Primopiano

Caltanissetta. Il V-Day anti Covid di 4 infermieri e operatori del Sant’Elia: “Adesso facciamo parte della Storia”

Abbiamo atteso a lungo il V-Day. Abbiamo atteso che gli scienziati in laboratorio individuassero il “giusto mix” di componenti capaci di arrestare la diffusione del Covid – 19. Abbiamo atteso che le fiale fossero prodotte e consegnate in tutta l’Europa. Adesso è arrivato il momento di ricevere la dose.

L’obiettivo è quello di raggiungere quella che è stata definita “l’immunità solidale”: ciascuno, volontariamente, quando arriverà il proprio turno dovrà sentirsi investito del dovere morale e civico di rispondere alla chiamata e presentarsi per essere vaccinato.

Si tratta di un percorso che durerà circa 30 – 45 giorni durante i quali verranno effettuate più iniezioni.

Un gesto che non servirà soltanto a tutelare la propria persona ma anche – e soprattutto – chi ci circonda. Persone “fragili” tra le quali rientrano anziani, immunodepressi o individui affetti da altre patologie.

Soggetti ai quali il contagio del Sars Cov-2 potrebbe risultare fatale. E, a quel punto, non conterà più disquisire se la persona è morta “di” o “con” il Covid. Sarà, semplicemente e tristemente, un deceduto.

Già da due giorni, da Caltanissetta, alcuni volontari hanno risposto alla chiamata con un deciso e convinto assenso. Il primo vaccinato nella nostra Provincia è stato Giovanni Ippolito, presidente dell’Ordine dei Medici di Caltanissetta. “La giornata di oggi rappresenta un tocco di luce dopo un lungo periodo di buio – aveva dichiarato domenica il medico nisseno -. Una giornata epocale di speranza per il nostro Paese e per le tante persone, tra cui medici e operatori sanitari, che hanno combattuto e continuano a combattere contro il virus”.

Oggi, tra gli altri, è stato il turno di Vincenzo Arcarese, Domenico Balistreri, Salvatore Modica e Francesca Perriera. Due infermieri e due OSS del reparto di rianimazione Covid del Sant’Elia di Caltanissetta.

Alcuni, questa mattina, hanno preso servizio alle 6 del mattino per svolgere il loro dovere nel reparto che, negli ultimi mesi, è stato attraversato dai malati più critici affetti da Coronavirus.

Pazienti, privati della vicinanza degli affetti più cari, ai quali era stata riservata tanta compassione da parte dei medici, infermieri e operatori. E, alcuni di loro non ce l’hanno fatta. Hanno perso la guerra, sconfitti dal virus.

Forse è stato proprio il ricordo di quegli ultimi sguardi che ha spinto infermieri, medici e operatori a tendere il braccio senza indugio verso la siringa con la dose di vaccino.

Verso le 13.00, tolto il camice e la divisa, cambiate le mascherine, igienizzate le mani e indossati gli “abiti civili”, Vincenzo, Domenico, Salvatore e Francesca sono saliti su un pulmino diretti verso il Policlinico di Palermo.

Il clima era gioioso e festoso. In quel momento, ben lontani dai critici e spesso ingiustificati attacchi dei “No Vax”, non si sentivano delle “cavie da laboratorio” ma dei “privilegiati” consapevoli di proteggere sé stessi, i loro figli, i loro genitori, i loro compagni, i loro amici.

Il Centro vaccinazioni Anti-Sars-CoV-2 / Covid 19 è un reparto come tutti gli altri.

Eppure, al suo interno, si sta cambiando la “Storia”, quella che caratterizza non soltanto l’esistenza del singolo ma di tutto il genere umano.

Fermare un virus che ha immobilizzato il mondo intero, che ha causato così tanti morti da doverli trasportare fuori la città dai carri dei militari come a Bergamo, da doverli seppellire in enormi fosse come a New York.

“Siamo felici di aver avuto l’opportunità di proteggerci dal virus e sappiamo che, in questo momento, siamo dei privilegiati”.

La campagna di vaccinazione volontaria si estenderà seguendo delle priorità basate sull’età, stato di salute e attività professionale svolta.

“Ci sentiamo bene, non abbiamo avuto alcun sintomo né effetto collaterale – hanno dichiarato i 4 volontari -. Ci auguriamo soltanto che tutti seguano il nostro esempio e, quando saranno chiamati, risponderanno all’appello. Solo affidandoci alla scienza potremo tornare ad abbracciarci e vivere quella normalità che, al momento, ci appare così desiderata ma lontana”.

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