combinare questo tipo di ispirazione con una componente rock, che negli anni è addirittura andata indurendosi, sfiorando e spesso aderendo a sonorità heavy.
Uomo di letture sofisticate, con un bagaglio intellettuale di alto livello pari alla sua curiosità, Vasco è stato in grado di coniugare la sua preparazione con un’innata sensibilità che gli ha permesso di scrivere per 40 anni testi che lo hanno sempre messo in sintonia con il pubblico, che nelle storie che racconta si identifica in maniera totale.
Storie spesso scomode e a volte avanti rispetto ai tempi, come nel caso di “Jenny”, una canzone che parlava di depressione quando erano ancora i tempi del Male Oscuro, quando ancora chi ne soffriva non veniva considerato un malato ma un pazzo. Una capacità di cogliere gli umori della società e di raccontarne anche le pieghe più oscure che non è mai venuta meno con il tempo. E che lo rende ancora oggi un modello per le nuove generazioni.