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Omelia di S.E. Mons. Mario Russotto. Dal Vangelo secondo Matteo 21,1-11. Domenica 5 Aprile

Michele Spena

Omelia di S.E. Mons. Mario Russotto. Dal Vangelo secondo Matteo 21,1-11. Domenica 5 Aprile

Mer, 01/04/2020 - 16:06

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Dal Vangelo secondo Matteo 21,1-11.

1Quando furono vicini a Gerusalemme e giunsero presso Bètfage, verso il monte degli Ulivi, Gesù mandò due discepoli,
Gesù era in viaggio verso Gerusalemme. Uscendo da Gerico aveva incontrato due ciechi che lo scongiuravano di guarirli ed egli li esaudì. Ora si ferma a Betfage, che significa “casa dei fichi”, un piccolo villaggio a est di Gerusalemme. Qui i pellegrini si purificavano per entrare degnamente nella città santa. Il monte degli Ulivi corre parallelo al lato orientale di Gerusalemme. Secondo la profezia di Zaccaria 14,4 nella zona del monte degli Ulivi ci sarebbe stata una battaglia tra il Signore e le nazioni che avrebbero attaccato Gerusalemme. Il monte si sarebbe spaccato a metà.

2dicendo loro: «Andate nel villaggio di fronte a voi e subito troverete un’asina, legata, e con essa un puledro. Slegateli e conduceteli da me.
Per Marco la cavalcatura era solo un puledro. Matteo duplica gli animali, l’asina e il suo piccolo. Si tratta forse del tentativo di riportare in modo integrale la profezia di Zaccaria 9,9, che Matteo riporterà al v. 5. Il termine polos, si riferisce anche al piccolo del cavallo, ma in questo caso va inteso come asino, la cavalcatura dei re in tempo di pace.

3E se qualcuno vi dirà qualcosa, rispondete: “Il Signore ne ha bisogno, ma li rimanderà indietro subito”».
Non si sa se queste parole indichino un accordo precedente tra i proprietari dell’asina o la capacità di Gesù di vedere le cose a distanza e prima che accadano. Anche il suo autodefinirsi Signore è ambiguo, potrebbe intendersi come maestro. Per i primi cristiani era ovviamente inteso come Gesù il Signore.

4Ora questo avvenne perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta:
Matteo ama citare le profezie come segno del loro compimento. Il profeta in questione è, come si è detto, Zaccaria (9,9). Il re di cui parlava, che entrava in atteggiamento di pace a Gerusalemme, era probabilmente il Signore stesso, nella veste di divino guerriero. Matteo omette le indicazioni giusto e vittorioso che troviamo invece in Zaccaria, per sottolineare il carattere di mitezza e di umiltà propri di Gesù.

5Dite alla figlia di Sion: Ecco, a te viene il tuo re, mite, seduto su un’asina e su un puledro, figlio di una bestia da soma.
La profezia di Zaccaria è introdotta da una frase presa da Isaia 62,11 dite alla figlia di Sion. La figlia di Sion era un quartiere di Gerusalemme, rappresenta qui la città intera, destinataria di un messaggio di salvezza, viene il suo re. In Gesù trovano compimento le profezie dell’Antico Testamento.

6I discepoli andarono e fecero quello che aveva ordinato loro Gesù: 7condussero l’asina e il puledro, misero su di essi i mantelli ed egli vi si pose a sedere.
I discepoli compiono il loro dovere. La frase per come è costruita sembra dire che Gesù sia salito sia sull’asina che sul puledro.

8La folla, numerosissima, stese i propri mantelli sulla strada, mentre altri tagliavano rami dagli alberi e li stendevano sulla strada.
Il mantello era un indumento molto importante per la persona. Indicava la sua dignità, era la coperta per la notte, veniva dato in pegno in caso di indigenza. Mettere i propri mantelli sotto i piedi dell’asina che portava Gesù era dunque un segno di sottomissione e di onore. L’uso cerimoniale dei rami di palme era più indicato per la festa delle capanne e di Hanukkah (la festa della purificazione del tempio al tempo dei Maccabei, cf. 1Mac 4,59 e 2Mac 10,7), che per la Pasqua.

9La folla che lo precedeva e quella che lo seguiva, gridava: «Osanna al figlio di Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Osanna nel più alto dei cieli!».
Osanna: la traslitterazione greca dell’ebraico Hosi’a-na, letteralmente significa: salva ti prego, ma qui serve più da saluto reverenziale. Il resto del saluto è tratto da Sal 118,26. Gesù è chiamato Figlio di Davide, uno degli appellativi del Messia, molto pericoloso da gridare a Gerusalemme, per i suoi risvolti politici.

10Mentre egli entrava in Gerusalemme, tutta la città fu presa da agitazione e diceva: «Chi è costui?».
Il verbo utilizzato per l’agitazione di Gerusalemme è esisthe, un termine forte usato per descrivere gli effetti di un terremoto. L’entrata di Gesù in città a quel modo produce un’impressione molto forte.
11E la folla rispondeva: «Questi è il profeta Gesù, da Nàzaret di Galilea».
Gesù è definito come il profeta. La gente di Gerusalemme aveva sentito parlare di lui ma non lo avevano ancora conosciuto direttamente. Infatti per la narrazione di Marco e di Matteo, Gesù entra per la prima volta in Gerusalemme. Per i lettori di Matteo il profeta poteva essere quello promesso da Mosè in Dt 18,15.18.

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