La sesta sezione della Cassazione ha depositato le motivazioni della sentenza con cui, il 2 aprile scorso, aveva annullato sia l’ordine di sospensione per un anno da funzioni e stipendio sia l’ordinanza del tribunale del riesame di Caltanissetta, che, pur dimezzando l’interdizione del giudice di Palermo, Giuseppe Sidoti, aveva comunque ritenuto sussistente il quadro indiziario della corruzione contestata al magistrato. Il collegio presieduto da Anna Petruzzellis, relatore Giuseppe Tronci, parla di “forzatura interpretativa”, considerata “di una evidenza assoluta” e che “anche sul piano logico appare tutt’altro che stringente”. Il magistrato e’ indirettamente coinvolto nella vicenda Palermo calcio, di cui si era occupato come giudice delegato della procedura prefallimentare. L’accusa sosteneva che il rigetto dell’istanza presentata dalla Procura di Palermo sarebbe stato pilotato dall’ex presidente del club, Giovanni Giammarva. Ma la Suprema Corte esclude che le cose stiano cosi’: “In nessun modo e’ possibile far discendere l’esistenza di un patto corruttivo”. Tutt’al piu’ un abuso d’ufficio. Reato pero’ per il quale non e’ possibile eseguire intercettazioni, tutte adesso nulle. Sidoti rimane comunque sospeso in via cautelare e disciplinare dal Csm.
Durante la fase istruttoria, a dicembre 2017, era stata captata una telefonata tra uno degli avvocati del Palermo, Francesco Paolo Di Trapani, e l’allora patron, Maurizio Zamparini, indagato e intercettato. Di Trapani parlava di un colloquio con Sidoti e delle sue presunte rassicurazioni sul buon esito del procedimento e gli atti furono trasmessi a Caltanissetta, dove i pm e la Guardia di finanza ipotizzarono un patto corruttivo ex post tra Giammarva e Sidoti, piccole utilita’ in serie come una sorta di ricompensa per non aver fatto fallire la societa’ rosa. Del calibro di un incarico da mille euro mensili, al Palermo, per una sua cara amica; di una promessa di lavoro per il fratello di lei; e addirittura dell’ingresso all’aula bunker per una classe di ragazzini, in occasione della celebrazione del 23 maggio 2018, oltre a vari biglietti per lo stadio. La sesta sezione della Cassazione, a cui avevano fatto ricorso i difensori di Sidoti, gli avvocati Monica Genovese e Matias Manco, ritiene pero’ che l’assai presunto impegno del giudice in favore del club rosanero “rivesta valenza all’evidenza neutra2, dato che si tratta di “normali adempimenti” in ambito fallimentare “e di altrettanto ordinarie vicissitudini procedimentali”. “Il preteso atteggiamento favorevole del magistrato – insiste la Suprema Corte – poggia su una mera percezione del difensore”. E poi in ogni caso Sidoti era uno e la decisione di non far fallire il Palermo fu del collegio di cui faceva parte, oltre che supportata da una perizia collegiale. Quanto alla corruzione a cose fatte e alle “utilita’ a beneficio del Sidoti”, vengono del tutto svalutati i dati relativi ai biglietti per lo stadio e all’ingresso alle celebrazioni per il ricordo di Giovanni Falcone. Perche’ “il tribunale, con ragionamento nient’affatto lineare, le ritiene ‘regalie’ dettate da ‘ragioni di cortesia'” e poi le trasforma in una “palese e non superabile lacuna del ragionamento”; sempre il Riesame infatti aveva ritenuto il no all’istanza di fallimento corretto e “non contrario ai doveri d’ufficio” e poi lo ritiene l’oggetto del presunto scambio. Ma “la circostanza che il Giammarva abbia potuto o voluto compiacere il Sidoti non postula affatto, allo stato, il patto illecito”.