Dovrà riporre gli scatoloni Sergio Mattarella. Il suo trasloco nel nuovo appartamento preso in affitto ai Parioli sarà rinviato. Il presidente uscente, come il suo predecessore Napolitano, è stato rieletto apprestandosi ad affrontare un nuovo Settennato. Un voto che conferma l’apprezzamento del Parlamento, stima del mondo politico che fa il paio con l’appeal che esercita da sempre sulla maggioranza degli italiani. Palermitano, cattolico, convinto europeista, appassionato di calcio e innamorato della Costituzione, votato ai valori dell’antifascismo e della lotta alle mafie, arbitro integerrimo e inflessibile. Sempre compìto, flemmatico, prudente e misurato, serio sì ma con quel sorriso bonario, da saggio nonno di una nazione che ha sempre ascoltato i suoi richiami con attenzione e che ha mostrato rispetto, riponendo in lui massima fiducia. Capo di Stato mai fuori dalle righe. In sette anni mai uno scivolone, un incidente diplomatico, un’invasione di campo. Sergio Mattarella ha ricoperto il suo ruolo con dedizione e alto senso dello Stato.
sservatore super partes ma non per questo indifferente; non ha mai temuto di prendere posizione, non si è risparmiato nel biasimare atteggiamenti poco consoni alla Costituzione, censurandone gli attacchi a difesa del suo ruolo istituzionale. A dirla con il sommo poeta, è stato nocchiere di un’Italia divenuta nave alla deriva nel pieno della tempesta pandemica. Da collante di un Paese impaurito nei primi mesi in cui il Covid è comparso, a principale sponsor della campagna vaccinale, disapprovando pubblicamente le posizioni no vax. Ha dato coraggio nel peggiore tra i momenti vissuti dal Paese dopo la Seconda guerra mondiale, ha iniettato fiducia e speranza. Eletto al quarto scrutinio il 31 gennaio del 2015 con 663 voti, primo siciliano al Colle, Sergio Mattarella si presentò al Parlamento il 3 febbraio. Un discorso interrotto ben 42 volte dagli applausi. La sua prima visita, lo stesso giorno dell’insediamento, alle Fosse Ardeatine; fu in quell’occasione che pronunciò il primo di una lunga serie di moniti contro i rigurgiti del passato: “L’Europa deve essere unita per sconfiggere chiunque voglia trascinarci in una era di terrore”. Il suo è un curriculum di altissimo profilo. Figlio di Bernardo Mattarella, politico democristiano di lungo corso, è stato il primo ad accorrere sul luogo dell’assassinio del fratello Piersanti, il presidente della Regione Siciliana ucciso per il suo impegno antimafia nel giorno dell’Epifania a Palermo. Mattarella da quel momento ha intensificato il suo impegno politico alternandolo alla sua attività accademica.
Laureato in Giurisprudenza nel 1964 all’Università “La Sapienza” di Roma con il massimo dei voti e la lode, discutendo una tesi su “La funzione di indirizzo politico”, è stato iscritto nell’albo degli avvocati del Foro di Palermo dal 1967. Ha insegnato diritto parlamentare presso la Facoltà di giurisprudenza dell’Università di Palermo fino al 1983, anno in cui è stato collocato in aspettativa perché entrato a far parte della Camera dei Deputati. Dc della corrente morotea per tradizione familiare, è stato tra i fondatori del Partito Popolare nel 1994, tra i fautori dell’Ulivo nel ’95 e infine tra i firmatari del manifesto fondativo del Pd nel 2007. Ha ricoperto il ruolo di ministro per i Rapporti con il Parlamento nel governo De Mita, ha guidato il dicastero della Pubblica istruzione con Andreotti, retto quello della Difesa con D’Alema e Amato. Lasciato il Parlamento, nel 2011 è stato eletto giudice della Corte Costituzionale. Nei suoi sette anni al Quirinale ha convissuto con cinque governi e quattro presidenti del Consiglio. Eletto quando l’inquilino a Chigi era Matteo Renzi, ha dovuto gestire la crisi dell’attuale segretario di Italia Viva all’indomani del Referendum sulla riforma costituzionale, conferendo nel dicembre del 2016 l’incarico per formare un nuovo esecutivo a Paolo Gentiloni. Nel 2018 le elezioni per il rinnovo del Parlamento e la nascita, un po’ tribolata, dell’alleanza giallo-verde. E’ in questa occasione che Sergio Mattarella esercita il suo ruolo con piena autonomia, assumendo una posizione pro-europeista bocciando, nell’elenco dei nomi consegnato da Giuseppe Conte, l’avvocato e docente in predicato di diventare premier, il nome di Paolo Savona indicato al Ministero dell’Economia.
Ne nasce uno scontro, con Luigi Di Maio che azzarda l’ipotesi di mettere in stato d’accusa il presidente della Repubblica, agitando lo spettro dell’impeachment. Uno strappo che si ricompone qualche giorno dopo, con il riposizionamento nella casella degli Affari europei di Savona. L’alleanza giallo-verde durerà poco più di un anno, è l’estate del 2019, l’estate del Papete. La rottura tra Lega e Cinque stelle appare insanabile, Mattarella riaffida a Conte la formazione di un nuovo esecutivo dai colori differenti e che apre a sinistra, a Pd e Leu. Il 2020 sarà l’anno più difficile del Settennato. L’anno della comparsa del Covid, degli ospedali presi d’assalto, delle bare di Bergamo, dell’intera Italia chiusa a casa, reclusa in un lockdown che impaurisce e disorienta. Mattarella cercherà di fare da cerniera, da collante, di tenere il Paese unito, di alimentare quella fiammella di speranza necessaria per guardare con ottimismo al futuro. Testimonial della campagna vaccinale, si fa fotografare in fila in attesa della sua prima dose. Intanto una nuova crisi politica si riaffaccia. Il Conte II oramai privo dei voti dei renziani viene archiviato. Mattarella chiama Mario Draghi, affidandogli, nel febbraio dell’anno scorso, la guida del Paese.
Negli ultimi mesi, con l’apertura del toto-Quirinale, l’ipotesi di un Mattarella bis è stata più volte caldeggiata, ma è stato lo stesso capo di Stato a chiudere la porta, quasi a sprangarla. Chiarissimo sul suo futuro lontano dal Colle, non ha mai aperto a seppur labili e ambigue concessioni verso un prolungamento del suo mandato, granitico sulla volontà di abbandonare il campo, lasciando poco margine ad interpretazioni. Ma la politica non ha trovato un’intesa su un sostituto, e per Mattarella si è aperta la strada al secondo mandato.