Con l’ultimo decreto che blocca le attività produttive non essenziali “entriamo in economia da guerra” e “perderemo 100 miliardi al mese”. A fornire i dati è il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia, a Circo Massimo su Radio Capital. “Garantiamo le filiere essenziali ma queste filiere a volte sono trasversali – spiega Boccia – per esempio abbiamo aziende del settore auto che però producono valvole per i respiratori. Ci sono poi quelle aziende che si stanno riconvertendo da altri settori per produrre mascherine e vanno salvaguardate. Con questo decreto diamo un grande atto di responsabilità. Non chiediamo flessibilità per aprire altri settori”.
“Si pone però un tema – aggiunge il Presidente di Confindustria – siamo entrati in un’economia di guerra. Il 70% del settore produttivo chiuderà. Dobbiamo garantire che i prodotti arrivino in supermercati e farmacie ma da oggi dobbiamo considerare anche come far riaprire e riassorbire i lavoratori. Se il Pil è di 1.800 miliardi all’anno vuole dire che produciamo 150 miliardi al mese, se chiudiamo il 70% delle attività vuol dire che perdiamo 100 miliardi ogni trenta giorni. L’economia non deve prevalere sulla salute ma dobbiamo evitare che tantissime aziende per crisi di liquidità non riaprano”.
“Qualsiasi azienda che arriva a fatturato zero, come immaginiamo che possa sopravvivere – si chiede Boccia – e dalla preoccupazione dobbiamo arrivare alle soluzioni. Abbiamo proposto di allargare il fondo di garanzia per dare liquidità di breve alle imprese, ne usciremo con più debito ma dovrà essere pagato a 30 anni come se fosse un debito di guerra, perché così è. Poi vedremo quanto dura. Se sono 15 giorni è un conto, se sono mesi un altro”. “I decreti anticrisi del governo, il primo di 25 miliardi, servivano a dare una mano per la cassa integrazione che ora però diventerà massiva con le aziende che chiudono – avverte Boccia – ora serviranno numeri molto più rilevanti.
L’Ue ne ha preso atto con la sospensione del patto di stabilità. Ora si deve pensare a superare la Fase 1, quella dell’emergenza sanitaria, ma dobbiamo già pensare alla Fase 2. Dobbiamo lavorare sul garantire la liquidità di breve perché ci sono costi fissi, come gli affitti, che restano anche se le aziende sono chiuse. Il secondo aspetto immediato è costruire sin da ora una grande operazione di opere pubbliche in modo che la domanda pubblica compensi il calo di domanda privata che ora è a zero. Chiudere per motivi di legge o di domanda è la stessa cosa”.