Una morte sospetta, al Pronto Soccorso dell’Ospedale “Umberto I” di Enna, ha permesso di scoperchiare “il vaso di Pandora”.
La Squadra Mobile della Questura di Enna, attraverso i suoi investigatori, ha scoperto una vicenda amara della quale sono protagonisti un cittadino ennese di 41 anni, un “caporale” di nazionalità straniera e dei lavoratori “in nero”. Uomini sfruttati, senza alcun contratto, sottoposti a lunghe ore di lavoro in campagna per misere paghe e totale assenza di alcun dispositivo di protezione individuale o altre necessarie cautele previste dalla normativa vigente.
L’indagine era iniziata qualche giorno fa dopo che gli Agenti della Sezione Volanti erano stati chiamati al Pronto Soccorso dell’Ospedale “Umberto I” di Enna perchè era arrivato era stata segnalata la presenza di un uomo che aveva accompagnato in auto un cittadino straniero extra-comunitario giunto, però, ormai morto.
L’accompagnatore aveva spiegato che morte “del suo amico” era avvenuta durante la raccolta di mandorle, attività avvenuta in accordo con la vittima. Di questo, però, non ha saputo fornire le esatte generalità o la residenza.
Dal racconto di vari testimoni presenti al momento del tragico evento, l’uomo, dopo aver lavorato per alcune ore, era stata colto da malore, cadendo al suolo senza dare più alcun segno di vita. Anche i parenti avevano confermato che il congiunto era andato a lavorare, fin dalle prime ore della mattina, quale bracciante agricolo, aggiungendo che con lui erano presenti altri suoi connazionali.
Gli investigatori hanno scoperto che alle dipendenze del datore di datore di lavoro, quel giorno, vi erano altri operai impegnati a raccogliere mandorle, per 9 ore al giorno e con la retribuzione di 5 euro l’ora, senza alcun regolare contratto, alcun dispositivo di protezione individuale o altre necessarie cautele previste dalla normativa vigente.
Il “caporale” era proprio un connazionale dei lavoratori che li aveva messi in contatto con il datore di lavoro.
La Squadra Mobile, a conclusione dell’inchiesta, ha deferito alla magistratura 5 lavoratori, in quanto percettori del reddito di cittadinanza, oltre ad aver formalmente comunicato all’INPS al fine di procedere alla sospensione dei benefici e successiva richiesta di restituzione delle somme di denaro ad oggi percepite. Anche il datore di lavoro e il “caporale” sono stati segnalati all’autorità giudiziaria.
Inoltre, qualora dagli esami autoptici disposti dalla Procura dovesse far emergere un nesso di causalità tra la il lavoro e la morte, per l’imprenditore agricolo si profilerebbero ulteriori responsabilità di natura penale.
La Polizia di Stato, intervenuta per una morte sospetta, ha fatto piena luce rispetto ad una grave situazione di sfruttamento lavorativo, facendo pure venire alla luce soggetti percettori di reddito di cittadinanza in violazione delle norme vigenti. Rimane alta l’attenzione al fine di contrastare ogni forma di illegalità.