Cosa si mangia oggi?”. Domanda normale in tempi normali. Ma in tempi straordinari, in tempi di coronavirus, non è normale chiederselo, è una necessità. E lo è ancora di più allorquando la tua dispensa casalinga si va svuotando e non puoi rimpinguarla, perché non sai dove andare a fare la spesa, o per meglio dire non puoi fare la spesa. Succede nel Nisseno e precisamente a Bompensiere. Ogniqualvolta questo paese del Vallone balza agli onori della cronaca si usa definirlo “il più piccolo paese della provincia di Caltanissetta”, e oggi è ancora più piccolo. Ebbene a Bompensiere gli abitanti, all’incirca cinquecento, non possono fare la spesa per il semplice motivo che non ci sono negozi. C’è per la verità un piccolo alimentari, ma insufficiente per il fabbisogno. Non c’è una macelleria, non c’è un supermercato, non c’è un fruttivendolo. C’erano tre bar, ma ora sono chiusi.
C’è la fame e la sete, avrebbe sottolineato Antonio Albanese.In tempi normali molti degli abitanti si spostavano a Milena o a Campofranco (i paesi più vicini) per approvvigionarsi, Sette chilometri il primo e una decina il secondo le distanze che li separano da Bompensiere, e lo spostarsi serviva anche per una “botta di vita”. Fare la spesa per molti era anche motivo di evasione. Poi il lunedì c’era il mercato settimanale. Poca roba, ma essenziale (come si usa dire oggi): una bancarella di frutta e verdura, una di salumi e formaggi, un’altra di detersivi e un paio di abbigliamento (per lo più cinesi). Anche il mercato serviva a rompere la monotonia. E poi c’erano i venditori ambulanti. Alcuni ancora con le motoape, altri con piccoli furgoncini attrezzati di altoparlanti per pubblicizzare la loro mercanzia. C’erano. Tutto al passato e ora non ci sono più. Il mercato da qualche settimana ha chiuso i battenti, i venditori ambulanti dopo l’emanazione dell’ordinanza del presidente della Regione Nello Musumeci, con la quale vieta che i venditori ambulanti possano vendere in paesi dove non sono residenti, non si vedono più.
A Bompensiere non ci sono residenti che per professione fanno i venditori ambulanti. Per la verità tre o quattro ci sono, ma vendono soltanto abbigliamento e l’abbigliamento non riempie le pance. E allora la spesa come farla? Come dimostrare ad una pattuglia delle forze dell’ordine che vai in un altro paese per fare la spesa? E ci vai quando hai il mezzo per spostarsi, perché in moltissimi non hanno l’auto, o non hanno più l’età per guidare un’automobile.Una situazione paradossale. Cinquecento anime, per la gran parte molti oltre la soglia dell’età della pensione (negli ultimi anni si sono festeggiati diversi centenari) che loro malgrado sono costretti a chiedere aiuto ai figli. Ma anche questi ultimi, moltissimi dei quali residenti altrove (in diversi per motivi di lavoro abitano nel capoluogo, che è distante 40 chilometri), non li possono aiutare: gli spostamenti sono vietati, tranne per necessità. E come si fa a motivare che bisogna muoversi e per chilometri, più volte, in mezza provincia per fare la spesa?Potrebbe intervenire l’amministrazione comunale, ma anche in quel senso a Bompensiere si è precari. Da quasi due anni vi sono tre commissari, dopo lo scioglimento per presunte infiltrazioni mafiose dell’amministrazione comunale. E i commissari per motivi di sicurezza, nel più piccolo paese della provincia di Caltanissetta, sono presenti un solo giorno alla settimana. Per non mentire era la presenza che assicuravano anche in tempi normali, ma oggi gli verrebbe imposta dalla emergenza. Andare a fare la spesa a Bompensiere, quindi, è divenuto non un problema, ma il problema. Un problema di sopravvivenza. Già in tempi normali veniva sottolineato che i piccoli paesi, i cosiddetti borghi, vanno morendo, pensate in tempi di magra come questi… e che magra.