Si fanno sempre più stringenti le misure adottate dal governo italiano per fronteggiare l’emergenza dovuta al coronavirus. Con il dpcm del 22 marzo, Palazzo Chigi ha optato per la sospensione di gran parte delle attività produttive (oltre a quelle commerciali, già oggetto del decreto dell’11 marzo) e ha deciso di vietare ogni spostamento all’esterno del comune in cui ci si trova. Tradotto: dal 23 marzo e fino al 3 aprile è vietato anche far ritorno a casa propria, se questa è in un comune diverso da quello in cui si è attualmente.
Pochi giorni prima, con l’ordinanza del ministero della Salute del 20 marzo, erano entrate in vigore altre restrizioni riguardo alle attività all’aperto: fino al 25 marzo non è più consentito l’accesso ai parchi pubblici: in termini concreti, insomma, niente più jogging nelle aree verdi delle nostre città. L’attività motoria, tuttavia, resta consentita, a patto che avvenga “individualmente in prossimità della propria abitazione”.
In questo articolo cerchiamo di rispondere alle vostre domande su cosa è lecito fare in queste settimane di isolamento, partendo dalle novità delle ultime ore.
Il governo ha imposto la sospensione a “tutte le attività produttive industriali e commerciali”, a eccezione di quelle indicate nell’allegato 1 al dpcm del 22 marzo. Le attività vengono divise secondo il codice Ateco. Tra quelle che possono proseguire ci sono (elenco non esaustivo, vedere link all’allegato per la lista completa): “coltivazioni agricole e produzione di prodotti animali”, “pesca”, “industrie alimentari e delle bevande”, “fabbricazione di prodotti farmaceutici di base e di preparati farmaceutici”, “attività di raccolta, trattamento e smaltimento dei rifiuti”, “ingegneria civile”, “manutenzione e riparazione di autoveicoli”, “commercio all’ingrosso di prodotti alimentari, bevande e prodotti del tabacco”, “trasporto aereo”, “servizi postali”, “alberghi e strutture simili”, “attività degli studi di architettura e d’ingegneria”, “servizi veterinari”, “attività dei call center”, “istruzione”.
Sì, a meno che siano in grado di adottare la modalità di lavoro agile o a distanza. Lo stabilisce l’art. 1, comma 1, lettera c) del dpcm 22 marzo, dove si legge che “le attività produttive che sarebbero sospese possono comunque proseguire se organizzate in modalità a distanza o lavoro agile”.
No, il governo ha deciso di lasciare quarantotto ore di tempo per organizzare la sospensione delle attività: nel decreto c’è scritto che “le imprese le cui attività sono sospese per effetto del presente decreto completano le attività necessarie alla sospensione entro il 25 marzo 2020, compresa la spedizione della merce in giacenza”.
Le misure sono in vigore fino al 3 aprile 2020.
Sì, perché la sospensione è stata prorogata fino al 3 aprile 2020. In precedenza la data stabilita era il 25 marzo 2020.
Sì. Dal 23 marzo, e fino al 3 aprile, è vietato “a tutte le persone fisiche di trasferirsi o spostarsi, con mezzi di trasporto pubblici o privati, in un comune diverso rispetto a quello in cui attualmente si trovano” (articolo 1, comma 1, lettera b) del decreto, che recepisce in questo modo la precedente ordinanza dei ministri di Salute e Interno).
Sì, ma le ragioni per le quali si può uscire dal comune in cui ci si trova sono meno di quelle previste finora. Rimangono valide soltanto le comprovate esigenze lavorative, quelle di assoluta urgenza o per motivi di salute”.
Su questo punto il governo è chiaro: si deve fare la spesa nel posto più vicino possibile a casa o, per chi non lavora a casa, al luogo di lavoro. Per questa ragione la spesa è fatta di regola nel proprio comune. Nel caso in cui però questo non sia possibile (ad esempio perché il comune non ha punti vendita), o sia necessario acquistare con urgenza un bene non reperibile nel comune di residenza o domicilio, o se il punto vendita più vicino a casa propria si trovi effettivamente nel comune limitrofo, lo spostamento è consentito. Occorre naturalmente l’autocertificazione e rispettare rigorosamente la distanza tra le persone negli spostamenti, così come all’entrata, all’uscita e all’interno dei punti vendita.
