CALTANISSETTA – “Il Comune nel processo contro gli assassini di Adnan, si costituirà parte civile. Una piazza piena che racconta il valore di Caltanissetta. Non vedo italiani, pakistani, afgani o altre nazionalità, vedo soltanto tanti … nisseni”. Deciso e determinato il sindaco di Caltanissetta, Roberto Gambino, che è intervenuto alla manifestazione organizzata dalla Casa delle Culture e del Volontariato nisseno e fortemente voluta dalle comunita’ pakistane ed afgane, con i mediatori culturali Gul Noor Senzai e Adnan Hanif, le associazioni Iside, MigrantiSolidali, ”San Filippo Apostolo” e MO.V.I. (Movimento Volontariato Italiano).
Il primo cittadino ha ribadito: ” Abbiamo chiesto tutti assieme giustizia per Adnan. Ciascuno di noi dovrà fare in modo che il sacrificio di questo giovane che ha trovato la morte nella nostra città non sia vano. Quando due comunità si incontrano e si fondono in una cosa sola vuol dire che si è raggiunto quel livello di civiltà che significa essere cittadini del mondo.
La battaglia per fare luce sulla morte di Adnan e per combattere il lavoro nero ed il caporalato adesso diventerà la nostra battaglia.
Ma prima di tutto occorre fare luce sull’organizzazione criminale che fa arrivare i ragazzi pakistani nella nostra città“.
Manifestazione composta, alla quale hanno preso parte 500 persone. Un dolore quasi tangibile che ha attraversato corso Umberto I. Il perimetro era delimitato dagli striscioni che invocavano giustizia per Adnan. I polsi di chi reggeva gli striscioni erano uniti da nastri neri in segno di lutto; enormi cuori verdi e rossi sui petti dei partecipanti. Un cuore di candeline a contornare una foto del pakistano, Adnan Siddique, assassinato da 5 connazionali per aver aiutato un amico a denunciare un caso di caporalato.
Presenti assessori, consiglieri comunali, segretari di associazioni datoriali e di volontariato, oltre a tanti giovani, adolescenti, anziani, mamme con passeggini. Manifesti, bandiere di varie nazioni, tv pakistane: un unico comune denominatore, la compostezza. Un banchetto per una raccolta fondi a favore della famiglia della vittima: un ragazzo perbene, benvoluto, onesto.
Cerimonia sobria, asciutta, sottile, sferzante. Microfono nelle mani di Filippo Maritato, presidente del Movi: “Nessuna verbosità, niente frasi altisonanti ma, soltanto la richiesta di giustizia. Le responsabilità di chi sapeva e non ha parlato, adesso è tardi. Ma dobbiamo rimediare in altra maniera”. Poi l’invito a chi volesse proferire il proprio nome e cognome, e chiedere giustizia per Adnan. Amici, incapaci di parlare, voce inghiottita da lacrime e dolore. Tanti cittadini “normali”, ordinati, ma decisi: tutti incisivi e diretti nella loro richiesta.
Infine una preghiera musulmana ed un minuto di silenzio: lacerante, assordante, immobile, come la piazza muta ed assorta.
Adnan Hanif: “Non meritava questa fine, forse la meritavano i delinquenti che lo hanno ucciso”. Parole dure, forse inaspettate. La commozione filtra sotto gli occhiali: “Era fuggito dal Pakistan per evitare di sottostare a chi sfruttava i lavoratori, qui ha trovato la stessa situazione. Ha lottato ed è stato ucciso: chiediamo giustizia”.
Sulla stessa lunghezza d’onda, Gul Noor Senzai: “Era un ragazzo d’oro, buono, generoso, amato. Devono essere puniti i suoi assassini. Grazie al sindaco, ha subito accettato la nostra manifestazione. Grazie alla questura, grazie ai nisseni. Tutte queste persone sono un segno concreto, una richiesta di giustizia”.