“Questa non e’ la mia sigla. Io non mi occupavo di intercettazioni”. Lo ha detto il poliziotto Antonino Santoro, deponendo quale teste al processo sul depistaggio delle indagini successive alla strage di via d’Amelio, che si celebra a Caltanissetta, nei confronti dei tre poliziotti Fabrizio Mattei, Mario Bo’, e Michele Ribaudo accusati di calunnia aggravata dall’aver favorito Cosa nostra.
I tre – secondo la procura nissena – avrebbero manipolato il falso pentito Vincenzo Scarantino, il quale avrebbe reso false dichiarazioni depistando la prima fase delle indagini sull’attentato in cui morirono il giudice Paolo Borsellino e i cinque agenti della sua scorta. Tanti i “non ricordo” da parte del teste, incalzato dalle domande del Pm Stefano Luciani, il quale ha mostrato al poliziotto anche dei brogliacci relativi a delle intercettazioni telefoniche risalenti al periodo in cui l’ex picciotto della Guadagna era a San Bartolomeo al Mare con la sua famiglia.
Santoro ha disconosciuto pere’ quella firma: “Non e’ mia”. Gli sono state rivolte delle domande anche sull’utilizzo del telefono. A proposito del servizio che svolgeva in Liguria, il poliziotto ha riferito che a volte si recava con altri colleghi ad andare a prendere i bambini a scuola. “Tra i suoi tanti non ricordo, le ricordo che lei e’ un assistente di polizia”, ha detto l’avvocato di Giuseppe Scozzola il quale ha chiesto di inviare alla procura un verbale per la “palese reticenza” del teste.