riceviamo & pubblichiamo

Caltanissetta. Noi, i residenti della collina Sant’Anna, ostaggi dell’Antenna…

Vorremmo convintamente che si sostenesse l’interesse verso l’antenna ma non certo a scapito di un inderogabile e preminente diritto ad abitare in serenità e sicurezza la nostra casa regolarmente assentita con concessione edilizia negli anni 70 o addirittura costruita in tempi anteriori alla realizzazione del traliccio.

Ci appare quindi irricevibile e oltremodo offensiva l’insinuazione, adombrata dal comitato Sant’Anna, di nostri interessi speculativi e privatistici nella vicenda antenna; facilmente tali sospetti potrebbero restituirsi al mittente poiché, con la stessa malizia, ci si potrebbe chiedere perché tanta protervia nel tutelare un bene in oblio dal 2013 e per il quale abbiamo visto inanellarsi, nel tempo, solo fallimentari tentativi teorici e propagandistici di salvataggio: trattative di acquisizione ostacolate da bilanci incapienti, previsione di parchi tecnologici fra rottami e sterpaglie, sterili e inattive apposizioni di vincoli e condizioni.

Conservare, salvaguardare e promuovere un bene ritenuto identitario richiede concertazione, progettualità, condivisione, fattività e non saltuarie dichiarazioni d’intenti. Infatti non è stato fin qui attivato alcun percorso efficace, l’unico da tentare, teso a concretizzare effettivamente una realizzazione degna di questo nome e, dunque, trovare fondi europei (PON), regionali (POR) locali (tassa di scopo) per acquisire il bene e progettarne la rigenerazione, consentirne una fruizione pubblica, farne motore di rilancio con gestione sapiente.

Riteniamo tuttavia che non sia questo il momento. Adesso occorre capire davvero se l’antenna è o meno in condizioni di sicurezza, senza pregiudizievoli ipotesi di calcolo, interpretazioni tendenziose dei risultati, frutto di battaglie culturali prive di efficacia operativa.

Perché accanirsi contro l’ipotesi del dimezzamento temporaneo che, allo stato, appare l’unica di buon senso e in grado di contemperare i diversi interessi in gioco sembra un atteggiamento figlio di una cultura della conservazione miope e meramente passiva.

Basti pensare, infatti, al come sono stati messi in sicurezza i templi egizi, smontati e rimontati altrove o a quota diversa senza scandalo e garantendone la “perpetuazione”; o come, con altrettanta lungimiranza, si siano ricostruiti, più che riparati “all’identico”, palazzi e cattedrali europei danneggiati da conflitti bellici; e, di contro, valutare perché si sia fatta morire in Sicilia la cultura delle miniere e quella dei borghi rurali, abbandonati e ruderizzati da decenni e perché si continui a contrastare la proprietà privata, in questo caso quella della RAI, piuttosto che attivare azioni di partenariato per future proposte di rigenerazione dell’area dopo aver fatto prevalere le ragioni prioritarie della sicurezza.

Ma anche queste considerazioni sono figlie del nostro, magari ozioso, desiderio di trovare ragioni plausibili a tanto inefficace accanimento, al momento non di immediata evidenza.

E quindi ci limitiamo solamente a chiedere al Comitato Antenna, alle sue componenti legali e a quelle tecniche, di orientare le proprie energie avendo a cuore prima di tutto la vita delle persone, dei residenti ma non solo, e poi, in condizioni non lesive, impegnarle per la tutela di un bene pur autorevole.

Sapranno bene che, ammesso possa ritenersi praticabile la via caldeggiata del miglioramento del traliccio questo richiede un progetto, una approvazione da parte del genio civile, una gara d’appalto per l’esecuzione dei lavori, il reperimento dei fondi etc.

Il tempo richiesto per questo iter procedurale può legittimamente essere concesso solo dopo aver escluso il rischio di collasso strutturale e solo dopo aver dimostrato che l’intervento proposto garantisca efficacemente la sicurezza per i residenti e per i fruitori di quanto previsto dagli auspicabili progetti di riqualificazione.

Si è sentito teoricamente parlare di assenza di rischio, di parametri di calcolo (fattori di confidenza, classi, vita nominale) compatibili con fruizioni temporanee, per previsioni unicamente monumentali che non implicano alcun uso dell’area diverso dalla contemplazione a distanza ma si dimentica comunque che sotto l’antenna abitano persone, che fruiscono stabilmente delle loro abitazioni, e ci sono attività, non ultimo un serbatoio comunale da cui dipende l’approvvigionamento idrico urbano.

In disparte la negligente ed altrettanto trascurata tutela dei fruitori del parco (di circa 13 ha) di cui alla delibera del Consiglio Comunale nisseno di variante al P.R.G. n. 17 del 10 aprile2017.

Senza pregiudizio per le ragioni di ciascuno, chiediamo quindi che si escluda, in tempi assolutamente contenuti e al di là di ogni ragionevole dubbio, che l’antenna costituisca un pericolo per noi residenti e per tutti coloro che gravitano nell’area; e che conseguentemente si proceda senza indugio alla revoca dell’ordinanza di sgombero che incombe sulla nostra vita tenendola in ostaggio mentale prima che fisico.

O che, diversamente, si provveda in tempi certi e contenuti ad individuare la soluzione più idonea e celere per la messa in sicurezza dell’area di potenziale pericolo da crollo nella quale ricadono le nostre abitazioni, senza infingimenti tesi a procrastinare sine die una inaccettabile situazione di stallo della quale appare al momento unicamente responsabile la pubblica amministrazione nella sua interezza.

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