“Io Rosaria Costa, vedova dell’agente Vito Schifani, a nome di tutti coloro che hanno dato la vita per lo Stato… lo Stato… chiedo innanzitutto che venga fatta giustizia. Adesso, rivolgendomi agli uomini della mafia… perche’ ci sono qua dentro… e non, ma certamente non cristiani, sappiate che anche per voi c’e’ possibilita’ di perdono. Io vi perdono, pero’ vi dovete mettere in ginocchio, se avete il coraggio di cambiare… ma loro non cambiano”. La preghiera disperata di Rosaria Costa si fece spazio tra le bare con dentro i corpi dilaniati dal tritolo, le istituzioni impietrite e la rabbia e le lacrime che avevano saturato l’aria nella basilica di San Domenico, a Palermo, durante del marito Vito Schifani, agente di scorta ucciso nell’agguato mafioso di Capaci del 23 maggio 1992, insieme ai colleghi Rocco Dicillo e Antonio Montinaro, il giudice Giovanni Falcone e la moglie Francesca Morvillo.
Allora Rosaria aveva 22 anni e un bimbo di appena 4 mesi. Il suo Vito soli 27 anni. Il fratello di Rosaria Costa, Giuseppe, 48 anni, e’ tra le persone arrestate oggi dalla Dia di Palermo nell’ambito dell’operazione antimafia “White Shark”, “per avere fatto parte – scrive il gip – della famiglia mafiosa di Vergine Maria, mantenendo rapporti con esponenti mafiosi di altre famiglie, nell’interesse primario dell’organizzazione mafiosa; per avere organizzato e coordinato attivita’ estorsive, nonche’ atti estorsivi nei confronti di imprenditori commercianti della zona”. “Vi chiediamo per la citta’ di Palermo – era stato l’urlo di Rosaria 28 anni fa – che avete reso citta’ di sangue, troppo sangue, di operare anche voi per la pace, la giustizia, la speranza e l’amore per tutti. … Non c’e’ amore qui, non ce n’e’ amore… per niente…”.