No, non è più consentito. Nel decreto si legge che “sono soppresse” le parole ‘È consentito il rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza’ contenute all’articolo 1, comma 1, lettera a) del dpcm dell’8 marzo 2020.
Sebbene le misure siano già in vigore (sono state pubblicate in Gazzetta Ufficiale), al momento in cui scriviamo non è ancora stato reso disponibile un nuovo modulo di autodichiarazione necessario agli spostamenti: sul sito del ministero dell’Interno continua a esserci il link al vecchio documento, che pertanto rimane quello utilizzabile. Nel documento, tra le motivazioni che determinano lo spostamento, continua a esserci il “rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza”. Tuttavia, come detto, non si tratta più di una valida ragione.
Si deve evitare di uscire di casa, ma è consentito farlo in tre casi: per spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative, per situazioni di necessità o per spostamenti per motivi di salute.
Il termine ‘comprovate’ significa che si deve essere in grado di dimostrare che si sta andando (o tornando) al lavoro, anche tramite l’autocertificazione (scaricabile qua) o con ogni altro mezzo di prova, la cui non veridicità costituisce reato. In caso di controllo, si dovrà dichiarare la propria necessità lavorativa. Ricapitolando, è sempre possibile uscire per andare al lavoro, anche se è consigliato lavorare a distanza, ove possibile, o prendere ferie o congedi.
Sono quelle che riguardano “l’acquisto di beni essenziali”. Il governo, nel suo vademecum, cita esplicitamente “fare la spesa, acquistare giornali, andare in farmacia e beni necessari per la vita quotidiana”. In queste circostanze occorre comunque assicurare la distanza interpersonale di almeno un metro. Il governo ricorda come, “senza una valida ragione, è richiesto e necessario restare a casa, per il bene di tutti”.
Solo per le tre ragioni indicate in precedenza: i divieti e le raccomandazioni infatti valgono anche per gli spostamenti all’interno del proprio comune.
No, dal 21 marzo è vietato recarsi nei parchi. Lo ha stabilito l’ordinanza del ministero della Salute: è vietato “l’accesso del pubblico ai parchi, alle ville, alle aree gioco e ai giardini pubblici”, così come è proibito “svolgere attività ludica o ricreativa all’aperto”.
Non esattamente: il ministero della Salute ha specificato che “resta consentito svolgere individualmente attività motoria in prossimità della propria abitazione, purché comunque nel rispetto della distanza di almeno un metro da ogni altra persona”. Da soli, vicino a casa e senza persone nel raggio di un metro, insomma.
È possibile utilizzare la bicicletta per raggiungere la sede di lavoro, il luogo di residenza, nonché per raggiungere i negozi di prima necessità e per svolgere attività motoria, anche in questo caso “in prossimità della propria abitazione, purché comunque nel rispetto della distanza di almeno un metro da ogni altra persona”.
Probabilmente si tratta della questione più complessa da decifrare. Il governo ha rimosso la dicitura “È consentito il rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza”, motivo per cui la risposta alla domanda è no. Rimane naturalmente consentito fare rientro a casa nel caso in cui la lontananza sia dettata da motivi di lavoro, di salute o da assolute emergenze. Non è consentito far rientro a casa per scelta, insomma.
Nel caso di violazioni delle norme sugli spostamenti si rischia l’arresto fino a tre mesi o l’ammenda fino a 206 euro, ovvero le sanzioni previste dall’articolo 650 del codice penale. Attenzione, però: il ministero dell’Interno mette in guardia i trasgressori, avvertendo che “pene più severe possono essere comminate a chi adotterà comportamenti che configurino più gravi ipotesi di reato”.
Sì, salvo che sia stato concesso uno dei benefici previsti dagli articoli 163 (Sospensione condizionale della pena) e 175 (Non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale) del codice penale. In ogni caso la condanna risulterà nel casellario nei casi in cui il relativo certificato sia rilasciato su richiesta di una pubblica amministrazione.
Per uscire occorre compilare un’autodichiarazione (ecco nuovamente il link per scaricarla). Nel caso in cui non la si abbia con sé, tale certificazione potrà essere resa seduta stante sui moduli in dotazione alle forze di Polizia incaricate di effettuare i controlli.
Una falsa dichiarazione è un reato. In particolare occorre fare riferimento all’articolo 495 del codice penale, che punisce questo genere di reato con “la reclusione da uno a sei anni”.
