Salute

Covid tra contagi, DAD e isolamento. I paradossi di un protocollo che sembra avere poca logica

Redazione 2

Covid tra contagi, DAD e isolamento. I paradossi di un protocollo che sembra avere poca logica

Ven, 17/12/2021 - 12:28

Condividi su:

Riceviamo e pubblichiamo la lettera di una madre di Caltanissetta che cerca di comprendere il protocollo varato per prevenire e contenere il contagio da Sars Cov-2 che però, di fatto, in alcuni criteri presenta scarsa (o poco chiara) logica.

Le regole in caso di contatto con positivi sono ben descritte nei protocolli che, in caso di contatto con positivo, vengono comunicate telefonicamente dall’Asp ai soggetti interessati o, in caso di minori, ai loro genitori o tutori legali.

Tutto parte dal luogo di contagio. Una persona, infatti, potrebbe essere meno pericolosa in luoghi nei quali si deve mantenere un maggiore controllo e più pericolosa in altri. Un presupposto che, mettendo a paragone due situazioni sembra non essere così lineare e chiaro.

A seguire il caso sottoposto da una nostra lettrice:

Ho due figli che hanno avuto, in differenti occasioni, contatti con soggetti positivi – ha esordito la madre -. Uno di loro all’interno della scuola che frequenta con regolarità ogni giorno dal lunedì al venerdì; l’altro durante una attività extra scolastica che conduce soltanto due volte a settimana per una sola ora a incontro.

La logica indurrebbe a pensare un rischio di contagio sia più elevato nei soggetti che si trovano a scuola poiché, pur garantendo la distanza fisica e l’utilizzo dei dispositivi di sicurezza quali la mascherina, il tempo di permanenza è di almeno 5 ore al giorno per 5 giorni a settimana. Va sottolineato inoltre che – sempre in base al protocollo nazionale – la merenda durante la ricreazione viene consumata senza mascherine e l’attività fisica in palestra si svolge, anche in questo caso, a viso libero.

Mi chiedo allora perché il protocollo nazionale preveda che, in caso di contagio, a scuola sia sufficiente eseguire all’ASP un tampone rapido che, se negativo e assenza di sintomi, consenta di rientrare immediatamente in aula (se il numero dei positivi complessivi tra gli alunni della classe è inferiore a 3). Tampone da dover ripetere dopo 5 giorni per garantire un’assoluta sicurezza. Durante questo arco di tempo è prevista solo una sorveglianza per assicurarsi che non ci siano ulteriori sintomi ma, in teoria, lo studente è libero di poter frequentare chi desidera sempre nel rispetto delle misure di sicurezza imposte a livello locale e nazionale per contenere la pandemia.

Nel caso di contagio in contesto extrascolastico invece il rischio aumenta e il soggetto “involontariamente coinvolto” viene collocato in isolamento per 10 giorni richiedendo un tampone molecolare subito dopo il contatto e al termine del periodo indicato.

Rimanendo convinta che la scuola sia un luogo sicuro nel quale è estremamente difficile che si verifichi un contagio mi chiedo perché i miei figli debbano seguire protocolli differenti pur avendo avuto in entrambi i casi un contatto con un positivo e, in aggiunta, perché il figlio che ha avuto una frequentazione più costante, prolungata nelle ore di permanenza e nei giorni, sia da considerare “meno pericoloso” rispetto all’altro.

Se poi vogliamo inserire un paradosso nel paradosso – ha concluso la donna con reale perplessità e senza voler sollevare polemiche – ci si chiede perché un positivo possa essere più contagioso per le persone che incontra all’esterno della scuola, magari in luoghi di sport o di cultura nei quali molto spesso c’è un rigoroso e vigile controllo da parte dei presidenti delle associazioni sportive, e risultare “meno contagioso” con altri con i quali condivide i bagni o utilizza la stessa maniglia della porta. Purtroppo, soprattutto quando si tratta di minorenni, non sempre si ha la certezza che vengono rispettate tutte le misure di sicurezza e igienizzazione costante delle mani nonostante ci sia un vigile e costante controllo da parte degli adulti.

Potrei essere io a non capire il sistema e il suo ingranaggio. Il mio problema, però, è generalizzato e diffuso e molti genitori si trovano a non sapere come dover agire. Non sarebbe più logico e sicuro per contenere i contagi per l’intera società adottare la stessa procedura e mantenere per tutti un’unica “bolla” di protezione?