Una recente mattina, il figlio quattordicenne di una coppia di amici, da poco dotato di proprio mezzo di locomozione, è salito al Redentore, e lì volgendo il proprio sguardo verso la Collina di S.Anna, ammirando l’Antenna, ha proferito al padre: ”Papa’, ma perché non ci fanno un museo”.
Resistendo ormai facilmente alla tentazione dietrologica, ed ancor più facilmente, alla medesima ancor più improduttiva di addentrarsi nel pernicioso quanto sterile contenzioso giurisdizionale, scenario in cui lungimiranti stakeolders hanno mutato l’opportunità di dotare la città di un museo della radio comunicazione e di un parco naturalistico, ho traguardato l’Antenna da diversi punti di osservazione, ricavandone pregnanti sensazioni.
Osservata da Contrada Grottarossa, è l’unico punto più alto rispetto alla quota della Città di Enna, ormai da tempo de facto più in alto di Caltanissetta, non solo orograficamente.
Osservata dal Cimitero degli Angeli, insieme al Castello di Pietrarossa, costituisce semioticamente un sistema di baluardi a protezione di una città, posta ormai diuturnamente sotto attacco dall’indifferenza.
Osservata in una panoramica della Città, nave immaginaria, ormai da tempo in tempesta, è l’icona dell’albero maestro cui è vincolata la vela principale. Albero maestro che per mezzo di un ideale vento di rinnovamento, potrebbe condurre la malconcia imbarcazione in acque più tranquille e pescose. Albero maestro che nell’attuale scenario potrebbe essere “spezzato” lasciando la nave alla deriva.
Senza cadere nella seduzione della metafora, un figlio di Caltanissetta quattordicenne ha dimostrato di avere più intuizione degli adulti.
Un figlio di Caltanissetta che potrebbe, come molti, abbandonarla, se questa comunità, come purtroppo appare, risulterà priva della resilienza necessaria a risorgere.
Resilienza ormai oggetto di tanto altisonanti quanto, nel nostro contesto teorici acronimi di blasonati strumenti finanziari comunitari, la cui tragica mancanza di progettualità rischia di rinviare al mittente.
Chi può faccia, quindi, impedendo, non con sterile contraddittorio, ma con feconda proposta, l’ennesima “ablazione” alla città di Caltanissetta.
L’Antenna e il suo parco divengano iconografia della resilienza e non della resa.