Questo pomeriggio, alle ore 17, dalla pagina Facebook dell’assessorato alla Cultura del Comune di Caltanissetta andrà in onda “Le mani di Dio” con la storia di Carmelina Pellerino.
Un video racconto scritto da Antonello Capodici, già autore del lungometraggio su Giovanni Messina andato in diretta nella giornata di ieri, e interpretato da Alessandra Falci.
Tra i tanti protagonisti di questa processione così amata, l’associazione ha scelto di raccontare la vita di Carmelina Pellerino, una delle sarte che ha cucito il mantello che ancora oggi è legato alla statua del Gesù che, sulla barca, sfila nelle vie del centro storico la domenica delle Palme.
A raccontare la sua vita è stata la nipote Rosa Petix, figlia di Grazia, la sorella minore, di Carmelina. Una tradizione orale che si è tramandata da madre in figlia e che, adesso, è stata donata alla città.
Carmelina è nata a Caltanissetta il 24 ottobre del 1919, terza di quattro figli. La sua vita scorre normale, come tutte le sue coetanee che vivono in città. La sua vita cambia quando suo padre Lorenzo, dipendente delle Ferrovie Dello Stato con la qualifica di Conduttore Capo, aderisce a uno sciopero aziendale e, essendo in pieno regime fascista viene licenziato.
Carmelina completa solo le elementari e rimane a casa, nella sua abitazione al 122 di Via Consultore Benintendi che si affaccia tra la Strata a’Foglia e Viale Conte Testasecca.
Carmelina è una ragazza molto bella, dall’intelligenza versatile in diverse abilità artistiche e manuali: canto, ballo, musica, disegno, pittura, maglia, uncinetto, taglio, cucito, ricamo … Impara da autodidatta. Il suo ingegno volitivo e la sua creatività trovano traduzione e applicazione in tutto ciò che l’appassiona e che le richiede bravura e perfezione. Intanto la seconda guerra mondiale è un’amara realtà. Tra il 9 e il 13 luglio 1943 ad opera dell’aviazione anglo-americana una serie di attacchi aerei vengono effettuati anche a Caltanissetta, causando 350 morti e ingenti danni materiali alle abitazioni e al patrimonio architettonico. Miracolosamente, La Strata a’ Foglia e le stradine vicine non sono colpite dai bombardamenti; l’intero quartiere, incredulo, riprende la vita di sempre. In questo contesto, una tale signora Lombardo (nome non certo) propone a tutti i residenti del quartiere di rifare il mantello a Gesù Nazareno, in segno di devozione e di ringraziamento per lo scansato bombardamento. Tutti accolgono volentieri l’iniziativa, facendo in un battibaleno una colletta per comprare stoffa e seta. È invitata a questo progetto Carmelina, che con le sue mani di fata disegna le stelle e il ramo di ulivo sulla stoffa di rasatello di seta blu-violacea, cucendo e ricamando il tutto con filo di seta color oro . Così Gesù Nazareno ebbe il suo mantello che, presumibilmente dal 1947, fece la sua prima apparizione nella consueta processione della Domenica Delle Palme. Ancora oggi quel mantello copre e avvolge Gesù Nazareno e tutti i nisseni proteggendoli e preservandoli da ogni insidia e tragedia ! Carmelina non si sposò, a 40 anni fu colpita da un’embolia che le causò la perdita della parola e delle funzionalità del lato destro del suo corpo. Paradossalmente finì la sua vita, cinque anni dopo il 28 dicembre 1964, senza poter fare più nulla, ma non si disperò mai.
Ogni anno, affacciandosi al balcone sul Viale Conte Testasecca, vedendo passare Gesù Nazareno, gioiva e pregava e, con la mano sinistra, faceva il gesto di voler avvolgersi le spalle quasi a chiedere sempre protezione a quel Gesù che aveva tanto amato! La scrivente, Petix Rosa, nipote di Carmelina in quanto figlia della sorella minore Grazia, si è avvalsa per ricostruire storicamente i fatti solo della narrazione orale materna.
Antonello Capodici ha voluto raccontare le emozioni percepite durante la creazione di questa rivisitazione in chiave storica e digitale della Settimana Santa.
“Le suggestioni e le emozioni suscitate dall’idea che è alla base sia di questi miei tre “pezzi”, che dell’intera manifestazione, sono centinaia. E tutte di incredibile forza e dinamica poetica. Quando me ne parlò per la prima volta l’Assessore Marcella Natale (e fu qualche giorno prima che calasse su tutti noi il buio del primo “look-down”, e perciò se ne parlava come di una manifestazione “dal vivo”) mi commossi fino alle lacrime. Una “Antologia di Spoon River” dedicata alla nostra città e –per di più – a quella sua parte più viva ed autentica, cioè la Settimana Santa.
Vi scorsi dentro una vertigine, mai vissuta prima per cose “caltanissettesi”, di verità, ed amore, e giustizia, e tenerezza che mi spedirono dritto dritto ai pomeriggi felici e primordiali della mia infanzia.
Meglio: dell’idealizzazione, di una infanzia.
Non solo e non necessariamente, “solo” mia.
Ma di tutti noi che siamo nati all’ombra delle pietre rosse del Castello. Una ballata unica, in più strofe e più ritornelli, dedicata agli ultimi, agli “invisibili”, come sono stati definiti in un recente “format” teatrale di grande successo.
Quelle facce senza titolo che, invece, rendono speciale la storia (la piccola, minuscola storia d’ognuno) degna di essere raccontata e persino vissuta.
Vi lessi dentro una infinita, struggente nostalgia per un paese – in fondo – non del tutto reale; ma un paese esotico e fumettistico, generato dal desiderio e dalla, ormai definitiva, lontananza.
Io conoscevo personalmente Giovanni Messina, il mitico “basso-tuba” di banda, chiamato anche “il ragioniere” o “Johnny L’Americano. Avrei potuto, molto verosimilmente, conoscere anche i due “fogliamari” che sono al centro del racconto sul Venerdì Santo intitolato “E gridammu tutti”, cioè Totò Li Destri e Cataldo Raimondi. Non ho sicuramente conosciuto Carmelina Pellerino, la ricamatrice fantastica del mantello di Gesù, perché morta addirittura prima che io nascessi.
Ma questo non ha alcuna importanza e non segna alcuna differenza: sono storie che conoscevo ancor prima di averle sentite ed infinitamente prima che qualcuno me le raccontasse.
Sono le storie della mia vita. Della mia famiglia.
Della mia città e della mia storia. Per questo ho aderito con gioia all’invito rivoltomi, di trasporle per iscritto e voce. L’ho fatto al meglio delle mie modeste risorse autoriali, registiche ed interpretative.
Ma l’ho fatto con gioia e gratitudine. Direi con felicità, se la parola non fosse spaventosa per sua intima natura. Con la speranza, fra l’altro, di poterle sentire, l’anno prossimo, insieme ad un pubblico vivo, in un cerchio “vivo”, che diventa Teatro della Vita”.
Il lungometraggio andrà in onda alle ore 17 nella pagina Facebook dell’Assessorato alla Cultura di Caltanissetta. (https://www.facebook.com/bibliotecacomunalescarabellicaltanissetta)