“Alla luce degli incoraggianti dati del contenimento della pandemia nel territorio regionale, visti i tassi di occupazione dei posti ospedalieri e della capacita’ ricettiva dell’intera Rete ospedaliera siciliana delle terapie intensive, alla verifica dell’adeguata capacita’ di monitoraggio, inclusa la capacita’ di effettuare test diagnostici su vasta scala per individuare e monitorare la diffusione del virus, combinata al tracciamento dei contatti e a valutazione dell’efficienza e della efficacia del sistema di monitoraggio e gestione territoriale (Usca/Mmg/Pls/118) e’ plausibile prevedere che la graduale riapertura possa ragionevolmente partire dalla data del 4 maggio con le attivita’ a piu’ basso rischio”. Lo scrive il Comitato tecnico scientifico per l’emergenza coronavirus in Sicilia nel parere che ha trasmesso al presidente della Regione, Nello Musumeci, al termine di un confronto durato oltre 48 ore. Del Comitato, coordinato da Antonio Candela, fanno parte: Luigi Aprea (igiene e sanita’ pubblica), Bruno Cacopardo (malattie infettive e tropicali), Salvatore Corrao (medicina interna), Francesco Dieli (immunologia), Agostino Massimo Geraci (medicina e chirurgia d’urgenza), Antonello Giarratano (rianimazione e terapia intensiva), Gioe’ Santi Mauro (ranimazione e terapia intensiva), Cristoforo Pomara (medicina legale), Nicola Scichilone (pneumologia), Stefania Stefani (microbiologia), Francesco Vitale (virologia) e Toti Amato, (presidente Ordine dei medici).
Il documento redatto dagli esperti siciliani e’ stato condiviso dal governatore siciliano con il presidente della Conferenza delle Regioni Stefano Bonaccini e nel corso della videoconferenza con la ‘Cabina di regia nazionale’ presieduta dal premier Giuseppe Conte, e’ stato inviato a Palazzo Chigi. I componenti del Cts della Sicilia, per potere decidere le tempistiche di riapertura delle attivita’ economiche e produttive, sono partiti dall’analisi dei criteri indicati nella Tabella di marcia comune europea verso la revoca delle misure di contenimento della Covid-19 in relazione alla risposta che il sistema regionale e’ stato capace di dare sino a ora alla diffusione dell’infezione per comprendere se ci siano presupposti scientifici per giustificare un momento di allentamento delle misure restrittive. Il primo, di carattere epidemiologico, fa riferimento alla “riduzione/stabilizzazione nel tempo del numero di nuovi positivi”, dei ricoveri in ospedale e dei pazienti in terapia intensiva. Il secondo e’ rappresentato dalla “sufficiente capacita’ dei sistemi sanitari siciliani in termini di capacita’ ricettiva e gestionale del carico di pazienti”, mentre il terzo si riferisce a “un’adeguata capacita’ di monitoraggio su vasta scala”. In merito alla fase di lockdown e alla necessita’ della ripresa produttiva anche in Sicilia, gli esperti, nello specifico, segnalano “l’opportunita’ di un rafforzamento delle misure di distanziamento sociale” e riconoscono “che non tutte le attivita’ lavorative espongono lavoratori e utenti allo stesso rischio di contagio, ma che esso dipenda dal tipo di attivita’ svolta, dal relativo ambiente di lavoro e dalla necessita’/possibilita’ di contatto con soggetti potenzialmente Covid-positivi”.
