Renzo Arbore, all’anagrafe Lorenzo Giovanni Arbore (Foggia, 24 giugno 1937) sta vivendo un momento difficile. Non solo per la morte improvvisa del suo caro amico, Gigi Proietti – indimenticabili le apparizioni di Arbore nell’ultimo programma ideato e condotto dal comico romano nel 2018, “Cavalli di battaglia” – ma perché la pandemia lo colpisce sotto un duplice aspetto.
Il lockdown e la chiusura di teatri, cinema e spettacoli vari, compresi quelli musicali, lo hanno obbligato ad annullare diverse tappe del tour della sua band, la famosa Orchestra Italiana. La preoccupazione per un possibile contagio, dunque, si somma a quella che vive nei confronti dei suoi orchestrali, rimasti per mesi senza lavoro – il tour era ripreso solo in estate – costretti a un nuovo stop.
La giornalista di In Terris, Milena Castigli, ha intervistato il maestro – che è anche cantautore, disc jockey, conduttore radiofonico, clarinettista, showman, autore televisivo, conduttore televisivo, sceneggiatore, regista, compositore e attore! – sui suoi 60 anni di carriera partendo dalle “strette” decise dal Governo per arginare la pandemia, passando per i diversi amarcord su Benigni, Frassica e Marcorè – senza tralasciare l’impegno con la Lega del Filo d’Oro – fino ad arrivare al “tifo” per Papa Francesco e all’appello “di cuore” al premier Giuseppe Conte.
Dottor Arbore, come sta vivendo questo nuovo (seppur parziale) lockdown che colpisce in particolar modo proprio il suo settore, quello dello spettacolo?
“Io rispetto le decisioni del Governo. Se hanno messo regole così dure ci deve essere una ragione seria e il numero di contagi e decessi in costante crescita lo dimostra. Non condivido invece le proteste di piazza che sfociano in violenze e vandalismi vari, anche se capisco quali siano le difficoltà”.
In che senso?
“Io ho 40 tra tecnici e musicisti senza viveri. Per questo comprendo le difficoltà della gente. Chiedo che il Governo provveda quanto prima al loro sostentamento e a quello di tutti i lavoratori (e non) colpiti da questa terribile pandemia. Non è però possibile riaprire i concerti o altri luoghi di ritrovo perché si creerebbe troppo assembramento e un nuovo picco di contagi. Se il Governo ha preso misure così restrittive, vuol dire che ce n’è il motivo: questo virus non colpisce solo gli anziani – ricordiamocelo – ma anche i giovani!”.
La sua è stata una vita nello spettacolo. Tra le tante cose, suona il clarinetto, titolo di una sua famosissima canzone. Come è nata la passione per la musica?
“Il mio amore per la musica è nato grazie a mio padre (un dentista) e a mia madre – Giuseppina Cafiero – una casalinga. Erano due melomani: nutrivano una viscerale passione per l’opera lirica. Mio padre era di Foggia, la città del famoso compositore Umberto Giordano (1867-1948). Siamo vissuti lì con il mito delle opere di Giordano, come la ‘Fedora’. Mia madre era un’appassionata di canzoni napoletane: da lei ho imparato ad amare questo genere. Mio fratello ha studiato musica mentre mia sorella era una soprano. Abbiamo tutti in famiglia una vena musicale!”.
Quando ha capito che la musica sarebbe stata centrale nella sua vita?
“La svolta è arrivata quando avevo 13 anni e ho scoperto il jazz. Ma amo anche tutti gli altri generi, come il rock, la musica messicana, le canzoni brasiliane, la classica, il melodramma e anche la musica d’avanguardia: sono un musicofilo a tutto tondo! Ho però scelto di ripescare, nei miei 60 anni di carriera, generi che rischiavano di essere ingiustamente dimenticati come la canzone napoletana, la canzone umoristica del ‘clarinetto’, lo swing [genere musicale nato negli anni venti in America, ndr] che deriva dal Jazz. Ho creato anche un gruppo musicale che si chiama proprio Swing Maniacs!”.
La musica l’ha aiutata durante la sua prima adolescenza, quando ha vissuto i bombardamenti della II Guerra mondiale. Quale contributo può dare la musica alle persone che vivono un momento di sofferenza?
“Tutta la musica è un balsamo straordinario per la vita quotidiana. E’ una grande consolazione, anche in questo periodo così difficile. Mi rammarico dei tanti musicisti e orchestrali che adesso sono senza lavoro. Non vengono mai nominati, ma anche loro avrebbero bisogno di un sussidio economico da parte dello Stato! Si parla di cinema, teatro, musei etc. e ci si dimentica degli orchestrali e dei musicisti che ci fanno vivere la musica, un linguaggio universale di pace e fraternità che allevia le ferite ed eleva lo spirito”.
Lei ha avuto una lunghissima carriera nella radio e nella televisione. Ha conosciuto e lanciato grandi comici e personaggi quali Roberto Benigni, Marisa Laurito, Nino Frassica, Milly Carlucci, Daniele Luttazzi…solo per citarne alcuni. Ha un ricordo particolarmente simpatico di qualcuno di loro?
“Certo! Pochi sanno, per esempio, che Nino Frassica ha cominciato con me alla radio. Lui faceva un programma comicissimo su fantomatiche feste paesane e popolari decisamente ridicole! Si inventava località assurde e faceva molto ridere”.
