La deposizione di Giuseppe Di Gangi, botta e risposta con il pm Luciani Caltanissetta.
CALTANISSETTA – Tanti, troppi i ‘non ricordo’ del poliziotto sulla gestione dell’ex pentito Vincenzo Scarantino, che oggi viene sentito come teste al processo sul depistaggio sulla strage di via D’Amelio e alla fine il pm Stefani Luciani sbotta: “Ma non ricorda proprio niente, sovrintendente!”. E il poliziotto, Giuseppe Di Gangi, replica a sorpresa: “Io sono devastato da questa situazione, pubblico ministero. Sto molto male, soffro di depressione per questa vicenda. La prego di non fare facile ironia sulla mia situazione di salute. Sono qui per rispetto al Tribunale”. Inizia con un botta e risposta tra accusa e teste il processo che vede alla sbarra tre poliziotti, accusati di calunnia in concorso, Mario Bo, Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo, tutti presenti in aula a Caltanissetta. A sedere sul banco dei testimoni è il sovrintendente Di Gangi che presentava servizio presso il gruppo investigativo ‘Falcone e Borsellino dopo le stragi mafiose del 1992. In passato era stato indagato sempre a Caltanissetta ma la sua posizione era stata archiviata. Di Gangi, oggi testimone, spesso risponde al pm Stefano Luciani con un laconico ‘Non ricordo’ sulla gestione dell’ex pentito Scarantino, sia a Palermo che a San Bartolomeo a mare, in Liguria, nel 1994. “Sulla strage di via d’Amelio ho fatto solo qualche accertamento, mi sono occupato delle intercettazioni per la cattura e qualche accertamento. Per esempio mi sono recato a Bologna per vedere se Gaetano Scotto era in quella città durante il periodo della strage – inizia la sua testimonianza Di Gangi – Ma non ricordo sopralluoghi con Scarantino, non penso. Io mi sono occupato della strage di Capaci”. A giugno ’94 Scarantino viene affidato al gruppo Falcone e Borsellino per effettuare questo tipo di attività.