Caltanissetta, depistaggio Borsellino: Petralia, “No scandalo dare numero di telefono a pentito”

CALTANISSETTA –  “A volte e’ necessario fornire la propria utenza privata a un collaboratore di giustizia. Lo hanno fatto anche altri magistrati quando si trovano a gestire un collaboratore”. Lo ha affermato Carmelo Petralia, attuale procuratore aggiunto a Catania, durante la sua deposizione al processo sul depistaggio delle indagini successive alla strage di via D’Amelio, in corso a Caltanissetta e che vede imputati tre poliziotti, Mario Bo, Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo, accusati di calunnia aggravata e appartenenti alla squadra Falcone-Borsellino guidata da Arnaldo La Barbera. Petralia fu applicato alla procura di Caltanissetta dai primi di giugno 1992 fino ai primi mesi del 1996 ed e’ attualmente indagato dalla procura di Messina insieme alla collega Annamaria Palma.

Petralia, rispondendo alle domande di Giuseppe Dacqui’, difensore di Natale Gambino, costituitosi parte civile ha detto, che “il rapporto che si instaura tra il collaboratore e i magistrati che lo interrogano e’ un rapporto fiduciario. Non un rapporto di familiarita’ o di amicizia, ma un rapporto in cui bisogna capire chi e’ il collaboratore. Se il collaboratore trova nel magistrato un punto di riferimento per alcune tematiche che riguardano per esempio la detenzione o i problemi familiari, in questo caso senza nessuno scandalo e’ possibile che ci siano queste interlocuzioni”. Poi l’avvocato Dacqui’ ha chiesto a Petralia se ha mai dato disposizioni di interrompere le intercettazioni di Vincenzo Scarantino, quando il falso collaboratore era a San Bartolomeo al Mare o se questa disposizione fosse stata data da qualcuno della procura quando doveva interloquire con Scarantino: “Assolutamente no – e mi dispiace che lei abbia fatto questa domanda. Avrei commesso un reato”.

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