Con Benigni ha condotto un programma televisivo negli anni ’70. Lui faceva uno strampalato critico cinematografico con manie di persecuzione. Che ricordo ha?
“Con Roberto Benigni e Luciano de Crescenzo [deceduto nel luglio dello scorso anno, ndr] abbiamo fatto tante ‘zingarate’ insieme, non soltanto quando abbiamo condotto L’Altra Domenica [programma televisivo trasmesso dalla Rete 2 (l’odierna Rai 2) dal 28 marzo 1976 fino al 27 maggio 1979 la domenica pomeriggio e ideato e condotto da Renzo Arbore, ndr]. Ho un ricordo molto forte di loro: due grandi artisti”.
Dal 1989 è testimonial dell’associazione Lega del Filo d’Oro, Onlus osimana che dal 1964 è impegnata nell’assistenza, educazione, riabilitazione e reinserimento nella famiglia e nella società di bambini, giovani e adulti sordociechi e pluriminorati psicosensoriali. Il suo concetto ispiratore è ‘Un filo prezioso che unisce il sordocieco con il mondo esterno’. Come è nata questa pluriennale e prolifica collaborazione?
“Io non conoscevo l’esistenza di questa organizzazione (serissima!) marchigiana. Me l’ha segnalata la prima volta un mio amico. Appena conosciuta, ho subito ‘sposato’ la missione di questa associazione: aiutare adulti e bambini sordociechi e le loro famiglie. Ho appena girato un nuovo spot insieme all’attore marchigiano Neri Marcorè, testimonial dal 2014”.
Cosa pensa del suo collega, Neri Marcorè?
“Lui è un artista davvero bravo e molto serio. Sa fare tante cose: è un attore ma anche un imitatore, un artista di varietà, addirittura un cantante…è molto bravo con le canzoni di Giorgio Gaber. E’ un talento vero, poliedrico, come pochi in Italia”.
Ha un ricordo particolarmente forte di questa lunga esperienza con i giovani e bambini sordociechi?
“Il ricordo più bello è quello legato al Natale. I bambini sordociechi non riescono a vivere la bellezza del Natale. Eppure, gli operatori della Lega del Filo D’oro sono talmente bravi da riuscire a far fare l’esperienza natalizia a tutti gli ospiti, attraverso oggetti, suoni e luci particolari. Questo mi è rimasto particolarmente impresso: sfruttando i residui di vista e udito rimasti, gli operatori riescono comunque a far vivere la magia del Natale!”.
Lei che stava facendo prima del blocco?
“Ho fatto una decina di concerti tra agosto e settembre in varie parti d’Italia per far lavorare la mia band, ‘Renzo Arbore & l’Orchestra Italiana’. Ho dovuto annullare altri dieci concerti che riprenderanno, speriamo, dopo il 21 novembre. In questo momento, mi sto dedicando alla tv online, grazie al progetto Renzo Arbore Channel, un live show casalingo visibile sulla web tv renzoarborechannel. Lì ci sono molte sorprese, molti sorrisi e soprattutto molta musica buona”.
Potesse fare un appello a Conte, cosa gli chiederebbe?
“Gli chiederei di ricordarsi degli artisti, specie di quelli ‘minori’, che campano di arte per la loro sussistenza. Non dei band leader – come me – o dei personaggi noti dello spettacolo. Non sarà facile far ripartire i concerti, rispetto ai teatri e ai cinema, perché i concerti creano maggior assembramento. Per questo è importante che chi lavora in questo campo riceva dei sussidi e degli aiuti economici. Orchestrali, musicisti, tecnici, facchini, trasportatori e tutti coloro che rendono possibili i concerti: sono i ‘dimenticati’ dello spettacolo”.
E agli italiani cosa augurerebbe?
“Agli italiani auguro di ricordarsi che il nostro presidente della repubblica, Sergio Mattarella, rispondendo ad uno ‘stupido’ premier britannico ha detto che gli italiani hanno non solo l’arte, ma anche la serietà. Agli italiani auguro di ricordarsi che siamo sorridenti, ma anche persone serie: sopratutto in questo momento”.
Ha recentemente detto che è un fan di Papa Francesco. Perché?
“Sì, è vero. Perché credo che una delle missioni più importanti della Chiesa nella società sia la fratellanza. ‘Ama il prossimo tuo come te stesso’ è la frase evangelica più alta e nobile dell’umanità. Papa Francesco ha scritto l’enciclica ‘Fratelli tutti’. E’ stato, il suo, un atto controtendenza. Infatti, in questo momento storico si sta sgretolando la fratellanza ovunque, basti pensare alle violenze di questi giorni avvenute a Nizza e non solo… Lui invece promuove la fratellanza universale. Non può che trovarmi d’accordo: siamo tutti fratelli!”. (di Milena Castigli, fonte interris.it)
Poco prima della pubblicazione di quest’intervista, è venuto a mancare il grande attore romano Gigi Proietti. Il dottor Arbore, interpellato, ha preferito non rilasciare dichiarazioni perché particolarmente addolorato per la dipartita dell’amico. Due anni fa, era stato ospite della trasmissione di Proietti, “Cavalli di battaglia”. Riportiamo qui sotto, ad perpetuam rei memoriam, alcuni stralci dell’incontro tra i due amatissimi artisti italiani.