politica

Quirinale, da oggi “bastano” 505 voti

Scatterà questa mattina alle 11 la quarta votazione per l’elezione del presidente della Repubblica in una giornata dalla quale probabilmente sortirà il nome definitivo del nuovo inquilino del Quirinale. Da oggi basterà la maggioranza assoluta per eleggere il capo dello Stato, pari a 505 grandi elettori. Intanto ieri si è registrata una nuova fumata nera: 412 le schede bianche, ma 125 voti per Sergio Mattarella. Guido Crosetto, proposto da Fratelli d’Italia, ha raccolto 114 voti, Paolo Maddalena 61, Pierferdinando Casini 52. Voti dispersi 84, schede nulle 22. Maria Elisabetta Alberti Casellati. Pierferdinando Casini. Mario Draghi.

Sono, in rigoroso ordine alfabetico, i tre nomi che vanno per la maggiore nella triangolazione tra Camera dei Deputati (dove si svolgono gli scrutini per l’elezione del presidente della Repubblica ma soprattutto gli incontri incrociati tra leader di partito e di coalizioni), Palazzo Chigi da dove il premier osserva l’evolversi della situazione, e il Quirinale, attualmente sfitto e in attesa di conoscere il proprio nuovo inquilino. C’è poi un quarto nome, una sorta di convitato di pietra, ed è quello di Sergio Mattarella, il presidente uscente.

Tutto è variabile da un momento all’altro, soprattutto in attesa del ‘conclave’ chiesto dal segretario del Pd Enrico Letta, ma in questo momento sembra essere questa la vera rosa dalla quale potrebbe uscire il nuovo Capo dello Stato, dopo che quella presentata dal centrodestra (Pera-Moratti-Nordio) è stata ben presto bocciata dal centrosinistra, tanto che nessuno dei tre è stato votato ieri nemmeno da chi li aveva indicati. 

Il nome di Maria Elisabetta Casellati, eliminato all’ultimo momento dalla rosa già bruciata, è uno di quelli più spesi dal centrodestra. Ha già una figura istituzionale, in quanto seconda carica dello Stato, per giunta è stata eletta a Palazzo Madama anche con i voti di una parte dell’attuale “fronte progressista” come lo ha chiamato ieri Giuseppe Conte, e cioè proprio del Movimento 5 Stelle all’alba di questa legislatura. Pierferdinando Casini è da giorni uno dei nomi più gettonati per il Colle: ha esperienza indubitabile, non è particolarmente divisivo avendo navigato sia nelle acque del centrodestra che in quelle del centrosinistra.

Il coordinatore di Forza Italia Antonio Tajani ha specificato che “non è un profilo di centrodestra” ma paradossalmente è proprio questo che potrebbe avvantaggiarlo: è la soluzione a cui ricorrere per evitare la soluzione – fin qui – osteggiata da tutti, “di parte”. Non solo come presidente della Repubblica: un nome, quello di Casini, così potrebbe essere speso anche come presidente del Consiglio, se alla fine i partiti decidessero di liberare Mario Draghi e lasciarlo andare al Quirinale senza troppi scossoni per il governo.

La corsa di Mario Draghi al momento sembra infatti bloccata dal veto quasi unanime dei partiti: prima il centrodestra, ieri anche il Movimento 5 Stelle con Giuseppe Conte, lo hanno riempito di elogi ma lo vogliono ancora a Palazzo Chigi, a completare il lavoro “di timoniere” iniziato un anno fa. Sarebbe necessario lo sbloccarsi di una difficile trattativa su un nuovo governo, che eviti il ricorso alle urne anticipate che nessuno vuole se non Fratelli d’Italia.

Il deus ex machina, a questo punto, sarebbe Mattarella: il presidente uscente da Palermo alle prese con il trasloco, ha fatto capire più volte di essere indisponibile a un bis per il suo modo di intendere il dettato costituzionale, ma nonostante tutto le preferenze raccolte si moltiplicano in misura esponenziale scrutinio dopo scrutinio: 16 lunedì, 39 martedì, una consistente maggioranza ieri. Una prorogatio, anche a termine come fu per il suo predecessore Giorgio Napolitano, preserverebbe lo status quo, dando magari a Draghi la possibilità di portare a termine la legislatura e rimandare il discorso sul Colle.

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