“Uno dei modi in cui Dio ci parla e interpella la nostra coscienza si e’ consumato proprio in questi giorni sul mare di Lampedusa, l’ennesima tragedia di un ‘Mare Nostrum’ che ormai di nostro sembra avere ben poco. Stavolta e’ toccato a 7 donne, una delle quali nel suo grembo, diventato tomba, portava una vita che non vedra’ mai la luce di questo mondo, ma che e’ gia’ nella luce di Dio”. Lo ha detto, durante l’omelia della messa in onore di San Calogero (il santo ‘nero’ ndr), compatrono di Agrigento, l’arcivescovo Alessandro Damiano.
“E’ toccato a 7 donne – ha aggiunto il presule – identificate solo da una lettera e da una data di morte, le cui salme sono approdate a Porto Empedocle. Donne che troveranno riposo al cimitero di Palma, ma non sappiamo chi sono. Non potranno essere piante da parenti e amici, ma che hanno il nome di tutte le donne che muoiono nelle tragedie delle migrazioni o nelle tragedie domestiche”.
“Quale posizione intendiamo assumere davanti a questa tragedia e dinanzi a quelle che, ogni giorno, si consumano dinanzi ai nostri occhi? – ha chiesto l’arcivescovo di Agrigento in piazza Stazione che e’ stata trasformata in un santuario a cielo aperto – . Continueremo a rammaricarci perche’, quest’anno, non possiamo festeggiare San Calogero? Oppure cominceremo a seguire la via che lui, San Calogero, ha tracciato e che non possiamo ignorare, ostinandoci a guardare dall’altra parte? Forse avevamo bisogno di una festa a meta’ – ha concluso, riferendosi al fatto che i festeggiamenti, per effetto della pandemia, sono ridimensionati – per ricordarci che, come il nostro santo, non possiamo rivolgere i nostri occhi al Signore se non siamo disposti a rivolgerli, rischiarati dalla sua luce, al nostro territorio e ai suoi drammi”.