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“Con cuore semplice e pieno di amore accogliente”. Consacrato Mons. La Placa Vescovo di Ragusa

Redazione

“Con cuore semplice e pieno di amore accogliente”. Consacrato Mons. La Placa Vescovo di Ragusa

Sab, 17/07/2021 - 10:12

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Due uomini di Dio ai piedi dell’altare della cattedrale di Ragusa a testimoniare l’autenticità e la forza di una genealogia episcopale che li lega per sempre, intrecciata strettamente con la storia di due comunità che da oltre un secolo condividono pastori e spiritualità di una Chiesa di popolo. Due Vescovi: Mons. Mario Russotto, a presiedere la celebrazione in cui veniva consacrato il Vescovo della sua Diocesi Mons. Giuseppe La Placa, suo Vicario generale a Caltanissetta dal 2009.
Immenso nella sua commozione il Vescovo Mario, emozionato fino alle lacrime mentre scandiva le regole dell’amore che sono la missione sponsale di un Vescovo verso la sua Chiesa: “Ama questa Chiesa, ti merita e tu la meriti. Ama questi sacerdoti, sono santi più di quanto essi pensino, ama i giovani, risveglia le vocazioni”.
Ha lasciato parlare la sua anima più profonda, lo spazio che custodisce il mistero del proprio essere pastore, e l’omelia si è dipanata come un doppio dialogo: con Don Pino, che consacrava nel ministero e che consegnava alla sua nuova Chiesa-sposa, e con se stesso, in quel martirio di solitudine del discernimento di chi governa una comunità e ne porta la responsabilità innanzitutto davanti a Dio: “Vivi il martirio del tuo ministero sapendo che un Vescovo è sempre solo, in quella solitudine del cuore che davanti a Dio si fa discernimento. Sei solo nelle decisioni che devi prendere, sei solo nel tuo cuore”.


Una trama di legami, “intrecci misteriosi della grazia di Dio” unisce da oltre un secolo le due Diocesi di Caltanissetta e Ragusa, centrati sulla figura del Venerabile Mons. Giovanni Jacono, ragusano, che proprio un secolo fa, nel 1921, diventava Vescovo di Caltanissetta, dove sarebbe rimasto fino al 1956 e dove nel 1948 avrebbe ordinato sacerdote Mons. Angelo Rizzo, dal 1974 al 2002 Vescovo di Ragusa.
Da Ragusa nel 2003 per volontà di S. Giovanni Paolo II il dono del Vescovo Mario alla Diocesi nissena ed oggi, “cento anni dopo quella piccola Chiesa di Caltanissetta-ha continuato Mons. Russotto-restituisce il dono: un figlio di quella Chiesa viene consegnato a questa giovane, bellissima, straordinaria Chiesa di Ragusa. Questa Diocesi giovane, la più giovane delle Chiese di Sicilia, è una Diocesi del Concilio Vaticano II, è una Diocesi di santi: santi sacerdoti, santi laici, sante religiose. Questa Chiesa si regge su donne sante: la Beata Madre Maria Schininà e la Beata Madre Candida dell’Eucarestia. Questa Diocesi deve imparare da queste due donne e Tu Vescovo devi andare alla scuola di queste due donne”.
Ricostruendo il percorso di formazione spirituale incarnato nelle tante figure di santità della Chiesa ragusana, il Vescovo Mario ha disegnato anche la mappa spirituale della sua anima di pastore, nutrita dall’esempio e dalla testimonianza di queste icone di santità nel ministero, e ha concluso con le parole di Mons. Pennisi, Vescovo fondatore della Diocesi ragusana, l’indirizzo di augurio al nuovo Vescovo, a lui tanto caro: “Caro figlio, auguro a te, con tutto il cuore: o santi o niente! Il resto sono chiacchiere”.


