Salute

Diario del giorno ai tempi del coronavirus: scende in campo l’astio

Italo Cucci

Diario del giorno ai tempi del coronavirus: scende in campo l’astio

Mer, 01/04/2020 - 22:13

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Tempi duri per i comunicatori. Non c’e’ ora senza che qualcuno dica bugie, volgaritá o sciocchezze. Succede a ogni livello. Purtroppo anche in questo mondo nuovo che e’ Coronaword e in particolare invocando il rigore della scienza che in veritá si conferma sempre piú incerta. Propalando ogni giorno centinaia di dati numerici discutibili si cerca addirittura di mettere in dubbio l’aritmetica che ha il pregio eterno di non poter essere un’opinione, anche se la definizione appartiene a un antico uomo politico italiano. Proprio riferendomi alla politica, seguita da altri interessi di parte che riguardano l’economia o semplicemente il potere, si accetta con spirito democratico che si dica tutto e il contrario di tutto: gli italiani – vediamo – non accettano neanche i decreti, esibendo una naturale anarchia. Mi feriscono, piuttosto, alle risse cattive sul nulla, ovvero sui piaceri della vita, sugli accessori futili dell’esistenza. Sul pallone. Giocare o non giocare, concludere il campionato o dargliela su e’ il tema del giorno che si dibatte – in mancanza del bar sport – in radio, in tivú, sui giornali. A parte gli scontri dialettici furiosi fra tifoserie, ho sempre pensato che il calcio meriti confronti civili, anche calorosi, non astiosi. L’astio e’ peggio dell’odio che a volte vale una medaglia. Tanti anni fa, dovendo coniare un termine per la Juventus in sintonia con la Beneamata Inter la definii Odiamata.

L’astio, invece, e’ entrato in campo cosí come lo definiscono i dizionari, “sentimento di malanimo e di rancore”, un modo scorretto di affrontare una diatriba. Un esempio? L’altro giorno Pippo Inzaghi, parlando del suo Benevento che ha giá praticamente guadagnato la promozione in Serie A (in classifica ha 20 punti piú della seconda, il Crotone) ha detto: “Il campionato va finito per garantire la regolarita'”. Gli ha risposto Demetrio Albertini, noto moralista federale: “L’ignoranza sceglie sempre le parole sbagliate”. A questo punto “l’ignorante” ha precisato il contenuto del suo intervento:”La salute viene prima di tutto e fino a quando questo problema non sara’ risolto bisognera’ seguire tutte le indicazioni che ci verranno date. Poi sara’ bellissimo tornare alla normalita’ e credo che la cosa piu’ naturale e giusta sia quella di finire la stagione, se sara’ possibile….Se Albertini avesse letto bene non avrebbe fatto queste esternazioni senza stile e di basso livello”. Capisco l’atteggiamento ostile di un certo mondo pseudointellettuale o di chi e’ insofferente all’invasione calcistica dello spazio sociale e famigliare, ma che fra addetti ai lavori vi sia chi sogna la cancellazione di un campionato, e addirittura inveisca contro chi ne difende la regolarita’ fino in fondo, mi sembra un frutto di questa stagione del malessere. La cancellazione porterebbe frutti avvelenati per sempre. Intanto – mentre l’Uefa ha deciso che le Coppe prima o poi si finiranno – la chiedono soprattutto i club con bilancio tecnico fallimentare; poi, avete presente l’incessante richiesta di fantomatici scudetti non assegnati decine di anni fa? Li pretende chi non sa piú vincerli sul campo. E questo, se permettete, non e’ sport.