Nella relazione stilata dagli esperti emerge in modo evidente come i dispositivi di protezione individuale “diventeranno indumenti comuni nella vita di ciascuno”. Semmai cambiera’ la tipologia a seconda delle professioni e delle condotte quotidiane. Una nota della presidenza della Regione spiega: “È ovvio che l’approvvigionamento dovra’ essere costante anche per le settimane a venire, cosi’ viene incoraggiata l’azione condotta da diverse aziende siciliane impegnate in una nuova avventura produttiva”. A tal proposito il Cts scrive: “É facile comprendere che per rispondere a tale richiesta e’ necessario il consolidamento da parte di universita’ e centri di ricerca regionali, in tempi brevissimi, di un processo di certificazione dell’idoneita’ dei materiali possibilmente idonei alla creazione di mascherine da mettere a disposizione di tutte le imprese che ne facciano richiesta al fine di riconvertire i loro processi produttivi, nell’ottica di una distribuzione capillare sul territorio di tali dispositivi di prevenzione del contagio”. Il Comitato tecnico-scientifico regionale ha fatto proprie le indicazioni fornite dall’Osha e riprese dall’Aidii (Associazione italiana degli igienisti industriali) e ha cosi’ individuato “precise categorie di rischio” corrispondenti a fasce di lavoratori, valutandole in quattro livelli: basso, medio, alto e molto alto. A quest’ultima appartengono prevalentemente medici e altro personale sanitario “con un elevato potenziale per esposizione a fonti note o sospette di Covid-19 durante specifiche procedure mediche, post-mortem o di laboratorio”, a esempio chi si occupa dell’intubazione “o di procedure che possono comportare l’induzione di tosse, broncoscopie, alcune procedure ed esami odontoiatrici, raccolta di campioni invasivi su pazienti Covid-19 noti o sospetti”. Fra i lavori ad alto rischio di esposizione, oltre a medici, infermieri ed altri operatori sanitari, ci sono anche coloro che sono impiegati nelle operazioni di pulizia e sanificazione in presenza di pazienti Covid-19 noti o sospetti negli ambienti ospedalieri, ma anche operai funebri coinvolti nella preparazione dei corpi delle persone positive o sospette di Covid-19 al momento della loro morte.
Sono a rischio di esposizione media i lavoratori che possono avere un contatto frequente o stretto (cioe’ con distanza inferiore a un metro) con persone potenzialmente contagiate, ma che non sono pazienti Covid-19 noti o sospetti. I lavoratori di questa categoria possono essere soggetti a contatti frequenti con il pubblico (addetti alle consegne di beni e merci, personale addetto alla sicurezza o all’ordine pubblico, lavoratori in punti vendita al dettaglio o all’ingrosso) e con altri colleghi. Per il Cts della Sicilia “nei luoghi di lavoro in cui i lavoratori sono esposti a un rischio medio di esposizione, i datori di lavoro dovrebbero implementare dei controlli tecnici come installare barriere fisiche ‘anti-respiro’, dove possibile”. Ma anche “controlli amministrativi”: considerare “strategie per ridurre al minimo il contatto faccia a faccia” (ad esempio comunicazione telefonica, telelavoro), cosi’ come “ogni datore di lavoro dovrebbe scegliere la combinazione di Dpi che protegge i lavoratori in base al loro posto di lavoro”. I Dpi per i lavoratori della categoria a medio rischio di esposizione “variano in base alle mansioni lavorative, ai risultati della valutazione dei pericoli del datore di lavoro e ai tipi di esposizione che i lavoratori hanno sul lavoro”. Sono a basso rischio di esposizione, infine, quanti sono impiegati in lavori che non richiedono il contatto con persone sospettate o note per essere infetti da Covid-19, ne’ hanno frequenti contatti ravvicinati (distanza di almeno un metro) con il pubblico e con altri colleghi. Per questa categoria il Cts suggerisce “l’implementazione di una corretta igiene e pratiche di controllo dell’infezione tra cui un corretto lavaggio delle mani (sia da parte dei lavoratori, che degli utenti) tramite un luogo in cui lavarsi le mani (se sapone ed acqua corrente non sono prontamente disponibili, devono essere fornite soluzioni idroalcoliche, con alcol superiore del 60 per cento), incoraggiare un’adeguata etiquette respiratoria per tosse e starnuti, scoraggiare i lavoratori dall’utilizzo di postazioni e materiale di lavoro utilizzato dai colleghi. Sviluppare politiche e procedure per una pronta identificazione ed isolamento delle persone malate tramite automonitoraggio dei sintomi”. Sulla base di queste evidenze scientifiche, “il governo regionale- prosegue la nota- potra’ dunque fare leva sui punti di forza che hanno permesso di gestire la fase uno per puntare al successo della fase due”. Per gli esperti resta fondamentale, infine, “assicurare la capacita’ di effettuare test diagnostici su vasta scala per individuare e monitorare la diffusione del virus e potenziamento dell’assistenza territoriale”.