Il posto centrale vuoto per garantire il distanziamento sociale. Al fine di contenere la propagazione del coronavirus, le aerolinee potrebbero far salire a bordo solo il 67% dei passeggeri. Come riporta Iata, l’organizzazione internazionale delle compagnie aeree, su 122 aerolinee analizzate, sono solo quattro quelle che riuscirebbero a essere profittevoli pur volando con un sedile libero a fila. Se tale misura diventasse obbligatoria, nel 2021 volare potrebbe costare almeno il 50% in più rispetto a oggi.
Le conseguenze del lockdown – La pandemia ha paralizzato il trasporto aereo a causa della chiusura delle frontiere. Sono 4,5 milioni i voli cancellati fino al 30 giugno. Secondo un’analisi condotta da Iata, il debito globale del settore aereo potrebbe salire a 550 miliardi di dollari entro la fine del 2020. Per tornare alla normalità ci vorranno anni. L’organizzazione internazionale delle compagnie aeree ha stimato che bisognerà aspettare il 2023 prima che il traffico aereo ritorni ai livelli precedenti alla crisi.
Gli scenari per lo compagnie low cost –Eppure, sarebbero proprio le aerolinee a basso prezzo, le prime compagnie a beneficiare della ripresa dei voli. Lo rendono noto gli analisti della società di servizi finanziari e banca d’investimento svizzera Ubs. Il motivo: maggiori collegamenti regionali rispetto a quelli a lungo raggio. Intanto, Wizz Air organizza gli orari delle partenze da maggio mentre Ryanair pensa di ripartire il primo luglio con il 40% del normale operativo voli. Delta Air Lines è disposta invece a incrementare il numero degli aerei. Ma a delle condizioni: mascherine e posto della fila centrale vuoto per mantenere il distanziamento sociale.
Meno passeggeri, biglietti più cari – “È importante ricordare che la stessa Agenzia europea per la sicurezza aerea (Easa) ha consigliato il distanziamento sociale laddove è possibile ma non a bordo aereo– spiega a Tgcom24 Andrea Giuricin, docente di Economia dei trasporti all’Università` di Milano Bicocca–. Non è credibile che in Italia la compagnia aerea liberi una fila e in un altro Paese no”. Eppure, con o senza posto libero, i costi rischiano di lievitare. “Le procedure di imbarco saranno più lente, gli aerei voleranno meno, ci saranno dunque meno ricavi e i prezzi dovranno aumentare per far quadrare i conti”, aggiunge.
Come voleremo – Così, cambiano anche le regole da seguire. In aeroporto, distanza interpersonale di un metro e mezzo e mascherine da cambiare ogni quattro ore. Prima di salire a bordo viene misurata la temperatura corporea e in cabina vige l’obbligo di indossare dispositivi di protezione individuale per coprire naso e bocca. Così il costo dei viaggi si alza, il consumo precipita e la concorrenza sparisce. “In questo momento manca completamente la domanda perché non ci sono passeggeri, tutte le compagnie aeree stanno andando in una crisi di liquidità– sottolinea l’esperto – bisogna fare un intervento coordinato da parte dell’Unione Europea, concedere dunque aiuti e prestiti garantiti per cercare di mantenere in piedi il settore”.
La proposta per ridurre il caro biglietti – Secondo Giuricin è opportuno ridurre alcuni costi come quelli previsti per la tassa di volo, equivalente mediamente a sette euro a passeggero in partenza. “Il costo medio di un volo, operato da una compagnia efficiente, è intorno a 40-60 euro quindi, in alcuni casi, queste tasse possono esseri pari al 20% – spiega–. A fine febbraio, ho mandato indirettamente delle proposte al ministro dell’Economia Roberto Gualtieri. Una di queste era la riduzione della tassa volo: se ci sono dei costi aggiuntivi dovuti a sanificazione e procedure di imbarco dei clienti, devi almeno cercare di ridurre questa tassa destinata al fondo speciale”.
Il futuro di Alitalia – Intanto, Alitalia focalizza l’attenzione su voli nazionali ed europei diminuendo le rotte intercontinentali. Tra le novità della compagnia di bandiera italiana arriva anche l’ipotesi degli aerei a chiamata. “Nel 2019, Alitalia ha perso mezzo miliardo di euro, – spiega Giuricin – i voli a chiamata possono essere benissimo fatti da operatori più efficienti. Se vincesse la gara Alitalia è chiaro che dovrebbe farli non in perdita perché in quel caso utilizzerebbe i soldi del contribuente”.
La pandemia ha, se possibile, aggravato lo stato di salute della ex compagnia di bandiera e impresso una accelerazione al dossier sul tavolo del governo ormai da mesi. In piena emergenza Covid, l’esecutivo ha stanziato 3 miliardi e 350 milioni per nazionalizzare di fatto Alitalia, soldi che si aggiungono a tutti quelli che lo Stato ha già versato da quando l’ex compagnia di bandiera era stata commissariata ( 1,3 miliardi di euro).
La newco pubblica per la nuova Alitalia sarebbe dovuta partire il primo giugno ma di essa al momento non c’è traccia. Il commissario straordinario di Alitalia, Giuseppe Leogrande, in un’audizione in videoconferenza alla Commissione Trasporti della Camera aveva avvisato che quello del primo giugno per il decollo della newco era un “obiettivo molto ambizioso” perché “gli adempimenti sono tanti”. Nei piani finora resi noti la nuova compagnia dovrebbe avere due newco, dove “una prenderà in affitto il ramo CityLiner (la compagnia regionale) e una prenderà in affitto il ramo di Alitalia”, ha precisato il commissario.
La newco di Alitalia dovrebbe contare su una flotta di 92 aerei ossia 20 di lungo raggio, 60 di corto e medio raggio e 12 regionali, ha spiegato ancora Leogrande. Guardando agli effetti del coronavirus e del successivo lockdown sulla compagnia, il commissario ha parlato di un “crollo verticale” delle vendite. A marzo i ricavi sono stati di 43,95 milioni di euro contro i 186,73 milioni dello stesso mese del 2019 con una contrazione del 76,5%. Ad aprile è arrivato il peggio: le vendite sono precipitate del 97% con ricavi “neanche per 5 milioni a fronte dei 160 dell’anno precedente”. E a causa della pandemia Alitalia ha dovuto restituire oltre 70 milioni di biglietti che erano stati venduti e incassati per la mancata operatività dei voli.
In questo quadro, Leogrande ha sottolineato che è “molto difficile fare delle previsioni” e che il coronavirus avrà un impatto anche sul 2021. Per quanto riguarda il futuro dei dipendenti, il commissario ha detto che è stata chiesta la cassa integrazione per 6.607 unità in Alitalia e 221 per City Liner.
Articolo realizzato in collaborazione con il master biennale in giornalismo della IULM, contenuto a cura di Virginia Nesi.