CALTANISSETTA – “Nel corso dell’interrogatorio al carcere di Pianosa, Scarantino parlava velocemente, era agitato. Nessuno gli dava suggerito anche perche’, per mia prassi deontologica, non avrei firmato il verbale”. Lo ha affermato l’avvocato Luigi Li Gotti che nel giugno del 1994 venne nominato legale del falso pentito, chiamato oggi a deporre nell’ambito del processo sul depistaggio delle indagini successive alla strage di via d’Amelio che si celebra in Tribunale a Caltanissetta nei confronti di tre poliziotti accusati di calunnia aggravata.
“Durante una pausa – ha aggiunto il teste – mi disse che gli erano stati promessi 400 milioni delle vecchie lire e che sarebbe stato portato in una localita’ protetta. Gli dissi che erano frottole perche’ dallo Stato poteva avere cio’ che era previsto dalla legge. In un successivo momento, Scarantino in aula disse: l’unica persona che mi aveva detto la verita’ era l’avvocato Li Gotti”.
A Pianosa, nel primo interrogatorio di Vincenzo Scarantino, “c’era anche Tinebra e fu lui a sollevare il problema di come evitare, anche con i suoi precedenti difensori, il rischio che si sapesse della sua collaborazione. Partecipai al primo interrogatorio che si svolse a Pianosa e ad agosto andai a Iesolo per un altro interrogatorio. autunno del 1994, dopo aver avuto problemi cardiaci, rinunciai alla difesa di Scarantino. Penso che la mia nomina fosse una conseguenza della mia non preclusione ad assistere collaboratori di giustizia in un periodo cui non era vista di buon grado anche nell’ambiente forense. C’era un clima di perplessita’ sulle dichiarazioni di Scarantino, era un fatto reale”.