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Caltanissetta, processo Stato-mafia: ammesso l’esame di due sottufficiali

Redazione 2

Caltanissetta, processo Stato-mafia: ammesso l’esame di due sottufficiali

Lun, 22/02/2021 - 15:42

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La Corte di assise di appello di Palermo ha ammesso l’esame di due sottufficiali dell’Arma che, nel 1998, durante una perquisizione sequestrarono alcuni supporti informatici a Giovanni Napoli, fedelissimo boss, allora latitante, Bernardo Provenzano.

Lo ha deciso questa mattina la Corte presieduta da Angelo Pellino, Vittorio Anania giudice a latere, dinanzi alla quale si celebra il processo sulla trattativa tra Stato e mafia.

La Corte, sciogliendo la riserva, e attraverso una ordinanza, ha accolto anche questa richiesta formulata dall’accusa, sostenuta dai sostituti procuratori generali Giuseppe Fici e Sergio Barbiera.

E’ stato deciso che l’esame dei due sottufficiali si terra’ il prossimo 3 marzo: si tratta dei marescialli Pasquale Gigliotti e Sebastiano Serra all’epoca in servizio al Ros. Gigliotti, sentito dalla procura generale avrebbe riferito che nel 1998 si trovava al Ros da pochi mesi e di non avere mai avuto competenze informatiche, pur avendo riconosciuto la firma su alcuni documenti.

Mentre Serra avrebbe riferito di essere stato, nel 1998, un tirocinante al Ros. “L’esame si rende indispensabile – scrive la Corte nell’ordinanza – trattandosi di prova sopravvenuta e imprescindibile per chiarire circostanze e apparenti anomalie nelle operazioni predette: e cio’ sempre nel solco del tema di prova propugnato dal procuratore generale a supporto del costrutto accusatorio, recepito dal giudice di primo grado, in ordine al presunto disegno criminoso sotteso alle indagini del Ros diretto all’epoca dal generale Mori”.

Nelle scorse udienze l’accusa aveva approfondito, infatti, alcune dichiarazioni del collaboratore di giustizia Ciro Vara appunto su alcuni dischetti sequestrati (e poi restituiti) a Napoli, dopo una perquisizione effettuata dal Ros nel 1998, in seguito al suo arresto.

Secondo Ciro Vara – le cui dichiarazioni sono state ribadite nel giudizio di primo grado – “Giovanni Napoli mi disse che avevano fatto una perquisizione a casa sua avevano trovato dei dischetti, dopo qualche giorno il comandante dei Carabinieri di Mezzojuso (Pa) glieli aveva restituiti… Lo stesso Napoli mi diceva che doveva esserci qualcosa di interessante in quei dischetti. Lui li aveva fatti registrare per Provenzano…”.

L’accusa ha effettuato ulteriori accertamenti da cui e’ emerso che effettivamente il Ros sequestro’ dei dischetti e che il Ros provo’ ad esaminarli ma che non riusci’ a leggere nulla, rimettendo la valutazione all’autorita’ giudiziaria.

“La restituzione dei dischetti non e’ confermata o smentita, ma si sapeva che erano stati esaminati da un sottufficiale che si indicava come coscrivente. E’ inoltre emerso – avevano spiegato i pg nelle scorse udienze – che i dischetti furono consegnati all’autorita’ giudiziaria e che fu conferito l’incarico al perito che li esamino’, riuscendo a recuperare un frammento di documento cancellato”.

Genchi, un passato da poliziotto e oggi avvocato, chiese di sequestrare il computer che aveva “lavorato” i dischetti. “Dopo un’altra perquisizione a casa di Giovanni Napoli (novembre 1998) in in seguito alla quale fu sequestrata una corposa documentazione su possidenze immobiliari e contabilita’ dello stesso anche nel territorio di San Vito Lo Capo il computer – hanno detto i pg – fu rinvenuto presso un ‘ufficio di informatica di assistenza.

Cosi’ Genchi e’ riuscito a completare l’accertamento sui 7 dischetti, sui floppy disk ed il computer ancora nella sua disponibilita'”.

La Corte ha inoltre ammesso l’acquisizione delle sentenze di Reggio Calabria sul processo sulla cosiddetta “‘ndrangheta stragista”, quella del Borsellino quater della Corte di assise di appello di Caltanissetta. Acquisita anche – su richiesta dell’avvocato Basilio Milio (difensore del generale Mario Mori) la sentenza della Cassazione dell’11 dicembre scorso, con cui e’ stata confermata l’assoluzione, divenuta definitiva, nei confronti di Calogero Mannino, nel processo stralcio – “clone della trattativa” – in cui l”x ministro scelse il rito abbreviato.