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I Fatti del Grillo Parlante: “I nonni, sono i nonni e basta”

Alfonso Grillo

I Fatti del Grillo Parlante: “I nonni, sono i nonni e basta”

Mar, 15/10/2019 - 16:32

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“I MIEI RACCONTI BREVI”

“Cci l’ha ‘a zita?”.
“Cummogliati ca fa friddu“.
“Vini ccà mascaratu, dammi na vasata”. “Ma quannu ti mariti? Prima ca muru però, ca ti fazzu na bella bollivata”.
Quante volte i vostri vetusti nonni vi hanno reiterato espressioni di tale stampo? I miei sempre, ed ogni volta mi infastidivo oltremodo. Ma adesso, che aleggiano beati nel regno dei cieli, vorrei poterle udire ancora mille volte.
I nonni, ma cosa dire dei nonni? Qualsiasi pensiero potrebbe sembrare un’ ostentata adesione ai più banali luoghi comuni.
I nonni sono i nonni e basta.
I primi anni della mia fanciullezza li ho trascorsi tra casa dei nonni e le loro “putie”. Ed era, ogni giorno, un continuo accrescimento. Molte sfaccettature del mio carattere sono riconducibili ai miei stimati avi.


‘U nonno Agostino, capostipite dei Bivona, gran commerciante e gran galantuomo, sempre ordinato ed elegante (proprio di quest’ultima caratteristica “nun ci pigliavu“). Aprì il primo negozio agli inizi degli anni ‘50. L’ultima attività l’ebbe “‘a batì”, all’imbocco della via Re d’Italia. Ricordo, che il giovedì santo, in attesa del passaggio delle “Vare”, stavamo lì seduti sul muretto a mangiare uova, patate e “frosce” (le frittate, nulla a che fare con il gay pride). Scherzando mi diceva: “vieni, la vuoi regalata ‘na forma ‘nguanta?”


‘U nonno Fofò, faceva il barbiere negli anni ‘40, quando io ero “muccarusu” lui era già in pensione. Quando cominciavo a diventare “camurrusu”, la Cetty mi diceva: “vai da nonno Fofò e ti fai dare tanticchia d’addimuru”, lui rideva e mi faceva mettere a cavallo della sua gamba e giocavo al cavalluccio. Mi dava sempre le caramelle di nascosto della nonna Ciccina (“vini cca, vini cca” mi diceva, me li dava in una mano e mi chiudeva il pugno “sarbatilli, poi ti mangi”).
‘A nonna Ciccina (‘a Sillitti), era un capolavoro, era a conoscenza delle più (o meno) raffinate tecniche di vendita, che applicava nel suo negozio di calzature in via Palermo (sarebbe stata capace di vendere scarpe ai Carmelitani scalzi). Esercizio commerciale tutt’ora attivo e gestito dalla zia Ina Grillo, vedova Formica (vedi tu che bizzarria). Credo, ad onor del vero, trattasi della “putia” più antica in città, poiché fu aperta dal mio bisnonno Antonio Sillitti, intorno al 1910.
“Signù cumu ci stannu i scarpi?” “Perfette”
“I grana!”
Qualora le scarpe fossero state piccole:“si lassassi misi, timpu ca arriva a chiazza s’allarganu”.
Viceversa se le calzature risultavano di taglia abbondante: “ci mittissi na soletta”.
Ricoverata in ospedale, un giorno i dottori dissero di portarla a casa perche sarebbe deceduta da un momento all’altro, in modo da ricevere l’estrema unzione tra le mura domestiche. Già i primi messaggi di cordoglio cominciavano ad arrivare. Nel momento in cui la barella varcò l’uscio di casa avvenne il miracolo della resurrezione, esclamó: “a casa sugnu?” si alzò e visse per un altro anno.
‘A nonna Michelina, gradualmente cominciò a perdere la vista e, negli ultimissimi anni, anche “u sinziu”. Spesso non riconosceva nessuno tranne mio cugino Walter e me (diceva: “me niputi Alfó, l’attore”). Per pochi giorni fu “gradita” ospite di una casa di riposo, finché non telefonarono ai figli: “vinitivilla a pigliari”. La sua compagna di stanza la sbeffeggiava approfittando della sua cecità, finché una sera, appena l’ebbe a tiro, si tolse una scarpa e gliela tiró “a sturnu”, procurandole una ferita lacero contusa al capo.
Lei citava spesso proverbi e detti siciliani, quando voleva darsi un tono tentava un italiano da favola: “Fai quando fai che un giorno viderai” “nonna ma cchi vó dì?” “Eh, viderai…viderai”. Lei aveva un modo bizzarro di comunicare: “nonna vuoi la pera o la mela?” “No nni voglio pera” per dire che voleva la mela. Oppure “nonna la vuoi una mela?” “Se c’è”.
I nonni, a dir poco, maestri di vita.
GRAZIE CARI NONNI…SOPRATTUTTO PER LE EMOZIONI CHE TUTT’OGGI PROVO NEL RICORDARVI.
P.S.: “Lassalu stari ‘u carusu, iddu nun ci curpa”. Quante “gargiate” mi sono risparmiato grazie ai nonni…sarebbero state tutte meritate, ci mancherebbe.