L’invito del governo è a essere responsabili e usare buon senso. In particolare, “ai soggetti con sintomatologia da infezione respiratoria e febbre (maggiore di 37,5° C) è fortemente raccomandato di rimanere presso il proprio domicilio e limitare al massimo i contatti sociali”. Chi ha qualche linea di febbre, inoltre, è invitato a contattare il proprio medico curante, naturalmente via telefono.
No, chi è in quarantena e chi è risultato positivo al virus non può uscire da casa per nessun motivo. Nel modulo di autocertificazione è obbligatorio dichiarare di “non essere sottoposto alla misura della quarantena e di non essere risultato positivo al virus COVID-19”.
A scanso di equivoci, è opportuno specificare che il termine ‘quarantena’ indica la misura sanitaria imposta a soggetti risultati positivi o ai quali è stato ordinato di rispettare un periodo durante il quale non uscire di casa per nessun motivo. Quella che stanno vivendo tutti i cittadini che si trovano in Italia (caratterizzata dalle misure di contenimento del contagio che consentono di uscire per andare al lavoro, per situazioni di necessità o per spostamenti dovuti a motivi di salute) tecnicamente non si chiama quarantena: per evitare confusione sarebbe bene parlare di misure di isolamento o di distanziamento sociale.
I transfrontalieri potranno entrare e uscire dai territori interessati per raggiungere il posto di lavoro e tornare a casa.
No, gli spostamenti al di fuori dei comuni in cui ci si trova sono consentiti solo per comprovate esigenze lavorative, per assoluta urgenza e per motivi di salute. Il rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza non costituisce più valida ragione.
No. Il governo ha assicurato che “si potrà sempre uscire per acquistare generi alimentari e non c’è alcuna necessità di accaparrarseli ora perché saranno sempre disponibili”.
Sì, ma solo per acquistare prodotti rientranti nelle categorie espressamente previste dal dpcm 11 marzo 2020, la cui lista è disponibile negli Allegati 1 e 2 che si trovano a questo link.
Sì, il governo ha stabilito che i centri commerciali restino aperti. Tuttavia alcune Regioni stanno agendo per conto proprio, imponendo orari diversi, così come alcune singole catene hanno optato per cambiare gli orari di apertura. Al momento risulta che Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Sicilia, Campania e Calabria abbiano deciso di chiudere i supermercati la domenica, e il Lazio adottando invece gli orari 8:30-19 nei giorni feriali e 8:30-15:00 la domenica.
La lista è piuttosto lunga: rimane consentito, tra le tante casistiche contenute nell’Allegato 1 al decreto, il commercio al dettaglio in esercizi non specializzati di computer, attrezzature per le telecomunicazioni ed elettrodomestici. Inoltre via libera al commercio di ferramenta e vernici, articoli igienico-sanitari, materiali ortopedici, articoli di profumeria e saponi e detersivi. Rimangono aperte anche le edicole e gli ottici. Funzionamento regolare anche per lavanderie, tintorie e servizi di pompe funebri.
Naturalmente no: le farmacie, così come le parafarmacie, sono aperte.
Anche i tabaccai sono aperti come di consueto.
Fino al 3 aprile 2020.
No. I bar, così come pub, ristoranti, gelaterie, pasticcerie e tutte le altre attività dei servizi di ristorazione, sono chiusi. Rimangono aperte le mense e i “servizi di catering continuativo su base contrattuale”. Per capirsi, i servizi di ristorazione che riforniscono ad esempio le industrie.
Sì: il governo ha deciso che restano aperti gli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande delle aree di servizio e rifornimento carburante situati lungo la rete autostradale. L’ordinanza del 20 marzo prevede tuttavia che questi esercizi “possono vendere solo prodotti da asporto da consumarsi al di fuori dei locali”. Tra le altre novità c’è “la chiusura degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande, posti all’interno delle stazioni ferroviarie e lacustri” e quelle di rifornimento carburante non su rete autostradale, cioè lungo le normali strade italiane. Restano aperti gli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande negli ospedali e negli aeroporti, “con obbligo di assicurare in ogni caso il rispetto della distanza interpersonale di almeno un metro”.
No. Parrucchieri, barbieri ed estetisti rimangono chiusi.
No, banche e assicurazioni sono aperte.
