riceviamo & pubblichiamo

Leandro Janni, La Luna nel pozzo: ovvero la “politica dei beni culturali” in Sicilia

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO. Si può essere cittadini, architetti, storici dell’arte? Si può essere un attivista, un dirigente di Italia Nostra, prestigiosa associazione culturale (nata nel 1955) che concorre alla conoscenza, tutela e
valorizzazione dei beni culturali, artistici e naturali del Belpaese?
Certo. Ma a qualcuno tutto questo dà fastidio. Molto fastidio. E
d’altronde a me infastidisce il potere. Da sempre avverto il potere come
una provocazione e un’offesa. Insomma: personalmente sono convinto che
si debba lottare sempre e comunque contro il potere. Contro le sue mille
facce, le sue false utopie e le continue mistificazioni. Soprattutto
qui, in Sicilia.

Lo scorso 9 luglio, l’assessore regionale dei Beni Culturali e
dell’Identità Siciliana Samonà, di concerto con la Soprintendenza di
Caltanissetta, emette il seguente comunicato stampa: «Eccezionale
ritrovamento di un capitello ionico di grandi dimensioni all’interno di
un pozzo circolare nell’area urbana di Gela. Il capitello, realizzato in
pietra arenaria, è stato rinvenuto in via Sabello durante i lavori di
scavo per la posa di cavi elettrici; lavori condotti sotto la
sorveglianza archeologica della Soprintendenza dei Beni Culturali di
Caltanissetta.

Ancora una volta gli scavi in ambito urbano a Gela
restituiscono frammenti di storia di uno dei più importanti insediamenti
greci del Mediterraneo. E’ proprio il caso di dire che in Sicilia ogni
pietra racconta una terra generosa e ricca di testimonianze antiche.
Dovremmo apprezzare ancora di più la nostra storia e testimoniarne con
orgoglio l’appartenenza. Sono molto grato alla Soprintendenza per lo
scrupoloso lavoro di vigilanza e invito i siciliani, e non solo loro, a
visitare maggiormente i musei e i parchi archeologici che sono miniere
di testimonianze, anche approfittando delle prime domeniche del mese in
cui i luoghi della cultura della Sicilia resteranno aperti al pubblico
gratuitamente per favorire la valorizzazione e la conoscenza del
patrimonio dei beni culturali regionale (…)».

Contemporaneamente al citato comunicato stampa sono state pubblicate
anche le prime immagini fotografiche relative al rinvenimento del
“capitello ionico” e di alcune lastre in pietra arenaria.
Si apre, quindi, una sorta di dibattito culturale interdisciplinare
sulla pagina facebook di un’amica archeologa e docente universitaria.
Dibattito, conversazione a cui prendono parte autorevoli studiosi,
archeologi, storici dell’arte, professori universitari, chi scrive. Con
riferimento al citato comunicato stampa, si conviene tutti sul fatto che
prima di emettere entusiastiche note, specialmente quando non balza
immediatamente agli occhi il significato di un rinvenimento,
bisognerebbe ponderare bene le cose.

Ad ogni modo, nell’ambito dell’archeologia urbana, dopo le operazioni di scavo è necessaria una fase di sistemazione dei resti rinvenuti, sulla quale è possibile riflettere solo dopo la conclusione dello scavo stesso.
Ma torniamo al dibattito su facebook. Essendo tra i partecipanti a tale
dibattito, avendo osservato con particolare attenzione le immagini
fotografiche, decido anch’io di scrivere un comunicato stampa in cui oso
mettere in dubbio le poco ponderate affermazioni sul ritrovamento di
Gela, soprattutto in ordine alle attribuzioni.

I primi a pubblicare il contenuto del mio comunicato sono i redattori di
un blog di archeologia che sapientemente commentano: «Si attendono
adesso gli studi da parte degli esperti per chiarire di quale reperto si
tratti, evidenziando come, ancora una volta, la cultura riesca a mettere
in moto un dibattito fruttuoso che è alla base della società e da cui
tutti imparano qualcosa.» Poi, come sappiamo, diverse testate
giornalistiche hanno reso pubblico il comunicato stampa, alimentando
polemiche e discussioni (soprattutto su facebook). Alcune davvero
sgradevoli e incivili, volte soltanto a discreditare chi aveva osato
infrangere i sacri, esclusivi recinti dell’archeologia siciliana. Il
giorno successivo (10 luglio) è stata resa pubblica una nota tecnica
emessa dalla Soprintendenza di Caltanissetta.