Semplici e forti di una spiritualità pastorale robusta le prime parole del nuovo Vescovo nel suo saluto al termine della celebrazione: “Il Signore mi conceda di essere in mezzo a voi un pastore con il cuore di Cristo per vegliare sul popolo di Dio oggi affidatomi, prendendomi cura di esso con cuore semplice e pieno di amore accogliente, soprattutto dei più poveri, dei più fragili, dei più bisognosi di conforto e di aiuto, di quelli che Papa Francesco ha definito i «i tanti, troppi crocifissi di oggi». La croce di Cristo che porterò al petto, mi ricorderà sempre che essi dovranno avere un posto privilegiato nella mia mente e nel mio cuore”.
La linea pastorale di Mons. La Placa può essere sintetizzata da questo passaggio del suo ringraziamento, dopo una cerimonia particolarmente solenne e partecipata, preceduta da un incontro nella chiesa della Badia con le autorità civili e concelebrata da tutti i Vescovi della Sicilia convenuti a Ragusa, tra i quali Mons. Francesco Lomanto, dallo scorso ottobre Arcivescovo di Siracusa, compagno di studi e di ordinazione sacerdotale di Mons. La Placa.
Umiltà autentica ed entusiasmo appassionato del suo ministero nelle parole di Mons. La Placa: “Niente di tutto ciò che ho ricevuto e sto vivendo questa sera è merito mio, ma puro dono di Dio. Sono perfettamente consapevole dell’incolmabile dislivello tra la grandezza del dono ricevuto e la povertà della mia umanità; tuttavia mi dà conforto e forza sapere che il Signore, Pastore buono e bello delle nostre anime, continuerà ad assumere questa mia povera umanità e servirsi di essa per manifestare la potenza del suo amore”.
Il suo “Grazie di cuore”, più volte ripetuto, è stato l’espressione di una empatia che si presenta come la cifra distintiva del nuovo Vescovo nei confronti di tutto il popolo che gli è stato affidato e che lo ha accolto sul sagrato della cattedrale con caloroso entusiasmo: non semplice cordialità, ma volontà di condividere le difficoltà dell’esistenza nel segno del coraggio della speranza: “Se la croce è oggetto di esperienza, la risurrezione è oggetto di speranza. E come Maria fu presso il Figlio crocifisso, così la Chiesa è chiamata a stare presso i crocifissi del nostro tempo: i poveri, i sofferenti, gli umiliati e gli offesi. Starci con speranza. Non basta compatire le loro pene o anche cercare di alleviarle. Questo possono farlo tutti, anche chi non conosce la risurrezione. La Chiesa è chiamata a dare speranza, a «dare ragione della speranza che è in lei». È questa la missione che il Signore ci affida. Per questo lo Spirito mi ha consacrato con l’unzione: per annunziare ai poveri, ai crocifissi del nostro tempo, il lieto messaggio della risurrezione. Cristo non gira attorno alle ferite, alle separazioni, alla sofferenza, alla morte; vi entra dentro, le assume e vi immette il germe della risurrezione. Lì, dentro quelle ferite, è il posto della Chiesa, lì è il nostro posto, poiché è soltanto lì che si può intravedere la luce della risurrezione e, con essa, la speranza. Annunciare, celebrare, servire il Vangelo della speranza. È questo il compito del Vescovo e della Chiesa, soprattutto in un tempo, come il nostro, in cui la speranza sembra appannarsi o addirittura spegnersi, anche in non pochi cristiani”.
Il richiamo all’impegno per la comunità era stato il filo conduttore anche del saluto iniziale alle autorità: “In questo pianeta, in cui “tutto è connesso” e dove “nessuno si salva da solo”, abbiamo il compito e la responsabilità di costruire ogni giorno, faticosamente ma instancabilmente, una comunità libera, capace di garantire a tutti i diritti, naturali e costituzionali, che conferiscono alla persona quella dignità che la rende sacra e che chi serve nelle istituzioni, deve promuovere in ogni ambito, a cominciare dal lavoro – che sia legale, onesto, libero dallo sfruttamento e dalla speculazione – come anche nei servizi essenziali, sanitari, educativi, sociali, e nelle infrastrutture, materiali e digitali, che elevano e nobilitano la qualità della cittadinanza e della vita dei singoli e delle famiglie. Desidero sognare con voi un comune e costruttivo percorso per diventare insieme a tutti i cittadini protagonisti di un “nuovo umanesimo” radicato in Cristo.
La Chiesa di Ragusa, che da oggi avrò la grazia e l’onore di guidare-ha proseguito Mons. La Placa-sarà sempre con voi tra la gente, senza distinzioni, senza discriminazioni, prendendo per mano ad uno ad uno chi è in difficoltà, chi vive in solitudine, chi ha perso la speranza, chi soffre per la malattia o per la povertà, offrendo tutto quello che abbiamo, tutto quello che possiamo, per dare dignità ad un popolo che merita, da parte di chi lo rappresenta e lo guida, il sacrificio totale e disinteressato del proprio impegno.
Dialogheremo sempre, con tutti e su ogni cosa, impegnati ad offrire con umiltà ma con determinazione, i semi della spiritualità cristiana, per generare nelle coscienze frutti di consapevolezza e volontà di lavorare insieme, rispettosi delle reciproche differenze ma uniti dalla fraterna appartenenza alla comune famiglia umana, che non ammette divisioni e conflitti, quando si tratta della vita e della dignità delle persone che ci sono affidate.
Non è facile, ne sono consapevole, superare gli schemi di un sistema, spesso telecomandato a distanza da poteri forti e invisibili che vogliono determinare i destini dell’umanità, ma sono convinto che questo sia il campo in cui siamo chiamati a lavorare, con la serenità e l’entusiasmo di chi sa di combattere una buona battaglia, fino a quando non avrà terminato la sua corsa, nell’abbraccio del Signore”.