Costituiti anche Ministero dell’Ambiente, Presidenza del Consiglio dei Ministri e Associazione “No Serradifalko”; assenti i Comuni di San Cataldo, Serradifalco e Mussomeli che confinano con la miniera di sali potassici (kainite). Avv. Salvatore Patrì, legale dell’Associazione ambientalista: “Con la costituzione di parte civile il WWF garantirà la propria collaborazione con la Giustizia per l’accertamento della verità”
Ieri presso il Tribunale di Caltanissetta si è svolta la prima udienza del processo relativo all’illecito smaltimento di ingenti quantità di rifiuti pericolosi e nocivi ed alla loro mancata bonifica ambientale presso il sito minerario dismesso “Bosco Palo” di San Cataldo (CL). Davanti al GIP dott. Gigi Omar Modica, sono comparsi i tre imputati Felice Crosta, Dario Ticali e Marco Lupo (dirigenti della Regione Siciliana che negli anni hanno avuto l’incarico di Commissario all’emergenza bonifica e di soggetti attuatori delegati) sui quali pende l’accusa di essere responsabili dei reati di “gestione di rifiuti non autorizzata” e “disastro colposo con pericolo per la pubblica incolumità”.
Secondo le indagini – iniziate nel 2014 – della Procura di Caltanissetta, infatti, i tre dirigenti regionali “omettevano di adottare le necessarie misure di controllo, gestione, messa in sicurezza e bonifica della discarica di rifiuti realizzata presso il sito minerario dismesso, in tal modo cagionando, per colpa, un disastro ambientale causato dal mantenimento in sito di un quantitativo di migliaia di tonnellate di rifiuti pericolosi contaminati da amianto, con conseguente rischio per la incolumità pubblica correlato alla dispersione nell’ambiente delle fibre di amianto”.
Il WWF Sicilia Centrale era presente con il responsabile dell’ufficio legale, avv. Salvatore Patrì, che ha depositato l’atto di costituzione di parte civile in quanto “i fatti contestati rappresentano una forma particolarmente grave di alterazione e inquinamento ambientale, compromissione degli ecosistemi naturali, contaminazione di siti destinati ad insediamenti abitativi o agricoli e salubrità del territorio, con pericoli per la salute umana e conseguente lesione dei diritti della sicurezza, della tutela della salute, della persona e della collettività, alla cui tutela l’Associazione si dedica per statuto, essendo portatrice dei relativi interessi collettivi differenziati e territorialmente determinati, concretamente lesi dalle fattispecie di reato”. Il GIP Modica ha condiviso la tesi dell’avv. Patrì ed ha accolto la costituzione del WWF; il giudice ha anche accolto le costituzioni di parte civile dell’Associazione “No Serradifalko” (avv. Salvatore Sollami) e dell’Avvocatura dello Stato (avv. Giuseppe Laspina), per conto del Ministero dell’Ambiente e della Presidenza del Consiglio; non hanno presentato alcuna istanza, invece, il Comune di San Cataldo (ove ricade la miniera di sali potassici) ed i confinanti Serradifalco e Mussomeli.
Il processo appena iniziato dovrà fare luce sulle responsabilità di chi ha omesso la bonifica del sito, in quanto le indagini avrebbero accertato che le autorità regionali si erano limitate nel tempo a conferire reiterati e ridondanti incarichi solo per svolgere indagini preliminari, propedeutiche a effettuare interventi mai concretamente realizzati. Negli anni scorsi la Magistratura nissena fece eseguire degli accertamenti tecnico-scientifici sulla presunta presenza di rifiuti radioattivi, spesso evocati con fumosi sospetti. Tuttavia i risultati hanno escluso la presenza di livelli di radioattività anomala e hanno stabilito che l’elaborato del dottor Rosario Tumino del Registro Tumori di Ragusa e Caltanissetta – che ipotizzava un aumento di incidenza dei casi di tumore (in particolare al polmone) nella zona del Vallone – era “privo di qualsiasi evidenza scientifica” utile a chiarire se tale incidenza “potesse essere messa in relazione causale con i fenomeni di contaminazione ambientale dovuto all’attività estrattiva, allo smaltimento illecito dell’amianto e via discorrendo”.
Sulla miniera l’indagine della Magistratura nissena ha accertato, invece, come l’elemento certo di devastante inquinamento sia rappresentato dagli 8mila metri quadrati di Eternit abbandonati ed esposti alle intemperie. Si tratta di manufatti in cemento/amianto che ricoprivano le strutture minerari e che – a causa dei crolli delle stesse e del degrado generalizzato – hanno determinato la creazione di un’enorme discarica abusiva a cielo aperto, tale da rappresentare anche giuridicamente un caso di “disastro ambientale”. Per questo nel 2016 la Procura nissena aveva sequestrato l’area e il Tribunale di Caltanissetta aveva ordinato alla Regione la messa in sicurezza e la bonifica del sito.
La prossima udienza avanti al GUP si terrà il 28 novembre, ove si procederà anche all’esame degli imputati.