Inquinamento ambientale e danneggiamento. Per queste ipotesi di reato, alcune associazioni di apicoltori (Unione Nazionale Associazioni Apicoltori Italiani, Apilombardia e Apicoltori Lombardi) hanno depositato una denuncia contro ignoti presso la Procura della Repubblica. Un comunicato di Greenpeace spiega che la moria di api, che si è registrata lo scorso agosto nella zona di allevamenti del fiume Oglio, ha coinvolto circa 8-9 milioni di api.
Quando e dove le api sono state avvelenate – I primi episodi si sono verificati lo scorso 8 agosto, e il fenomeno è continuato per il resto della settimana. I comuni coinvolti sono quelli che circondano il fiume Oglio: Azzanello (CR), Genivolta (CR), Villachiara frazione di Villagana (BS), Borgo San Giacomo (BS). La zona è tradizionalmente agricola, ricca di campi di mais e soia. In questo contesto, oltre duecento alveari sono stati avvelenati: intere famiglie di api sono decedute, sia all’interno che all’esterno delle arnie, con tassi di mortalità dal 40 al 100%.
I risultati delle indagini dell’ATS – Su richiesta degli apicoltori, sono intervenuti i veterinari delle Agenzie di Tutela della Salute (ATS) delle zone coinvolte e i Carabinieri Forestali, che hanno prelevato campioni per effettuare le analisi e avviare le indagini. Gli esiti evidenziano la presenza di due principi attivi: indoxacarb e chlorantraniliprole. Sono sostanze che vengono usate per diverse formulazioni commerciali di insetticidi, comunemente usati su mais e altre colture. L’ATS bresciana ha comunicato che dagli esami si evidenzia “la presenza in quantitativi significativi nelle api morte e in minor quantità in polline e miele dei principi attivi di un fitosanitario specifico utilizzato sul mais”.
Vista l’ampiezza del fenomeno, gli esperti sostengono che non si tratti di un atto vandalico sugli alveari, ma ma che le api siano venute a contatto con le sostanze nel territorio circostante, durante la loro opera di raccolta del polline. Fra le ipotesi, l’uso di insetticidi direttamente su colture in fioritura, sulle quali volano le api per raccogliere il polline, e lo spostamento della sostanza causato dal vento su una coltura limitrofa in fioritura.
Le conseguenze sull’ecosistema – Mentre per le api presenti negli alveari è possibile fare una stima delle perdite, risulta praticamente impossibile stabilire l’impatto sul resto dell’entomofauna selvatica e sugli animali che di quegli insetti si nutrono. “L’unica cosa che sappiamo per certo – sostiene Greenpeace – è che nei prossimi decenni il 40% delle specie di insetti rischia di finire nelle liste delle specie a rischio di estinzione se non invertiamo la rotta”.
“Fattori quali pesticidi e pratiche agricole dannose, la perdita di habitat, i cambiamenti climatici stanno contribuendo ad accelerare la scomparsa degli insetti, i quali svolgono funzioni importanti negli ecosistemi che non possono essere replicate dalla tecnologia o da qualsiasi altra innovazione. Il servizio di impollinazione svolto da insetti come le api significa che le colture dipendono da loro per riprodursi e sopravvivere. Il punto, quindi, è che non possiamo più permetterci questi avvelenamenti“, conclude il report.