Rassegna stampa

Caltanissetta, in pensione il notaio Giuseppe Pilato: nei suoi atti notarili 50 anni di storia locale

CALTANISSETTA – Mezzo secolo di attività notarile è, per certi versi, mezzo secolo di storia di una città vista attraverso atti che ne hanno interessato la sfera sociale, economica, culturale. Giuseppe Pilato, presenza storica del notariato nisseno, a 75 anni è andato in pensione, chiudendo la sua carriera il 22 febbraio, dopo 51 anni di impegno considerati i 47 di esercizio della professione, i due di pratica notarile e i due di espletamento del concorso. Una vita segnata dal… repertorio, dunque, giunta ora al traguardo della pensione che lui definisce un “atterraggio morbido”, dal momento che il suo studio di viale della Regione, dove ci riceve per questa intervista, viene rilevato dal figlio Salvatore e dalla nuora Giuliana Carano, notai entrambi che esercitano rispettivamente a San Cataldo e Mazzarino, e che per il momento ne faranno la loro sede secondaria.

Pilato, nisseno doc, ha frequentato il liceo classico “Ruggero Settimo” quand’era allocato in corso Umberto, sotto i presidi Luigi Monaco e Saverio D’Angelo. Sposato con Anna Mosca, docente e nota presenza nel firmamento culturale locale, è padre di Salvatore e di Benedetto, quest’ultimo avvocato, nonché nonno di tre nipotine, Benedetta, Elena e Lavinia. Si è laureato a Palermo nel 1968 in Giurisprudenza e nel 1971 ha conseguito la prima abilitazione ad avvocato per poi superare il concorso notarile e iniziare l’attività nell’aprile 1973, a 27 anni, quand’era uno dei più giovani notai d’Italia, se non il più giovane, potendo scegliere come sede Caltanissetta grazie all’alto punteggio del concorso.

Com’è stato il primo rapporto di lavoro con questa città? «Facilitato dal fatto che vi ero nato, con conoscenze già consolidate e con un istintivo amore per il luogo dove svolgevo la mia professione. Una città che a quel tempo era attiva, prospera nelle attività imprenditoriali e artigianali, e con floride attività professionali, che aveva un “giardino” di gru segno di un’edilizia che era fonte di ricchezza, con tutto l’indotto conseguente, il tutto dopo il tramonto minerario. Anche la vita culturale era intensa, un fervore che poi si è affievolito. Ed io, da nisseno, ho sempre cercato di far coincidere i miei interessi professionali con quelli sociali e culturali della mia città».

I primi atti rogati? «Il primo davvero impegnativo è arrivato dopo appena 15 giorni dall’inizio della mia attività, con la nascita di TeleNissa, la prima tv locale via cavo. Era il 9 maggio 1973 e i soci fondatori erano Nino Italico Amico, Salvatore Dell’Utri e Agostino Falzone, tutti personaggi molto noti. Un altro atto, cui sono rimasto legato, quello della costituzione – il 12 ottobre 1981 – dell’associazione teatrale Piccolo Stabile Nisseno, e il ricordo va ai soci fondatori come Peppe Nasca, Giusi La Ferla, Giulia Iannì, Michele Abbate, Giorgio Villa, Nuccia Grosso… Era, a quel tempo, una testimonianza di forte amore per la città e sono orgoglioso di esserne stato in qualche modo compartecipe e protagonista. Altri atti da ricordare, quelli della nascita, tra il 1976 e il 1982, di imprese, enti e associazioni quali il Max Market Romano, la fabbrica Erocart, le aziende vinicole La Vite di Riesi ed Enopolio, l’Ente Fiera Centro Sicula, le associazioni Living Music e Marcel Duchamp, la Gas Spa per la distribuzione del metano, mentre nel frattempo decollava la Zona industriale con la Regione che trasferiva le aree alle aziende nissene. Per andare al recente, ho curato la fusione tra la Bbc del Nisseno e la Banca Cooperativa di Sambuca per dar vita alla Banca Sicana».

Il notaio Pilato rimarca di aver instaurato fattiva collaborazione con altre categorie professionali – ingegneri, architetti, geometri – con cui ha costituito nel 2010 la Commissione Interprofessionale, oltre che con la magistratura e l’avvocatura. Anche la Real Maestranza si è avvalsa spesso della sua consulenza. Numerose le sue partecipazioni, come relatore, a qualificati convegni a caratura nazionale su importanti tematiche di diritto ed emergenze sociali.

