Il segretario territoriale della Cisl Fp chiede alla direzione dell’Azienda sanitaria risposte sulle misure fin qui adottate e di valutarne altre per ridurre al minimo il rischio della promiscuità assistenziale
Vogliamo essere messi al corrente delle decisioni prese dalla direzione strategica dell’ospedale Sant’Elia nell’individuazione dei percorsi Covid. Sono molte, infatti, le perplessità mostrate dal personale sanitario in tal senso”.
A prendere posizione ancora una volta, con una lettera inviata al prefetto, al direttore sanitario, al direttore generale dell’Asp e al sindaco di Caltanissetta, sono la segretaria generale Floriana Russo Introito e il segretario territoriale Gianluca Vancheri della Cisl Fp di Agrigento, Caltanissetta ed Enna.
“Apprezziamo che sia stato istituito un pre – triage Covid che sembra essere collegato bene e separato dal resto dell’ospedale. In questo stabile separato dall’ospedale – continuano Russo Introito e Vancheri – presso il reparto di malattie infettive, è stato istituito il pronto soccorso Covid e sono disponibili anche delle camere per la stessa tipologia di pazienti. In questo edificio vi è la possibilità di effettuare gli esami radiologici, è possibile effettuare i tamponi e vi sono diverse stanze a pressione negativa. Ma la nota dolente di tutta questa, certamente difficile, organizzazione è, invece, l’edificio più grande dove al quarto piano il vecchio blocco operatorio è stato trasformato in rianimazione Covid con 6 posti letto. Questa rianimazione – continuano Russo Introito e Vancheri – si trova al centro dell’edificio con grave rischio di contaminazione per tutto il polo ospedaliero, infatti per eseguire gli esami radiologici il paziente viene trasportato al piano terra con un ascensore dedicato ma vicinissimo agli ascensori riservati al personale e al trasporto di altri ammalati, tra cui quelli che devono essere operati”.
Russo Introito e Vancheri sottolinea che “dove c’è stata promiscuità assistenziale si sono registrate le impennate di contagio e purtroppo la morte di medici e infermieri” chiede, a nome del personale rappresentato di potenziare la recettività dell’edificio delle malattie infettive, prevedendo anche i posti di rianimazione, dato che nello stesso stabile “è possibile effettuare tutto il monitoraggio diagnostico comprese tac e radiografie” e che lo stesso è isolato dal monoblocco centrale. Inoltre, dice Vancheri, se si ha la “necessità di avere un numero elevato di posti letto Covid, è inutile puntare su un blocco operatorio che risulta inadeguato per il forte rischio di promiscuità. Si potrebbe pensare piuttosto – aggiungono – di utilizzare gli ospedali di periferia dell’Asp: Niscemi, Mussomeli, San Cataldo, Mazzarino e anche l’Rsa di fronte al Dubbini , poiché questi essendo stati depotenziati, presentano numerosi reparti liberi e dal momento che sono ospedali attivi non occorrerebbe un grosso investimento per trasformarli in centri Covid. Si evidenzia infine – concludono Russo Introito e Vancheri -, che i casi degli operatori sanitari risultati positivi chiariscono come gli stessi operatori non possano circolare su più unità operative”.