“Sicuramente e’ stata mafia. E questo lo dicono anche le sentenze. Le stesse pero’ non escludono che vi sia stato un possibile coinvolgimento esterno. Alcuni collaboratori di giustizia hanno riportato alcune affermazioni di Riina che lasciano pensare quanto meno a una conoscenza da parte di soggetti ‘altri’.
Le indagini fatte dai colleghi di Caltanissetta in questi anni si sono mosse in piu’ direzioni. Peraltro la mafia uccide raramente solo per vendetta”. Menti esterne a Cosa nostra dietro la strage di via D’Amelio di cui domani ricorre il 29esimo anniversario: ne parla il procuratore di Palermo Francesco Lo Voi in una lunga intervista a La Repubblica. Dai ricordi personali del giudice Paolo Borsellino, all’attentato in cui perse la vita insieme agli agenti della scorta, allo stato della lotta a Cosa nostra: Lo Voi traccia un affresco degli anni tragici delle stragi, dell’isolamento del magistrato fino ad arrivare ai nostri giorni. “Tutti i piu’ grandi capi storici sono stati arrestati, condannati e alcuni sono anche deceduti.
Alcuni boss sono stati scarcerati avendo espiato le loro pene. La qualita’ delle indagini si e’ indubbiamente affinata. Registriamo tuttavia una presenza ancora capillare di Cosa nostra sul territorio. Insomma, c’e’ ancora da lottare. Il percorso e’ lungo. E non ci stanchiamo mai di dirlo: non puo’ essere delegato solo alla magistratura e alle forze dell’ordine. Se posso esprimere un auspicio, vorrei che quella reazione sociale alla quale assistemmo subito dopo le stragi fosse ancora viva o quanto meno che venisse ridestata.
Possibilmente senza altre stragi o altre vittime eccellenti”, dice il magistrato. E sui rapporti mafia e politica: “Non c’e’ dubbio – spiega Lo Voi – che i singoli politici oggi siano molto piu’ attenti di prima alle persone con cui hanno a che fare. E poi sono finiti i grandi finanziamenti pubblici del secolo scorso che facevano gola alle cosche. I mafiosi oggi sono interessati ad avere un buon rapporto di mediazione con gli amministratori: piu’ utile avere a che fare con un funzionario pubblico anche di basso livello piuttosto che con il politico di peso. Preferiscono trattare con chi gestisce l’appalto per la manutenzione delle scuole o per la raccolta dei rifiuti o per le mense scolastiche, per essere chiari.
E qui si creano forme di connessione, di interazione, la mafia diventa corruzione. Non c’e’ la caccia al grande politico, ecco”. Infine l’allarme per le infiltrazioni delle mafie in vista delle ingenti risorse che arriveranno anche in Sicilia con il Recovery. “Un rischio fondato” , dice Lo Voi. Ma gli strumenti per reagire ci sono “Abbiamo banche dati formidabili, delle quali ci avvaliamo per le nostre indagini. Tutto e’ perfettibile, ma il quadro normativo in termini di controllo, anche preventivo, esiste. Il problema e’ avere le risorse sufficienti per prevenire le infiltrazioni e svolgere le indagini necessarie”, conclude.