In ambito notarile, quali cariche ha ricoperto? E presso altri organismi? «Ho fatto parte del Comitato regionale notarile di Sicilia nel 1983, di cui sono stato vice presidente dal 2002 al 2008 e presidente dal 2008 al 2014. Ho istituito il Premio “Jacopo da Lentini” destinato a personalità distintesi nel campo della cultura e del diritto giuridico, premio che mi è stato poi assegnato nel 2016. Inoltre, sono stato delegato della Cassa Nazionale del Notariato dal 1994 al 2012. Attualmente sono vice presidente dell’Unione Giuristi Cattolici di Caltanissetta e componente del Consiglio di indirizzo della Fondazione Sicilia di Palermo. In seno al Consiglio Notarile di Caltanissetta sono stato segretario nel 1975 e presidente dal 1997 fino al 22 febbraio scorso. I miei colleghi, infatti, mi hanno voluto alla presidenza fino al momento della pensione, ed è stata una bellissima dimostrazione. Così come mi sono commosso quando, pochi giorni prima, sono giunti a Caltanissetta tutti i presidenti dei Consigli notarili di Sicilia per portarmi il loro saluto. Mi hanno regalato una grande riproduzione del primo atto in assoluto da me rogato, datato 30 aprile 1973: era la cessione di esercizio dell’armeria di corso Umberto tra Gaspare Rizzo e Giuseppe Tomaselli. Aggiungo che non avrei potuto svolgere efficacemente la presidenza del Collegio Notarile per tanti lunghi anni senza la piena, attiva e valida collaborazione di tutti i colleghi del Distretto e particolarmente dei consiglieri. Li ringrazio di cuore, così come ringrazio i fedeli ed attivi collaboratori del mio studio, senza i quali non avrei potuto conseguire i risultati raggiunti. Tra le altre cariche, la presidenza del Lions di Caltanissetta dal 1986 al 1987, quando ho curato la prima pubblicazione fotografica sulla città, e la delega di zona del Club l’anno successivo».

Nella sua lunga carriera quanti atti ha rogato? «In 47 anni di attività, e fino al 22 febbraio scorso, sono stati in tutto 103.594, dei quali 24.963 conservati a raccolta, vale a dire i più importanti, raggruppati in oltre 800 volumi».

Il rapporto con il cliente? «Il nostro compito è anche da psicologo, oltre che da giurista, e quindi a volte si deve capire quello che la parte non esprime, per timidezza o altro. Bisogna entrare in sintonia con il cliente, e il notaio è vero notaio se traduce la volontà del cliente e non la soverchia». Ma ci sarà stato qualche cliente particolare, qualche richiesta strana? «Ricordo qualche episodio, più che altro a livello di aneddoto. Una volta avvisai un cliente circa la pubblicazione di un testamento e lui mi chiese: “Ma su quale giornale l’ha pubblicato?” Così come, rimanendo in tema, mi si presentarono marito e moglie per testare entrambi. Ma mentre l’uomo procedette, la moglie si rifiutò e rivolgendosi al marito disse: “Io non faccio testamento, perché spendere questi soldi? Tanto muori prima tu”.

Un altro episodio rimanda invece al tempo degli ultimi nobili e al detto “non firmo perché nobile”. Venne in studio una nobildonna del circondario, con uno stuolo di accompagnatori, segno che era una ricca, ma anche analfabeta come si ebbe a capire. Infatti, dopo averglielo letto, al momento di firmare un atto di compravendita, cominciò a trovarsi in difficoltà, a tradire grande imbarazzo, a sudare. Ipotizzando problemi di vista, le venni incontro mettendole a disposizione i miei occhiali. Macché. A farla breve, compreso il vero impedimento, alla fine fui costretto a far firmare due testimoni, il che in un certo senso confermava il vecchio detto…».

Concludendo, quale può essere il suo testamento… professionale? «Il piacere intimo di avere svolto con impegno una professione che mi ha consentito di contribuire a risolvere problemi familiari, economici, sociali, con l’intima soddisfazione di aver dato un contributo concreto a una città che amo dalla nascita e che desidero ardentemente possa superare, con la volontà di tutti, il periodo di crisi che attualmente attraversa>>.

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