Sì, gli spostamenti per raggiungere i figli minorenni presso l’altro genitore o comunque presso l’affidatario, oppure per condurli presso di sé, sono consentiti, in ogni caso secondo le modalità previste dal giudice con i provvedimenti di separazione o divorzio.
Sì, seguendo le normali regole già in vigore in ogni Comune. Le attività di raccolta, gestione e smaltimento dei rifiuti proseguono normalmente.
Sì, per le loro esigenze fisiologiche, ma senza assembramenti e mantenendo la distanza di almeno un metro da altre persone. Via libera anche nel caso in cui occorra recarsi dal veterinario.
No, è vietato. Non si tratta di uno spostamento necessario e per questo motivo non rientra tra quelli ammessi.
Sì, è consentito. Occorre però prestare attenzione a non rappresentare un pericolo per gli anziani, la fascia maggiormente vulnerabile al virus.
Fino al 3 aprile sono sospese su tutto il territorio nazionale tutte le cerimonie civili e religiose, compresi i funerali. Pertanto è sospesa anche la celebrazione della messa e degli altri riti religiosi, come la preghiera del venerdì mattina per la religione islamica.
Sono consentiti l’apertura e l’accesso ai luoghi di culto, purché si evitino assembramenti e si assicuri la distanza tra i frequentatori non inferiore a un metro.
No, le attività ricreative dedicate alle persone anziane autosufficienti sono sospese.
Sono proibite le riunioni condominiali che si svolgano in presenza dei condomini. Sono consentite nel caso in cui avvengano con modalità a distanza, fatto salvo il rispetto della normativa in materia di convocazioni e delibere.
Il governo ricorda che sull’intero territorio nazionale gli spostamenti per motivi di turismo sono assolutamente da evitare. Alberghi, bed and breakfast, agriturismi, case vacanze e affittacamere possono quindi proseguire regolarmente la propria attività. Di fatto significa che è possibile soggiornarvi soltanto per spostamenti dovuti a comprovate esigenze lavorative, per assoluta urgenza e per motivi di salute.
Le strutture alberghiere sono autorizzate a erogare servizi di somministrazione e bar soltanto alle persone che vi siano alloggiate.
Non compete alla struttura turistico ricettiva la verifica della sussistenza dei presupposti che consentono lo spostamento delle persone fisiche.
No, non sono previste limitazioni al transito e all’attività di carico e scarico delle merci.
Sì.
Sì. Fino al 25 marzo 2020 sono previste modalità semplificate e temporanee di accesso al lavoro agile e non ci sono limiti.
Sì, le attività edili e artigianali non sono fra quelle sospese dal dpcm dell’11 marzo 2020. Tali prestazioni lavorative possono essere svolte, a patto che siano indispensabili e non prorogabili.
Per approfondire:
Sul sito del governo è disponibile un vademecum con il quale, nei giorni scorsi, Palazzo Chigi ha cercato di fare ulteriore chiarezza su cosa è consentito fare e che cosa no.
Per ricostruire gli step che hanno portato alle misure attuali è possibile invece consultare il dpcm dell’8 marzo 2020, con il quale venivano introdotte misure per tutta la Lombardia e altre 14 province; il dpcm del 9 marzo 2020, con il quale tali misure venivano estese all’intero territorio nazionale; il dpcm dell’11 marzo 2020, con il quale è stato imposto il ‘lockdown’, cioè la sospensione fino al 25 marzo di gran parte delle attività sul suolo nazionale (scadenza successivamente prorogata al 3 aprile); l’ordinanza del 20 marzo 2020 del ministro della Salute che vieta, tra le altre cose, l’accesso del pubblico ai parchi, alle ville, alle aree gioco e ai giardini pubblici e regola l’attività motoria in prossimità della propria abitazione; l’ordinanza del 22 marzo 2020 dei ministri di Salute e Interno, con cui è fatto divieto a tutte le persone fisiche di trasferirsi o spostarsi con mezzi di trasporto pubblici o privati in comune diverso da quello in cui si trovano, salvo che per comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza ovvero per motivi di salute; il dpcm del 22 marzo 2020, cioè il decreto che impone la stretta sulle attività produttive e recepisce l’ordinanza del 22 marzo 2020 dei ministri di Salute e Interno.
Tutti questi documenti sono stati raccolti nella pagina web “Coronavirus, le misure adottate dal Governo” disponibile sul sito dell’esecutivo.