L’approccio molesto di alcuni uomini che ritengono le donne degli “oggetti” di cui approfittare, a volte, non si ferma nemmeno davanti alla giovane età o all’essere in un luogo pubblico e potenzialmente visibile a tutti.
Ad avere il coraggio di raccontare la loro storia, anche se sono passati diversi mesi dall’epoca dei fatti, sono due studentesse.
“Il giorno in cui la città ha organizzato una festa di
carnevale per noi studenti la piazza e il centro storico era pieno di gente.
Arrivata l’ora di pranzo, però, tutti abbiamo cominciato a tornare nelle nostre
case e anche io ho seguito il loro esempio” ha esordito la quindicenne nel suo
racconto.
Io stavo percorrendo la strada che porta fino alla Chiesa di Santa Lucia in Corso Umberto quando un signore, di circa 40 anni, si è avvicinato chiedendomi qualche informazione sul percorso necessario per raggiungere via Borremans e sui ristoranti aperti a quell’ora. E’ stato quello il momento in cui ha preso il cellulare e si è avvicinato. Io non mi sono messa in allerta perché pensavo si trattasse di Google Map o della locandina di un locale e mi sono avvicinata. Lui, però, mi ha subito afferrato il braccio e mi ha avvinghiato a sè. Sul telefono, invece che la grafica di un ristorante, c’era un video pornografico. Ho provato a svincolarmi anche se, ovviamente, lui era più forte, è riuscito a mantenere la presa e, contemporaneamente, a palparmi il fondoschiena. E’ stato quello il momento in cui ho urlato e l’ho indotto alla fuga. Sono rimasta sconvolta da quel fatto ma, al contempo, fiera per aver trovato la forza di urlare e fuggire anche se ho capito che si è trattata di una reazione istintiva e inconscia perché, in effetti, io sono una persona ansiosa e non sempre riesco a trovare il coraggio di agire”.
Se, però, questo primo episodio si è verificato in una via della città poco frequentata se non dai residenti che giungono a piedi e da chi va alla ricerca di una scorciatoia, il secondo caso è avvenuto in un’area ben più ampia e visibile.
“Io e le mie amiche eravamo ferme alla stazione degli autobus – ha raccontato un’altra giovane che ha scelto di rimanere anonima -. Davanti a noi si è fermato un signore che, senza alcuna esitazione, si è fermato a fissarci. Noi abbiamo cercato di ignorare il suo sguardo insistente ma lui, invece, continuava ad attirare la nostra attenzione. Poi ha iniziato a palparsi le zone intime. Sono stati minuti di forte imbarazzo anche perché noi dovevamo attendere ferme in quell’area e non potevamo allontanarci. Non avevamo molte alternative. Per fortuna è arrivata la navetta e noi siamo salite sul mezzo sentendoci, finalmente, rassicurate dalla presenza di altre persone”.
Ciò che ha colpito le ragazze coinvolte in entrambi gli episodi è la totale assenza di pudore di quegli uomini e del potenziale timore che qualcuno potesse vederli.
Le giovani studentesse non hanno denunciato il fatto, non lo hanno raccontato agli adulti.
La colpa di quanto accaduto non è delle ragazze. E’ di quegli uomini che hanno abusato della loro innocenza, della loro ingenuità.
Serve, però, formare di più e meglio la società che ci circonda. Serve far capire che quei gesti sono ugualmente considerati delle molestie e, in quanto tali, punibili dalla legge.
Le ragazze hanno il diritto di vivere la loro quotidianità come ritengono più opportuno. Hanno diritto a uscire e passeggiare per le strade isolate o alle fermate degli autobus senza temere di dover vedere qualcosa di “sconveniente” o subire delle provocanti e indesiderate “avances”.
Serve poter infondere loro la tranquillità di raccontare ogni episodio che le turba o le sconvolge e poter, dopo, aiutarle a denunciare. Un gesto che consentirà di poter individuare l’uomo maltrattante e di aiutarlo a curarsi. Per non ripetere il gesto, per non cadere in altri crimini.
Leggi anche:
Lettera shock di una diciottenne al sindaco Gambino: giovani molestate in centro storico
Caltanissetta: molestie e violenze verbali in strada, le ragazze non si sentono sicure
Caltanissetta, percezione di insicurezza in città. Il Questore: “Noi siamo presenti”