Ho riflettuto parecchio, in questi giorni, sulla vicenda del
rinvenimento di Gela. Che dire? Improprio, se non scandaloso, è stato
ritenuto il fatto che un “non archeologo” abbia osato esprimere un
commento in un ambito di sua “non competenza”. Di certo, però, molto
meno ci si scandalizza del fatto che l’importante sito su cui
campeggiano le antiche fortificazioni greche di Gela (le Mura
timoleontee) sia interdetto da tempo alla pubblica fruizione. Così come
davvero poco ci si scandalizza del fatto che la straordinaria raccolta
di reperti archeologici di Gela sia custodita all’interno di un brutto
museo (contiene circa 4200 pezzi cronologicamente distribuiti dalla
preistoria all’età medievale), e che qualche mese fa, tale museo, abbia
persino rischiato di crollare.

Adesso, grazie al notevolissimo impegno
profuso dall’attuale direttore del Parco archeologico di Gela è stato
messo in sicurezza e riaperto al pubblico. Ma i visitatori sono sempre
davvero rari. Rarissimi. E ancora: poco ci si scandalizza dello
scadente, precario allestimento espositivo dei cosiddetti “bagni greci”
di Gela. Per non parlare della torre di Manfria, che cade letteralmente
a pezzi. Così come davvero poco ci si scandalizza del fatto che i
rilevanti siti archeologici del Nisseno (tra essi Sabucina e Gibil
Gabib) siano sbarrati da tempo e in pessimo stato, come più volte
denunciato dalle associazioni che compongono l’arcipelago “SOS Sicilia
Centrale” (tra queste anche Italia Nostra). Parecchio invece ci si è
scandalizzati, nei giorni scorsi, per l’incendio che ha danneggiato il
sito archeologico Palmintelli, adiacente al Palazzo di Giustizia di
Caltanissetta.

E ancora, allargando lo sguardo alle alchimie gestionali dei beni
culturali in Sicilia, davvero poco ci si scandalizza del fatto che
prestigiosissimi parchi archeologici o musei, sezioni per la tutela dei
beni archeologici siano affidati e affidate alla direzione di geologi,
agronomi o ingegneri. Così come poco ci si scandalizza del fatto che
nell’Isola si diventi soprintendente dei beni culturali non attraverso
un concorso pubblico (come avviene nel resto d’Italia) ma,
sostanzialmente, per meriti politici. Un fatto davvero grave e
scandaloso.

Un fatto da cui derivano tante, troppe ambiguità e
contraddizioni, troppe “perversioni” nelle azioni di tutela dei beni
culturali e ambientali. Ma il famigerato disegno di legge denominato
“Disposizioni in materia di beni culturali e di tutela del paesaggio”,
in elaborazione presso l’Assemblea regionale siciliana, intende
sciogliere definitivamente queste ambiguità e contraddizioni conferendo,
di fatto, pieni poteri all’esecutivo regionale nella gestione del
patrimonio culturale dell’Isola. Un “Codice dei Beni Culturali
Siciliano” lo ha definito giorni fa, in commissione Cultura all’Ars,
ineffabilmente, il deputato Sammartino, primo firmatario e presidente
della citata commissione.

Come sappiamo, in virtù dei decreti delega del
Presidente della Repubblica, con i quali nel 1975 si dava attuazione
allo Statuto autonomistico della Regione Siciliana, la Sicilia dispone
di competenza esclusiva in materia di tutela dei beni culturali presenti
nel territorio regionale. Di certo, il filo rosso che attraversa la
storia e i fatti degli ultimi decenni in Sicilia, è costituito dallo
stretto legame tra politica e cultura, il suo evolversi come innovativo
progetto di una “politica dei beni culturali” e la sua progressiva
dissoluzione, sancita in ultimo dall’imperio del ceto politico a
detrimento dell’autonomia delle competenze scientifiche.

Il reperti rinvenuti nei giorni scorsi, accidentalmente, in una cavità
del territorio urbano di Gela, ci fanno venire in mente la favola “La
Luna nel pozzo”, esemplare metafora del desiderio di potere dell’uomo.
Sta a noi la scelta, comunque: considerare la cultura uno dei tanti
strumenti del potere o farne un meraviglioso spazio, un infinito tempo
di bellezza e di libertà.

Leandro Janni, Presidente regionale di Italia Nostra Sicilia

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