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Manfredi III Chiaramonte oppure Giovanni P.Castellar (di Fra Luigi Sapia)

Carmelo Barba

Manfredi III Chiaramonte oppure Giovanni P.Castellar (di Fra Luigi Sapia)

Gio, 02/01/2020 - 09:12

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Il 2019 è stato per Mussomeli un anno ricco di eventi culturali. Tra i tanti desidero fermarmi su uno in particolare: l’edizione del libro “LA CHIESA MADRE DI MUSSOMELI E IL SUO TERRITORIO” di Giuseppe Canalella.

L’arciprete Gaetano Amico, gli storici Giuseppe Sorge, Angelo Barba e poi tanti altri abbiamo ritenuto che il culto di venerazione per San Ludovico d’Angiò sia stato introdotto nella “Terra di Mussomeli” da qualcuno dei feudatari del periodo 1407-1451: Giovanni Castellar o il nipote Giovanni Perapertusa-Castellar. Poiché questo Casato proveniva dalla città spagnola di Valencia, dove il re Alfonso V il Magnanimo aveva fatto trasportare la reliquia del suo corpo.

L’ingegnere G. Canalella invece, in questo suo recente libro, ipotizza che il culto di San Ludovico sia stato introdotto dallo stesso Manfredi III, orientativamente nell’anno 1380. Per la ovvia ragione che questi era grande amico degli Angioini di Napoli (: aveva addirittura dato in sposa una sua figlia al re di Napoli Ladislao).

Lo stesso Manfredi III avrebbe fatto “coabitare i due culti di San Giorgio e di San Ludovico nella Chiesa Madre”; il culto del primo poi venne a cessare con la morte del Chiaramonte (pag. 46).

Come “l’ipotesi dell’origine greca dell’antico abitato di Mussomeli”, anche questa ipotesi sul culto di San Ludovico è “interessante e suggestiva” …  Tuttavia mentre l’ipotesi dell’origine greca è supportata dalle “evidenze architettoniche” fotografate dall’alto, ecc.; l’altra invece non è sostenuta da alcun documento: quelli infatti da lui rinvenuti nell’Archivio Storico Diocesano d’Agrigento risalgono al 1540.

Cosicché il documento più antico (finora trovato) sul suo culto a Mussomeli è il contratto del pittore Riccardo Quartararo, stipulato con due procuratori della nostra Chiesa Madre il 17 gennaio 1500, scoperto dallo storico d’arte Filippo Meli e pubblicato nella rivista “Arte antica e moderna” nel 1965.

L’ipotesi di G. Canalella inoltre presta il fianco a qualche obiezione: Quale interesse potevano avere i baroni successori: Moncada, Prades (nominati dai re Aragonesi) a patrocinare la nomina di un Santo, appartenente al Casato nemico angioino, quale Patrono della “Terra” e Titolare della Chiesa Madre?  I Castellar invece avevano la valida ragione della devozione, che nella prima metà del Quattrocento s’era instaurata a Valencia, dopo il predetto trasporto per opera di Alfonso V.

Il periodo quindi (e ancor di più l’anno) della nomina di San Ludovico a Patrono resta aperto alla ricerca. Come d’altronde, nella conclusione, augura lo stesso autore del libro.

Esprimiamo infine le nostre più vive congratulazioni all’amico G. Canalella per le sopradette affascinanti ipotesi; per le notevoli nuove acquisizioni e informazioni; specialmente per la ricerca e il ritrovamento di tanti documenti nel (prima inesplorato) Archivio Storico Diocesano d’Agrigento. Che hanno fatto chiarezza sul percorso storico sia cultuale, che architettonico della Chiesa Madre e del suo territorio.  Per tutte queste motivazioni ho inserito il titolo del suo libro nella Bibliografia della voce “mussomeli” dell’enciclopedia online Wikipedia.

D’ora in avanti chiunque si occuperà della storia di Mussomeli non potrà fare a meno dei risultati delle sue fruttuose ricerche e dei suoi mirati approfondimenti. (Fra Luigi Sapia)